I ritardi nella consegna a causa del trucco della «sesta dose». Mr Invitalia annuncia altri stop, ma l'azienda non conferma.
I ritardi nella consegna a causa del trucco della «sesta dose». Mr Invitalia annuncia altri stop, ma l'azienda non conferma.Alla fine il bubbone del rallentamento nelle consegne dei vaccini Pfizer è scoppiato in tutta Europa. Persino gli efficientissimi tedeschi del Nordreno-Westfalia hanno interrotto le vaccinazioni per 10 giorni. Si smonta così la narrazione costruita dal commissario Domenico Arcuri che ha addirittura annunciato di avere attivato l'Avvocatura generale dello Stato per valutare azioni legali del governo italiano contro il colosso farmaceutico (ovvero contro il nostro fornitore più importante di vaccini). Una battaglia già persa in partenza. Non solo perché la mossa tirerebbe dentro al contenzioso anche la Commissione Ue, che ha firmato i contratti. Ma soprattutto perché ieri a spegnere l'entusiasmo barricadero di Arcuri è stata la stessa Pfizer: al Financial Times ha infatti dichiarato che i suoi accordi con i governi si sono «sempre basati» sulla consegna «di dosi e non di fiale». E che le forniture saranno in linea anche con le «label», ovvero le schede tecniche (i bugiardini) valide nel Paese di destinazione. Pfizer ha dunque confermato quanto ormai da giorni sta scrivendo La Verità e che lo stesso Arcuri avrebbe dovuto sapere fin dall'inizio: ovvero che i Paesi europei - Italia compresa - hanno infatti pagato i vaccini in base al numero di dosi e non di flaconi. Quando si sono iniziate ad usare le prime partite del Pfizer-Biontech si è visto che una volta estratte cinque dosi con le siringhe di precisione resta un residuo sufficiente a fare almeno un'altra somministrazione. L'Aifa (l'agenzia italiana per il farmaco) e il ministero alla Salute, sulla scia dell'Fda americana, avevano dato un preliminare via libera all'estrazione di 6 dosi e a quel punto ci si è trovati con il 20% dei vaccini in più rispetto a quelli attesi e pagati. L'8 gennaio però, l'Ema (l'agenzia europea per i medicinali) ha stabilito che ogni fiala contiene 6 dosi, e non 5 come indicato fino a quel momento. Cambiando il cosiddetto «bugiardino». Le dosi per ogni fiala sono così ufficialmente diventate 6 e Pfizer ha deciso di ridurre le consegne quel tanto che basta a compensare il pregresso motivando ufficialmente il rallentamento con la riconfigurazione del suo stabilimento di produzione di Puurs. E tirando il freno delle consegne per tutti, non solo per l'Italia.Anche in Belgio quello che è successo «è legato alla sesta dose», ha spiegato al quotidiano Le Soir, Sabine Stordeur, project manager della task force sulle vaccinazioni. I leader belgi hanno deciso di estrarre 6 dosi dalle fiale Pfizer e non 5 come inizialmente previsto. Grazie a questa tecnica, «speravano di risparmiare il 20% in più di vaccini per vaccinare più persone più velocemente». Il problema è che come per l'Italia il contratto firmato tra il Belgio e il colosso farmaceutico americano si basa sulle dosi pagate e non sui flaconi. L'azienda ha cosi deciso di fornire meno fiale: 76 vassoi da 195 fiale invece di 92. «Sapevamo che c'era la possibilità di riequilibrare le consegne da parte della Pfizer. La palla era nel loro campo. E infatti si sono riadattati. Si tratta del resto di una società privata, non c'è da stupirsi. È stato un errore credere che avremmo potuto guadagnare una dose in più», ha ammesso Stordeur alla stampa. Quello che non ha fatto Arcuri. Anzi, il commissario ha dichiarato di essere stato costretto a rimettere mano al piano presentato a inizio dicembre in Parlamento dal ministro della Salute Roberto Speranza per rispondere ai ritardi decisi «unilateralmente» da Pfizer e «senza preavviso», riferendo addirittura di una «ulteriore riduzione delle consegne». A meno che i vertici di Pfizer o di BioNtech non abbiano avvisato telefonicamente il commissario, agli atti non risulta alcun