
A causa delle liti in maggioranza, la legge è in grave ritardo e non potrà essere discussa alla Camera. L'anno scorso era colpa dell'Ue e il Pd fece il diavolo a quattro, oggi tutto tace. Riecco pure le clausole di salvaguardia, il conto 2021 sale già a 30 miliardi.Non ci fossero di mezzo i nostri soldi, ci sarebbe da ridere. Purtroppo, siccome la manovra riguarda i quattrini degli italiani, c'è da piangere. La farsa a cui da giorni assistiamo ha infatti aspetti grotteschi. Vi sareste mai immaginati che un governo varasse una finanziaria «salvo intese», cioè un documento economico che è sì il bilancio preventivo dello Stato, tuttavia è pure un bilancio creativo, in cui le voci di entrata e uscita appaiono, ma se serve a evitare una crisi possono anche scomparire, magari per riaffiorare qualche mese dopo, quando le elezioni in Emilia Romagna o in Toscana sono ormai alle spalle e non si rischia più nulla? Sì, quello andato in scena a Palazzo Chigi, più che un Consiglio dei ministri sembra il Bagaglino, cioè una parodia di governo, dove si dice tutto, ma anche il suo contrario, dove si promettono tagli di tasse, ma anche nuove tasse, ovviamente per poi annullare ogni cosa. Non so se qualcuno ha memoria di quello che accadde lo scorso anno, quando la maggioranza era gialloblù invece che giallorossa. L'esecutivo predispose una manovra con un deficit al 2,4 per cento, ma fu fermato da un'estenuante trattativa con Bruxelles, che voleva assolutamente che il disavanzo scendesse sotto il 2. Alla fine, la Ue accettò una mediazione a quota 2,04. Tenete presente che all'epoca il debito italiano aveva raggiunto il picco di 2.320 miliardi di euro. E ora? Il governo italiano propone un deficit al 2,2 mentre il debito è a quota 2.439 miliardi. In pratica, l'Italia sta peggio di un anno fa, tuttavia l'Europa che prima minacciava sanzioni e procedure d'infrazione, adesso tace, perché nella maggioranza non c'è più Matteo Salvini ma tipetti simpatici come Roberto Gualtieri, il ministro dell'Economia.Nonostante non ci sia l'opposizione della Ue, l'esecutivo è riuscito comunque a trasformare la manovra finanziaria in una buffonata e per di più fuori tempo massimo. Anche qui bisogna riavvolgere il nastro e tornare a un anno fa. All'epoca, come dicevo, l'esecutivo fu impegnato per settimane a limare i provvedimenti affinché piacessero a Bruxelles. In questo caso, invece, il Conte bis è bloccato dalle continue liti interne alla maggioranza, con il risultato che siamo arrivati a fine anno. In Aula, cioè in Parlamento, il documento finanziario per il 2019 approdò il 5 dicembre 2018 e le opposizioni insorsero, lamentando la compressione del dibattito parlamentare. Non si può impedire alla Camera di valutare con attenzione le misure decise dall'esecutivo, spararono a zero quelli del Pd. I quali, in 37, lamentando un vulnus alle prerogative degli onorevoli, ricorsero addirittura alla Corte costituzionale per invalidare la manovra. Finì che la Consulta, per non buttare tutto all'aria e non lasciare l'Italia senza bilancio di previsione e in esercizio provvisorio, bocciò la richiesta dei senatori del Pd, ammonendo però il governo a non farlo più.Detto fatto, quest'anno la manovra approderà nell'aula di Palazzo Madama solo il 12 dicembre, cosa che nella storia della Repubblica non si era mai vista. E però, quegli stessi deputati e senatori che all'epoca strillavano, lamentando le limitazioni del dibattito in Aula, oggi se ne stanno zitti, quasi fosse normale perché a comprimere la discussione non è un governo gialloblù, ma uno di sinistra.Tutto ciò, senza che nessuno sulla stampa o in tv trovi nulla da obiettare. Un anno fa era un fiorire di indignazione, perché il ritardo pareva un affronto al Parlamento. Oggi, che pure il rinvio è dovuto a beghe interne della maggioranza e non a una negoziazione con l'Europa, non c'è indignato speciale che si attapiri. E dire che il Conte bis, quello del voltafaccia, era nato proprio per rispettare i tempi della manovra. Renzi e compagni spiegarono in Aula che era da irresponsabili pretendere di fare le elezioni in autunno, perché quella è la stagione dedicata alla preparazione della manovra finanziaria. In realtà, ottobre e novembre sono trascorsi in discussioni infinite, senza che i provvedimenti prendessero forma, e in conclusione le misure sono state approvate salvo intese, spedendo a Bruxelles una bozza di grandi numeri, riempita principalmente da un maggiore deficit. Non si può votare, dicevano i grandi difensori dell'economia nazionale, perché si rischierebbe l'esercizio provvisorio. Ebbene, a forza di discutere sulla plastic tax, la sugar tax, la tassa sulle auto aziendali e quella su porti e aeroporti, ma anche sui giochi, la finanziaria non è stata ancora varata e se approderà in Aula venerdì resteranno solo 19 giorni, Natale, Santo Stefano e ultimo dell'anno compresi, per approvarla. Da quel che si capisce, Montecitorio dovrà dire sì senza fiatare, perché non ci sarà più tempo. La farsa delle tasse rinviate a luglio per non disturbare gli elettori, i tagli alla discussione parlamentare e il debito scaricato sul prossimo anno insieme alle clausole di salvaguardia non provocheranno editoriali scandalizzati, né ricorsi alla Consulta. Perché non siamo in Parlamento, siamo a teatro e il copione questa volta non prevede indignazione.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






