Il colosso lancia un derivato dai legumi modificato in laboratorio, con costi molto più bassi di quello animale. Sarà premiato però dal Nutriscore di Bruxelles che invece penalizza i prodotti made in Italy in quanto naturali.
Il colosso lancia un derivato dai legumi modificato in laboratorio, con costi molto più bassi di quello animale. Sarà premiato però dal Nutriscore di Bruxelles che invece penalizza i prodotti made in Italy in quanto naturali. Come volevasi dimostrare. Dopo gli insetti e il vino all'acqua, ci tocca il latte sintetico. La prossima colazione sarà: cappuccino ai piselli con cornetto alla farina di bachi... Non è uno scherzo. Le multinazionali hanno scoperto che chi è padrone della fame è padrone del mondo, ma se la gente continua a mangiare prodotti troppo locali, troppo «dialettali», come si fa a imporre la dieta unica? Il cavallo di Troia si chiama Nutriscore, la famigerata etichetta a semaforo contro cui l'Italia si batte da anni. L'Europa vuole accontentare le enormi company food che per fare soldi vogliono spacciare materie prime di bassissimo costo per toccasana dopo averle super lavorate. Il prototipo è proprio il falso latte estratto dalla farina dei piselli. Si tratta di un sottoprodotto. Per ottenere le proteine dei piselli usate anche come anabolizzanti, uno degli ingredienti principali degli hamburger vegani (l'Europa ha sdoganato il nome ingannando i consumatori), i piselli, soprattutto quelli gialli un tempo destinati all'alimentazione animale, vengono seccati, macinati poi ammollati e centrifugati, così cola una poltiglia che rilavorata diventa il falso latte. A far cadere l'ultimo velo d'ipocrisia ci ha pensato il vicepresidente, capo della relazioni Ue, della Nestlé Bart Vandewaetere. Su Tweet ha postato un video in cui invita a un brindisi «con questa nuova alternativa al latte, fatta con piselli gialli frullati del Belgio e della Francia ... e Nutri-score A. Per ora in Francia, Paesi Bassi e Portogallo, ma altri in arrivo. Salute!». Che vuol dire Nutriscore A? Una cosa semplice e terribile. Il Nutriscore, inventato guarda caso da un epidemiologo francese, è l'etichetta a semaforo per cui l'olio extravergine di oliva è pericoloso, il parmigiano o il grana padano sono veleno, il prosciutto mortale, mentre la Coca cola light è acqua benedetta e i prodotti dalle multinazionali nel frattempo convertitesi in healty company (parenti strette di Big pharma) sono un morso di salute. Il Nutriscore è il cardine del programma Farm to Fork che trasforma l'Ue da stato etico in stato dietetico. È inserito nel Green deal e c'è da parte di Bruxelles un ricatto: se prendi i soldi del Recovery devi adeguarti al Green deal e dire si al Nutriscore. Per capirci: il signore che invita a brindare con il «latte» di piselli il 15 dicembre scorso twettava trionfante: «Nutriscore per tutti gli europei: Nestlé lo sta implementando in otto Paesi europei. Nutriscore aiuta i consumatori a fare scelte informate. Nutriscore offre uno standard chiaro per accelerare la riformulazione dei prodotti». Giusto per aver un'idea la Nestlé vale 90 miliardi di fatturato e controlla circa 1.700 marchi alimentari tra cui anche molti «italiani». E però la faccenda del latte falso può diventare, soprattutto in Italia molto indigesta. Immediatamente Nestlé Italia ha cercato un incontro urgente con il nostro ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli per convincerlo che il Nutriscore è cosa buona e giusta. E lui ha risposto picche: «Evidentemente non ci sono le condizioni se il loro approccio è la sostituzione del latte con bevande a base di vegetali ultratrasformati. Eloquente il riferimento alla A, il semaforo verde, ottenuta col sistema Nutriscore. Quasi a voler fugare ogni dubbio sulla finalità di questo sistema di etichettatura». Patuanelli sa che tutta Italia è contraria: glielo hanno detto Massimiliano Giansanti (Confagricoltura) ed Ettore Prandini (Coldiretti), pronti a fare le barricate, ma soprattutto Luigi Scordamaglia di Filiera Italia. «Come Filiera Italia», sottolinea Scordamaglia, «stiamo denunciando da tempo il pericolo che multinazionali possano utilizzare strumenti come il Farm to Fork o posizioni ideologiche contro i prodotti di eccellenza della nostra zootecnia, o ancora sistemi di etichettatura come il Nutriscore per favorire la transizione da un sistema alimentare basato sulla terra, sui territori, sui contadini e su esperienza centenaria di trasformazione verso un sistema delle industrie, dei cibi chimici e sintetici che consentono guadagni enormi, favoriti da annunci finto salutistici. Esiste un solo motivo per cui qualcuno dovrebbe sostituire del latte con una bevanda a base di vegetali ultratrasformati? La Commissione, il Parlamento Ue e tutti i Paesi aprano gli occhi e appoggino la battaglia italiana di lotta contro il cibo Frankestein di laboratorio ammantato di salubrità. Davvero qualcuno vorrebbe concentrare nelle mani di poche multinazionali la food security diventata, soprattutto dopo la pandemia, strumento strategico globale? Sulla salubrità del cibo e contro approcci strumentali il governo italiano continui a fare battaglia». E la prima è stracciare il Nutriscore.
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