2025-07-06
Ultimatum di Trump sui dazi, Parigi si sgonfia
In arrivo le offerte «prendere o lasciare» del presidente a 12 Paesi. Alcuni Stati Ue e le aziende dell’auto chiedono sconti in cambio di un aumento della produzione negli Usa. La Francia, che era ostile a un accordo, diventa conciliante: «Intesa nel fine settimana».Fiato sospeso sui dazi. L’altro ieri, Donald Trump ha fatto sapere di aver firmato le lettere che fissano i livelli tariffari che dodici Paesi dovranno affrontare per i beni da loro esportati negli Stati Uniti. Le missive, con le offerte «prendere o lasciare», dovrebbero essere spedite domani, mentre il presidente americano non ha specificato a quali governi saranno recapitate. Lo scorso 9 aprile, la Casa Bianca aveva concesso una finestra temporale di tre mesi: l’idea era quella di permettere dei negoziati commerciali che consentissero ai vari Paesi di evitare o ridurre i cosiddetti «dazi reciproci», che lo stesso Trump aveva decretato pochi giorni prima. La fase di negoziazione si concluderà formalmente mercoledì prossimo, mentre le tariffe dovrebbero entrare in vigore il primo agosto. Tariffe che, secondo il presidente americano, potrebbero oscillare tra un minimo del 10% e un massimo del 70%, a seconda dei casi. Axios non ha comunque escluso che questi annunci rientrino nel quadro di una strategia negoziale con cui l’inquilino della Casa Bianca punterebbe a mettere ulteriormente sotto pressione i propri interlocutori.Nel frattempo, l’Unione europea continuerà a trattare per l’intero fine settimana. Bruxelles sta infatti cercando di concludere un accordo che le consenta di evitare i dazi al 50% che potrebbero esserle imposti. L’obiettivo dell’Ue sarebbe quello di un’intesa in cui la maggior parte delle tariffe americane scenderebbe al 10%. Al contempo, alcuni settori dovrebbero essere esentati (o comunque maggiormente salvaguardati), come quello dei semiconduttori e dei prodotti farmaceutici. Bruxelles punterebbe anche a una riduzione delle tariffe su acciaio e automobili. In tal senso, la Commissione europea ha fatto sapere di voler «favorire una soluzione negoziata». «Sono stati compiuti progressi verso un accordo di principio durante l’ultimo ciclo di negoziati svoltosi questa settimana», ha aggiunto. «Per quanto riguarda i dazi, tutto potrebbe essere deciso questo fine settimana, dato che una delegazione della Commissione europea è a Washington. In caso contrario, l’Europa dovrà senza dubbio rispondere con più vigore per ristabilire l’equilibrio», ha affermato ieri, dal canto suo, il governo francese, lasciando così intendere un suo parziale ammorbidimento nel rapporto con Washington rispetto alle scorse settimane. Parigi era infatti tra i fautori della linea dura con la Casa Bianca in materia commerciale. Il punto è tuttavia che l’Ue non appare unita sul da farsi. Secondo Politico, nel fine settimana Ursula von der Leyen dovrebbe consultarsi individualmente con i vari leader nazionali, per cercare di trovare una quadra. Non solo. Stando a Bloomberg News, il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, sarebbe favorevole a un accordo sulla cui base, in cambio di una riduzione dei dazi americani, le case automobilistiche europee dovrebbero impegnarsi a investire maggiormente sul territorio degli Stati Uniti. Si tratta tuttavia di una proposta che - ha riferito la medesima testata - non convincerebbe i funzionari dell’Ue, timorosi che un simile scenario possa portare a una riduzione degli investimenti e della produzione nel Vecchio continente. È anche a causa di queste divisioni intestine che la Commissione europea ha approntato un piano di emergenza in caso di naufragio delle trattative: vale a dire possibili misure ritorsive contro gli Stati Uniti dal valore di 100 miliardi di euro. In questo quadro complessivo, un punto controverso riguarda, per esempio, i prodotti agricoli e alimentari europei, che Trump ha minacciato di colpire con dazi al 17%.Almeno fino a ieri sera, l’ipotesi che potesse saltare tutto restava quindi sul tavolo. D’altronde, come riferito anche dalla Cnn, Trump ha di recente espresso frustrazione nei confronti di Ue e Giappone sulla questione delle trattative commerciali. Per ora, negli ultimi 80 giorni, l’amministrazione americana ha concluso intese con Regno Unito e Vietnam. Tra l’altro, oltre che con l’Ue, sono in corso negoziati soprattutto con la Corea del Sud e l’India. Tutto questo, mentre, ieri, il governo di Tokyo ha fatto sapere di aver avuto «scambi approfonditi» con il segretario al Commercio statunitense, Howard Lutnick, negli ultimi giorni. Va infine tenuto presente che il presidente americano ha appena firmato la legge di spesa, che, recentemente approvata dal Congresso, prevede la conferma dei tagli fiscali da lui stesso voluti nel 2017: tagli che Trump ha spesso detto di voler coprire con i proventi dei dazi. Questo potrebbe spingere teoricamente la Casa Bianca a un atteggiamento maggiormente assertivo sul fronte delle trattative commerciali. Più in generale, ricordiamo che, per il presidente americano, i dazi sono uno strumento con cui rendere più resilienti le catene di approvvigionamento e rilanciare il settore manifatturiero statunitense. Il che ha un duplice obiettivo: la tutela dei colletti blu della Rust Belt e una crescente attenzione alla sicurezza nazionale.
Il vicepresidente americano J.D. Vance durante la visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme (Getty Images)
Roberto Cingolani, ad di Leonardo (Getty Images)
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)