
Il cda boccia all'unanimità l'offerta da 4,9 miliardi e desidera l'indipendenza. Carlo Messina: «Ma la parola ora va agli azionisti».I vertici di Ubi restano asserragliati nella trincea scavata per difendersi dall'offerta da 4,9 miliardi lanciata da Intesa Sanpaolo e bocciata all'unanimità dal cda di ieri dell'istituto bresciano-bergamasco, che ora punta a diventare l'aggregatore del terzo polo bancario alternativo alla stessa Intesa e Unicredit. Senza però dire come e con chi. L'ad, Victor Massiah, ha presentato l'aggiornamento del piano industriale annunciato il 17 febbraio (a meno di 24 ore del blitz di Intesa) con due obiettivi: dimostrare di poter ballare da soli anche in mezzo alla tempesta post Covid, allettare i soci con la distribuzione di dividendi più ricchi nel triennio (dai 510 milioni complessivi promessi nel piano di febbraio, agli 840 milioni di capitale in eccesso inseriti nell'aggiornamento, superiori anche ai circa 820 milioni che gli azionisti Ubi prenderebbero se diventassero soci di Intesa con la fusione). L'utile di Ubi al 2022 è stato però rivisto in calo a 562 milioni dai 665 milioni originariamente fissati come target nel piano iniziale. Ma Massiah è disposto a vendere quelli che ha definito i «tesori nascosti», citando l'esempio della controllata cinese, iscritta a bilancio per 40 milioni. L'ad ha inoltre deciso di internalizzare le assicurazioni di Aviva Vita dal prossimo anno, acquistando la totalità del capitale della joint venture, attualmente detenuto al 20%. Massiah ha comunque precisato che l'operazione Aviva ci sarà «solo se Ubi continuerà a esistere come soggetto autonomo».L'Ops ieri è stata infatti bocciata dal cda con sei motivazioni. L'offerta, sostiene il gruppo lombardo, non conviene agli azionisti. Perché non prevede un corrispettivo per cassa, e pone a carico dei soci di Ubi i rischi connessi al raggiungimento degli obiettivi strategici dell'operazione definiti da Ca' de Sass. Il prezzo messo sul piatto da Intesa, aggiunge Ubi, non riflette il suo reale valore. In terzo luogo l'azione Ubi presenta elevate potenzialità di crescita. Quarto punto: la possibilità per l'offerente di conseguire gli obiettivi strategici dell'operazione è incerta, in quanto condizionata da diversi fattori, tra cui le incertezze relative alla cessione degli sportelli a Bper e dei rami assicurativi a Unipol ai termini e alle condizioni previsti da Intesa. Gli azionisti di Ubi che non dovessero aderire all'Ops sarebbero comunque tutelati dai presidi previsti dalla normativa. L'offerta, infine, consentirebbe a Intesa di creare una posizione di leadership dominante in Italia, potenzialmente dannosa per il tessuto economico e sociale dei territori in cui opera Ubi.Che, quindi, preferisce restare indipendente. Per diventare il terzo polo nel settore bancario con un ruolo da protagonista e non da preda. Cosa è cambiato rispetto al passato? La guida pubblicata dalla Bce che ha promesso, in primis, che i requisiti patrimoniali non ostacoleranno i piani di integrazione. Verrà inoltre concesso l'uso dei propri modelli contabili così come degli avviamenti negativi (badwill). Con matrimoni e acquisizioni il sistema si rafforza, raggiungendo le economie di scala necessarie per affrontare le sfide post Covid-19. «È molto incoraggiante, la situazione è cambiata e immediatamente il board ha raccomandato di essere molto focalizzati su questo ed è quello che faremo se rimarremo indipendenti», ha detto Massiah. Ma con chi si sposerà allora la banca? «Non vogliamo essere target di acquisizione di banche straniere, se resteremo indipendenti vogliamo essere aggregatori», ha sottolineato ieri la presidente, Letizia Moratti. «Non ci sentiamo di escludere niente», ha spiegato Massiah, incalzato su un possibile interesse per il Monte dei Paschi: «Ha fatto un enorme lavoro di pulizia degli asset, ma Mps ha un azionista particolare, ovvero lo Stato, che deve chiarire prima cosa vuole fare della banca, attenderemo di comprendere».Nel frattempo, in Piazza Affari il titolo Ubi ha guadagnato il 2,5% a 3,07 euro, mentre Intesa ha ceduto lo 0,34% a 1,74 euro. Il concambio annunciato è di 1,7 volte, quindi al valore di Intesa di ieri, Ubi dovrebbe scambiare a 2,95 euro. L'ad di Intesa, Carlo Messina, ha sempre ribadito a chiare lettere che l'offerta resta una, ma il mercato pare stia scommettendo su un rilancio in itinere. L'Ops partirà lunedì 6 luglio per terminare il 28. La parola, dunque, ora passa ai soci. Lo ha sottolineato lo stesso Messina, in un commento diffuso ieri in serata. «Saranno loro a esprimersi su un progetto volto a creare un gruppo ai vertici europei del settore, rafforzando al contempo il contesto domestico. E a quanto risulta, alcuni di loro hanno già iniziato a farlo con trasparenza e oggettività, sottolineando proprio alcuni dei punti qualificanti della nostra offerta: attenzione al territorio e alle comunità che li contraddistinguono», ha evidenziato l'ad. Proprio nei giorni scorsi il presidente di Fondazione Banca Monte di Lombardia, che ha in mano il 4,96%, ha lasciato aperta la porta a un'adesione che creerebbe una frattura nel Comitato azionisti di riferimento Car (che raggruppa il 19%), da subito contrario all'operazione. La stessa Fondazione è anche socio forte di Cattolica (su cui ha messo le mani nei giorni scorsi Generali) che è partner bancassicurativa di Ubi tramite un accordo che scadrà a giugno 2021.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.
La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 7 novembre con Carlo Cambi






