2024-04-04
I generali ucraini ammettono: «Non possiamo fermare i russi»
Volodymyr Zelensky e Jens Stoltenberg (Ansa)
Sotto anonimato, alti ufficiali di Kiev spiegano a «Politico»: «Né noi né l’Occidente abbiamo le tecnologie per fronteggiare altri attacchi, Mosca può avanzare dove vuole». Basterà a far capire che non ha senso insistere?Che altro deve ancora accadere prima che l’America, l’Europa e il mondo occidentale si rendano conto che la battaglia è perduta? Lo so, non è facile arrendersi di fronte a un sopruso. Ognuno di noi davanti a un crimine vorrebbe fare giustizia, raddrizzando il torto subìto. Purtroppo, la storia ci insegna che non sempre è possibile. Se fosse vero che il bene trionfa sempre sul male non saremmo scappati dall’Afghanistan, abbandonando uomini, donne e bambini che credevano in noi e pensavano che davvero avremmo difeso la loro libertà e la loro fragile e imperfetta democrazia. Invece siamo fuggiti a gambe levate, senza dignità e accettando che i talebani imponessero alle donne il burka e pure la lapidazione. Se chi sta dalla parte giusta riuscisse sempre a vincere contro chi è dalla parte sbagliata non avremmo i campi di rieducazione cinesi, i gulag russi, le celle delle torture iraniane, le prigioni fetide di Cuba e le mille altre galere dove regimi dittatoriali praticano la tortura contro gli oppositori.No, purtroppo i cosiddetti Paesi civilizzati non trionfano sempre, perché la storia, quella con la S maiuscola, non è a lieto fine, come nei film di Hollywood.Dunque, prima l’Occidente si renderà conto che la guerra in Ucraina è perduta e prima sarà meglio per tutti, in particolare per gli ucraini i quali, come si può leggere quando la censura imposta da Volodymyr Zelensky non riesce a tappar loro la bocca, pensano esattamente ciò che pensiamo noi, ovvero che la situazione sta precipitando. Non ci sono armi, perché dopo due anni di aiuti all’Ucraina, America, Europa e gli alleati hanno svuotato gli arsenali. Non c’è neppure tempo per produrre missili e aerei, perché dopo 80 anni di pace, i cosiddetti Paesi democratici hanno tenuto in vita l’industria degli armamenti solo per fornire ai dittatori la dose giusta di cannoni e carrarmati per reprimere le rivolte. O al massimo per combattere qualche guerra lampo in giro per il mondo contro avversari infinitamente più deboli. Ma insieme alle munizioni, sono finiti o stanno finendo anche gli uomini, perché o la legge marziale impone ai giovani in età da combattimento di indossare la divisa o questi scappano all’estero, preferendo l’ignominia della fuga alla certezza della morte. Senza preparazione, senza sistemi di difesa efficaci, questi giovani sono destinati a finire al camposanto e non li consola l’idea che insieme a loro ci finiranno anche molti russi, fossero anche il decuplo dei morti ucraini. Qualcuno potrebbe pensare che le nostre siano osservazioni comode fatte da chi, oltre a non rischiare la pelle, non vede in gioco neppure la propria libertà. Facile parlare, sostengono coloro che alla minima obiezione sull’opportunità di continuare a sostenere l’Ucraina tappano la bocca all’interlocutore accusandolo di essere un putiniano travestito da osservatore neutrale. Peccato che a fare osservazioni simili alle nostre ormai siano gli stessi ucraini, i quali se potessero parlare liberamente probabilmente confermerebbero non di stare dalla parte della Russia, ma solo di volere una tregua che salvi loro la vita. Gli ufficiali che hanno parlato dietro garanzia dell’anonimato con il sito americano Politico hanno confermato che la situazione per gli ucraini è più grave di quel che appare. Se i russi decidessero di provare a sfondare le linee nemiche, probabilmente penetrerebbero come un coltello nel burro. «Non c’è nulla che possa aiutare l’Ucraina adesso perché non esistono tecnologie in grado di compensare l’Ucraina per la grande massa di truppe che la Russia scaglierà contro di noi. Noi non disponiamo di queste tecnologie e neanche l’Occidente le ha in numero sufficiente». E a queste osservazioni fanno eco una quantità di altre dichiarazioni che rappresentano una doccia fredda per coloro che insistono a pensare che l’Ucraina possa ragionevolmente riconquistare i territori perduti. I vescovi parlano di segnali di stanchezza della popolazione. Jens Stoltenberg, il gran capo della Nato, dice che non manca il coraggio bensì gli armamenti, ma è un modo di dire per segnalare la debolezza di Kiev. E il Belgio mette in guardia gli alleati dalle soluzioni facili, come quella di un fondo europeo da 100 miliardi per sostenere l’Ucraina. Ovviamente si tratta di segnali diversi, a volte pronunciati con l’intenzione di non darla vinta a Putin, ma purtroppo in un modo o nell’altro indicano una situazione di stallo che rende sempre meno credibile la possibilità di respingere i russi. Le guerre non si vincono con le questioni di principio, ma con la forza e purtroppo - siccome ci corre l’obbligo di guardare in faccia la realtà - oggi la democrazia è debole. Si può difendere la libertà di un Paese, ma per farlo non bastano le parole. Le buone intenzioni purtroppo non hanno la stessa forza dei missili ipersonici.