2024-04-03
«L’Ue è preda di lobby. La Commissione scavalca i cittadini e forza i trattati»
Marco Zanni (Imagoeconomica)
Il presidente di Id Marco Zanni: «La Von der Leyen gode di una protezione tipica dei regimi. Necessario votare per un cambio radicale».A Bruxelles lo chiamano già lo Pfizergate, ma certamente la vicenda degli sms tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il ceo della più grande multinazionale farmaceutica del mondo sulle forniture di vaccini anti-Covid è solo l’ultimo di una serie di scandali che mettono a nudo l’opacità e la permeabilità alle lobby delle istituzioni comunitarie. Dopo il Qatargate, man mano che ci si avvicina alla scadenza elettorale del prossimo giugno vengono al pettine molti nodi sul sistema di potere messo in piedi nel corso dei decenni dall’architrave politico socialista-popolare che domina da sempre la scena tra Strasburgo e la capitale belga. Abbiamo chiesto cosa ne pensa a Marco Zanni, presidente del gruppo Identità e democrazia (Id, di cui fa parte la Lega) al Parlamento europeo.Onorevole Zanni, che idea si è fatto dell’inchiesta che sta portando avanti la Procura europea sui rapporti tra la Von der Leyen e il ceo di Pfizer? Cosa dimostra?«Che è conseguenza della complessità delle istituzioni europee. Processi legislativi estremamente complicati, opachi, luoghi decisionali non completamente normati. Pensiamo all’Eurogruppo, che rimane informale ma è un centro di potere importante, pensiamo a una Commissione che da organo tecnico è diventato politico bypassando i trattati e si è accaparrato competenze che non sarebbero state direttamente ascrivibili alla Commissione e all’Ue. Il tema è l’assenza di trasparenza, dunque. «Sì, la questione esiste da molto tempo ma non piace, perché sappiamo qual è il modello di governo che l’Ue ha sempre prediletto: non cercando il consenso dal basso e il supporto attraverso il convincimento dei popoli, ma cercando di far navigare i provvedimenti in maniera truffaldina tra queste stanze, forzando i trattati. È il metodo Juncker, lo conosciamo. L’attività di lobby qui è regolamentata, ma rimane un punto molto oscuro che è emerso col green deal»Centrale qui è il ruolo delle ong. «Dietro a una maschera filantropica e socialmente accettabile nascondono interessi e gruppi di potere».Conta forse una certa disinvoltura di chi è al timone delle istituzioni europee, dimostrata anche sui vaccini?«Qui ci sono due aspetti da considerare: il primo è che gli acquisti dei vaccini sono stati centralizzati dalla Commissione. Il secondo punto è: come mai se ne parla solo ora considerando che è stata una tematica che noi portiamo avanti da tempo? Persino alcuni membri eterodossi del Ppe chiesero chiarezza su questo tema. Che è grande come una casa: la presidente della Commissione durante il periodo Covid, mentre aveva il potere di contrattare milioni di dosi, si messaggiava col ceo di Pfizer, e questo è un fatto che non si può smentire. Cosa si sono scritti in quei messaggi? Noi da anni facciamo una battaglia, per far capire quanto sia spesso il muro di gomma, la cupola a protezione della Von der Leyen. Basta dire che questa storia circolava da tempo, ma poi è stata pubblicata solo da un giornale americano. Non abbiamo avuto una Commissione speciale che ha indagato sul Covid, e su questo punto la maggioranza ha sempre fatto scudo per proteggere Ursula von der Leyen dalle nostre richieste di chiarezza sui messaggi. Addirittura non l’hanno fatta venire in audizione all’Europarlamento. È più tipico di un regime che di una democrazia»E quindi, come si può continuare a sostenere un bis della von der Leyen?«Sicuramente non sarà facile sostenerla. Io ragiono dal mio lato, da un gruppo di opposizione tra i più numerosi e che giocherà un ruolo cruciale. Io la vedo molto semplicemente: perché non possiamo condividere che siamo tutti d’accordo sul fatto che questa Commissione sia stata un disastro su tanti punti e la campagna vaccinale è solo l’ultimo episodio? Mi sembra che, a parte alcuni distinguo di Fi, siamo tutti d’accordo su questo. Siamo però tutti d’accordo, senza distinguo, sul fatto che la prossima legislatura deve rappresentare un cambio netto, quindi è ovvio che questo dovrà avvenire non con la stessa persona che ha fatto tutto quello che stiamo criticando». Le critiche di Marine Le Pen a Giorgia Meloni hanno però dato adito a polemiche. «Sono rimasto molto sorpreso dalle polemiche dopo le dichiarazioni di Marine Le Pen, perché se vogliamo il cambiamento non parlerei di sgambetti o campagna elettorale. Dobbiamo unire il popolo del centrodestra attorno a un progetto credibile di cambiamento e spero che il centrodestra italiano dica chiaramente che il cambiamento non può essere fatto da chi è stato disastroso». Chiudiamo con una domanda sulla Russia. Sta per essere votata una mozione di sfiducia a Matteo Salvini, accusato dall’opposizione di avere stretto un accordo con il partito di Vladimir Putin, che ancora ieri è stato ribadito come non più valido dalla Lega, dopo l’invasione dell’Ucraina...«Il mondo occidentale ha stretto numerosi rapporti con la Russia, con politici come Schröeder, che - loro sì - venivano pagati da Mosca. Chi prendeva soldi e forse ordini da Putin stava in altre famiglie politiche, non nella nostra. La Lega è stata vituperata con indagini su soldi che non c’erano, mentre quelli che c’erano veramente sono passati sotto il naso di chi indagava».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)