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2021-07-12
Tutto l'oro azzurro dopo Euro 2020
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Aver vinto l'Europeo di calcio, il secondo nella storia della Nazionale dopo quello conquistato nel 1968 dalla selezione guidata dal ct Ferruccio Valcareggi e dal capitano Giacinto Facchetti, ridà finalmente a tutto il pallone italiano lustro, credibilità ma anche tanto valore economico. Dai premi ricevuti dalla Uefa al valore di una rosa di calciatori, che escono da questa competizione con un valore dei propri cartellini al rialzo.
Un successo insperato e fuori programma, se pensiamo a tre anni fa, quando il ct Roberto Mancini ha ereditato una squadra sprofondata sotto le macerie della mancata qualificazione ai Mondiali del 2018 e che ci ha visto precipitare al ventesimo posto del ranking Fifa Un ranking che con il duro lavoro e i 34 risultati utili consecutivi, l'ultimo dei quali è il pareggio che ieri sera ci ha permesso di conquistare il titolo continentale ai calci di rigore, ha rivisto l'Italia scalare posizioni su posizioni e ritornare al quarto posto (mancava dal 2013), alle spalle di Belgio, Brasile e Francia. E se da un punto di vista tecnico questo significherà avere in futuro, in ottica dei sorteggi dei gruppi della fase finale dei Mondiali in programma l'anno prossimo in Qatar, un posto in prima fascia (in caso di qualificazione), dal lato economico, la vittoria dell'Europeo consente l'iniezione nelle casse della Figc del premio Uefa di 28 milioni e 250.000 euro. Un premio che sommato a quelli ricevuti in tutte le precedenti edizioni degli Europei pone l'Italia al primo posto nella classifica delle nazionali che hanno guadagnato più soldi con 99 milioni e 250.000 euro incassati.
E, inevitabilmente, il successo continentale degli azzurri a Wembley contro l'Inghilterra si riflette anche sul valore dei singoli calciatori. A cominciare dal protagonista indiscusso della cavalcata trionfale azzurra, ovvero Gianluigi Donnarumma. Il portierone classe 1999 ha cominciato il torneo da svincolato di lusso dopo la tanto discussa scadenza di contratto con il Milan e lo ha concluso da nuovo calciatore del Paris Saint-Germain che lo ha fatto suo grazie a un maxi ingaggio di 12 milioni di euro, ma risparmiando sul prezzo del cartellino che alla viglia dell'Europeo era valutato sui 60 milioni di euro e che da oggi, dopo le parate decisive ai quarti contro il Belgio su Kevin De Bruyne e Romelu Lukaku, quella in semifinale contro la Spagna su Dani Olmo e sul rigore di Alvaro Morata, e infine, i due penalty intercettati ieri sera nella notte magica di Wembley agli inglesi Jadon Sancho e Bukayo Saka, nonché il premio individuale come miglior giocatore del torneo, fanno schizzare alle stelle la sua quotazione per una cifra attorno agli 80-90 milioni di euro, per quello che a oggi, all'età di 21 anni, è a tutti gli effetti il miglior portiere su scala mondiale. L'altro azzurro che ha disputato un Europeo superlativo è Federico Chiesa. Anche l'ala della Juventus, così come Donnarumma, partiva da una quotazione di 60 milioni di euro. I due gol decisivi contro l'Austria agli ottavi e contro la Spagna in semifinale, oltre a tante altre giocate che hanno condito prestazioni di altissimo livello, oggi vale 80 milioni di euro. Tanto che, stando alle ultime voci di calciomercato, una big d'Europa come il Bayern Monaco ci aveva messo gli occhi addosso, salvo poi tirarsi indietro stando alle parole dell'allenatore Julian Nagelsmann: «Chiesa è un giocatore fantastico, ma è anche molto costoso». Parole che lasciano intendere un «vorrei ma non posso».