comunicato ufficiale su nuovi rallentamenti. L'ultimo risale al 15 gennaio quando in una nota congiunta le due società hanno annunciato la necessità di apportare «alcune modifiche dei processi» assicurando comunque che torneranno al programma originale delle consegne alla Ue «a partire dalla settimana del 25 gennaio, con un aumento delle consegne a partire dalla settimana del 15 febbraio». Nel frattempo, la stessa Commissione Ue martedì ha specificato che le difficoltà sulla produzione di vaccini non riguardano gli ordini già fatti, ma la carenza mondiale di «capacità di produzione» legata al reperimento delle materie prime come gli eccipienti. Ma ieri la presidente, Ursula von der Leyen ha detto di aver ricevuto rassicurazioni dall'ad di Pfizer che «le dosi concordate per il primo trimestre arriveranno nel primo trimestre».Quanto ad Arcuri, dovrebbe sapere se - e dove - è stata già usata la sesta dose di scorta. Se, e come, sono state sbagliate le previsioni fatte dallo stesso commissariato a dicembre. Così come spetta ad Arcuri, e non a Pfizer, decidere il nuovo piano della distribuzione con 6 dosi e non più 5. Tutte le Regioni avrebbero inoltre dovuto tenere da parte almeno il 30% delle dosi ricevute per cominciare i richiami in sicurezza. È stato fatto? Intanto, il problema dell'Italia in questo momento, oltre alla mancanza di vaccini, è la mancanza dei vaccinatori: il rinforzo di 1.500 operatori tra medici e infermieri che sarebbero dovuti scendere in campo a partire da ieri per somministrare le dosi dovrebbe arrivare invece la settimana prossima.
Matteo Lepore (Ansa)
Quella che in un istituto era stata presentata come la «Giornata della cittadinanza» si è rivelata essere della mera propaganda pro immigrazione, mascherata da attività extra didattica. Fdi: «Denunceremo».
Doveva essere una sorta di lezione civica rivolta agli studenti. La comunicazione arrivata ai genitori degli allievi delle medie della scuola Guido Guinizelli di Bologna citava testualmente «Un evento gratuito», che si sarebbe svolto il 20 novembre dalle 10 alle 13 al Teatro Manzoni per la «Giornata della cittadinanza 2025». Luca (nome di fantasia) non ha esitato a dare il suo consenso, convinto che per la figlia dodicenne Margherita poteva essere un momento didattico.
Cosa ci dice il caso Garofani di ciò che avviene sul Colle? Ne discutono Giuseppe Cruciani e Massimo de' Manzoni.
Una scena dal film «Giovani madri»
Il film dei fratelli Dardenne segue i passi di cinque ragazze-mamme, tra sguardi e silenzi.
L’effetto speciale è la forza della realtà e della vita. Niente fronzoli, niente algoritmi, niente ideologie. Giovani madri è un film che sembra un documentario e racconta la vicenda - già dire «storia», saprebbe di artificio - di cinque ragazze madri minorenni. Non ci sono discorsi o insistenze pedagogiche. Solo gesti, sguardi e silenzi. E dialoghi secchi come fucilate. Non c’è nemmeno la colonna sonora, come d’abitudine nel cinema dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, autori anche della sceneggiatura, premiata all’ultimo Festival di Cannes.
«All Her Fault» (Sky Exclusive)
L’adattamento dal romanzo di Andrea Mara segue la scomparsa del piccolo Milo e il crollo delle certezze di Melissa Irvine, interpretata da Sarah Snook. Un thriller in otto episodi che svela segreti e fragilità di due famiglie e della loro comunità.
All her fault non è una serie originale, ma l'adattamento di un romanzo che Andrea Mara, scrittrice irlandese, ha pubblicato nel 2021, provando ad esorcizzare attraverso la carta l'incubo peggiore di ogni genitore. Il libro, come la serie che ne è stata tratta, una serie che su Sky farà il proprio debutto nella prima serata di domenica 23 novembre, è la cronaca di una scomparsa: quella di un bambino, che pare essersi volatilizzato nel nulla, sotto il naso di genitori troppo compresi nel proprio ruolo professionale per accorgersi dell'orrore che andava consumandosi.