L'Inter si gode il più che buono Europeo disputato da Niccolò Barella, impreziosito dal bellissimo gol che ha sbloccato la partita contro il Belgio, e la sua valutazione di 65 milioni di euro, 5 in più del compagno di squadra Alessandro Bastoni, che pure è sceso in campo in una sola partita contro il Galles. Ci sono i napoletani Lorenzo Insigne e Giovanni Di Lorenzo, due titolarissimi dell'undici di Roberto Mancini. Il primo gode della fiducia e stima del nuovo allenatore del Napoli, Luciano Spalletti, ma da domani sarà alle prese con una non semplice trattativa sul rinnovo di contratto con il presidente Aurelio De Laurentiis, e non è detto che il suo marchio di fabbrica, il destro a giro che ci ha fatto gioire prima contro la Turchia e poi contro il Belgio, non attragga l'attenzione di altri club: il valore del cartellino sfiora i 50 milioni di euro. Il secondo, invece, non dovrebbe rientrare in trattative di mercato, ma è chiaro che la valutazione di 24 milioni con cui ha cominciato il torneo è salita almeno a quota 30. Il club che più di tutti si sta fregando le mani è il Sassuolo. Tra i 26 eroi di Wembley tre sono di proprietà della squadra emiliana. Manuel Locatelli, acquistato dal Milan tre anni fa per 14 milioni, dopo un grande Europeo da protagonista, specialmente nella fase a gironi dove ha sostituito in maniera brillante Marco Verratti segnando anche una doppietta contro la Svizzera, è ormai pronto a fare il salto di qualità e garantire al Sassuolo una discreta plusvalenza. Prima di Euro 2020 la sua quotazione era di 35 milioni. L'ad Giovanni Carnevali ha fatto sapere a più riprese alle squadre interessate, tra tutte la Juventus, che ne servono almeno 40 per portarlo via. Stesso discorso può essere applicato a Domenico Berardi: l'esterno offensivo, che aveva cominciato benissimo con assist e giocate decisive nelle prime partite, si è visto pian piano ridurre lo spazio in favore di Chiesa, ma al momento importante di trasformare uno dei cinque rigori contro l'Inghilterra si è fatto trovare pronto e ha risposto presente. Valeva 35 milioni e ora il Sassuolo ne chiede almeno 45-50. Su di lui si erano fatte le voci di un interesse del Liverpool e del Milan. Infine c'è Giacomo Raspadori. Il giovane attaccante classe 2000 ha giocato appena 16 minuti contro il Galles, ma ha già gli occhi dell'Inter addosso. Vale 15 milioni, ma il Sassuolo non ha intenzione di venderlo in questa finestra di mercato. Ci sono poi due calciatori che giocano all'estero il cui valore era già alto e che se qualcuno vorrà provare ad acquistare dovrà fare i conti con un rialzo non indifferente: si tratta di Marco Verratti, centrocampista in forza al Paris Saint-Germain e quotato 55 milioni, e Jorginho, fresco campione d'Europa sia con il Chelsea che con la Nazionale azzurra, e valutato 50 milioni, cifra destinata a salire.
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Il trionfo nella notte di Wembley frutta alla Figc 28 milioni e 250.000 euro. La Nazionale balza al quarto posto del ranking Fifa dopo che era finita ventesima a causa della mancata qualificazione ai Mondiali del 2018. E il valore di mercato dei calciatori azzurri, da Gianluigi Donnarumma a Federico Chiesa, schizza alle stelle.Aver vinto l'Europeo di calcio, il secondo nella storia della Nazionale dopo quello conquistato nel 1968 dalla selezione guidata dal ct Ferruccio Valcareggi e dal capitano Giacinto Facchetti, ridà finalmente a tutto il pallone italiano lustro, credibilità ma anche tanto valore economico. Dai premi ricevuti dalla Uefa al valore di una rosa di calciatori, che escono da questa competizione con un valore dei propri cartellini al rialzo.Un successo insperato e fuori programma, se pensiamo a tre anni fa, quando il ct Roberto Mancini ha ereditato una squadra sprofondata sotto le macerie della mancata qualificazione ai Mondiali del 2018 e che ci ha visto precipitare al ventesimo posto del ranking Fifa Un ranking che con il duro lavoro e i 34 risultati utili consecutivi, l'ultimo dei quali è il pareggio che ieri sera ci ha permesso di conquistare il titolo continentale ai calci di rigore, ha rivisto l'Italia scalare posizioni su posizioni e ritornare al quarto posto (mancava dal 2013), alle spalle di Belgio, Brasile e Francia. E se da un punto di vista tecnico questo significherà avere in futuro, in ottica dei sorteggi dei gruppi della fase finale dei Mondiali in programma l'anno prossimo in Qatar, un posto in prima fascia (in caso di qualificazione), dal lato economico, la vittoria dell'Europeo consente l'iniezione nelle casse della Figc del premio Uefa di 28 milioni e 250.000 euro. Un premio che sommato a quelli ricevuti in tutte le precedenti edizioni degli Europei pone l'Italia al primo posto nella classifica delle nazionali che hanno guadagnato più soldi con 99 milioni e 250.000 euro incassati.E, inevitabilmente, il successo continentale degli azzurri a Wembley contro l'Inghilterra si riflette anche sul valore dei singoli calciatori. A cominciare dal protagonista indiscusso della cavalcata trionfale azzurra, ovvero Gianluigi Donnarumma. Il portierone classe 1999 ha cominciato il torneo da svincolato di lusso dopo la tanto discussa scadenza di contratto con il Milan e lo ha concluso da nuovo calciatore del Paris Saint-Germain che lo ha fatto suo grazie a un maxi ingaggio di 12 milioni di euro, ma risparmiando sul prezzo del cartellino che alla viglia dell'Europeo era valutato sui 60 milioni di euro e che da oggi, dopo le parate decisive ai quarti contro il Belgio su Kevin De Bruyne e Romelu Lukaku, quella in semifinale contro la Spagna su Dani Olmo e sul rigore di Alvaro Morata, e infine, i due penalty intercettati ieri sera nella notte magica di Wembley agli inglesi Jadon Sancho e Bukayo Saka, nonché il premio individuale come miglior giocatore del torneo, fanno schizzare alle stelle la sua quotazione per una cifra attorno agli 80-90 milioni di euro, per quello che a oggi, all'età di 21 anni, è a tutti gli effetti il miglior portiere su scala mondiale. L'altro azzurro che ha disputato un Europeo superlativo è Federico Chiesa. Anche l'ala della Juventus, così come Donnarumma, partiva da una quotazione di 60 milioni di euro. I due gol decisivi contro l'Austria agli ottavi e contro la Spagna in semifinale, oltre a tante altre giocate che hanno condito prestazioni di altissimo livello, oggi vale 80 milioni di euro. Tanto che, stando alle ultime voci di calciomercato, una big d'Europa come il Bayern Monaco ci aveva messo gli occhi addosso, salvo poi tirarsi indietro stando alle parole dell'allenatore Julian Nagelsmann: «Chiesa è un giocatore fantastico, ma è anche molto costoso». Parole che lasciano intendere un «vorrei ma non posso».L'Inter si gode il più che buono Europeo disputato da Niccolò Barella, impreziosito dal bellissimo gol che ha sbloccato la partita contro il Belgio, e la sua valutazione di 65 milioni di euro, 5 in più del compagno di squadra Alessandro Bastoni, che pure è sceso in campo in una sola partita contro il Galles. Ci sono i napoletani Lorenzo Insigne e Giovanni Di Lorenzo, due titolarissimi dell'undici di Roberto Mancini. Il primo gode della fiducia e stima del nuovo allenatore del Napoli, Luciano Spalletti, ma da domani sarà alle prese con una non semplice trattativa sul rinnovo di contratto con il presidente Aurelio De Laurentiis, e non è detto che il suo marchio di fabbrica, il destro a giro che ci ha fatto gioire prima contro la Turchia e poi contro il Belgio, non attragga l'attenzione di altri club: il valore del cartellino sfiora i 50 milioni di euro. Il secondo, invece, non dovrebbe rientrare in trattative di mercato, ma è chiaro che la valutazione di 24 milioni con cui ha cominciato il torneo è salita almeno a quota 30. Il club che più di tutti si sta fregando le mani è il Sassuolo. Tra i 26 eroi di Wembley tre sono di proprietà della squadra emiliana. Manuel Locatelli, acquistato dal Milan tre anni fa per 14 milioni, dopo un grande Europeo da protagonista, specialmente nella fase a gironi dove ha sostituito in maniera brillante Marco Verratti segnando anche una doppietta contro la Svizzera, è ormai pronto a fare il salto di qualità e garantire al Sassuolo una discreta plusvalenza. Prima di Euro 2020 la sua quotazione era di 35 milioni. L'ad Giovanni Carnevali ha fatto sapere a più riprese alle squadre interessate, tra tutte la Juventus, che ne servono almeno 40 per portarlo via. Stesso discorso può essere applicato a Domenico Berardi: l'esterno offensivo, che aveva cominciato benissimo con assist e giocate decisive nelle prime partite, si è visto pian piano ridurre lo spazio in favore di Chiesa, ma al momento importante di trasformare uno dei cinque rigori contro l'Inghilterra si è fatto trovare pronto e ha risposto presente. Valeva 35 milioni e ora il Sassuolo ne chiede almeno 45-50. Su di lui si erano fatte le voci di un interesse del Liverpool e del Milan. Infine c'è Giacomo Raspadori. Il giovane attaccante classe 2000 ha giocato appena 16 minuti contro il Galles, ma ha già gli occhi dell'Inter addosso. Vale 15 milioni, ma il Sassuolo non ha intenzione di venderlo in questa finestra di mercato. Ci sono poi due calciatori che giocano all'estero il cui valore era già alto e che se qualcuno vorrà provare ad acquistare dovrà fare i conti con un rialzo non indifferente: si tratta di Marco Verratti, centrocampista in forza al Paris Saint-Germain e quotato 55 milioni, e Jorginho, fresco campione d'Europa sia con il Chelsea che con la Nazionale azzurra, e valutato 50 milioni, cifra destinata a salire.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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