
Nella lista di chi ha incassato dimenticandosi di restituire ci sono Luca Parnasi e il gruppo Fusillo, ma anche Tandoi e Dierreci. Un dissesto certificato da Bankitalia già nel 2016.Fino al 2016, stando alle ispezioni di Bankitalia, il board della banca Popolare di Bari è stato molto molle sui tempi e sulle modalità di rientro delle esposizioni. «La gestione è improntata a tolleranza», ammonivano i detective bancari. Come nel caso dei Fusillo, che hanno lasciato un buco stimato in 140 milioni di euro. A loro la banca arrivò ad affidare nel corso degli anni 400 milioni tra le varie Maiora, Fimco e Soiget, le società del gruppo amministrate dai cugini Emanuele, Giovanni e Giacomo, sotto l'esperta guida di Vito, il capostipite della holding barese, fratello di Nicola, ex sottosegretario e dalemiano di ferro. I Fusillo hanno dimostrato di avere un peso notevole sul board della Popolare di Bari. In una recente perquisizione, disposta dai magistrati nelle sedi delle società del gruppo e in quelle della Bpb, i magistrati spiegano che è necessario approfondire «la disponibilità di banca Popolare di Bari a sostenere finanziariamente il piano di risanamento in corso di redazione, mediante l'erogazione di nuova finanza [...]. Gli atti in questione impongono la necessità, all'evidente fine di investigare sulle cause dell'attuale situazione di dissesto nonché sui mezzi impiegati per portare a compimento operazioni distrattive, di acquisire presso il principale creditore, Bpb (esposto nei confronti del gruppo Fusillo per oltre 140 milioni di euro), ogni documentazione relativa alla genesi e alle successive fasi dei rapporti». Ma, proprio come per la holding barese, gli ispettori rilevarono che con alcuni gruppi come Bari Editrice e Luca Parnasi (l'imprenditore indagato per aver foraggiato in modo illecito associazioni vicine alla Lega e al Partito democratico), da parte del Consiglio d'amministrazione si presentavano «profili di debolezza». Quell'anno, coincidenza, fu messo alla porta Vincenzo De Bustis, il banchiere dalemiano che prima di approdare alla Bpb mise in fila anche operazioni considerate spericolate, come quella di Banca 121. Chiamato dal padre padrone dell'istituto, Marco Jacobini, sulla poltronissima da direttore generale, ne è uscito nel 2016, per essere richiamato a fine 2018 come consigliere con deleghe. E così, incaglio dopo incaglio e una sofferenza dietro l'altra, nei conti della Bpb si sono creati grossi buchi. Poi voragini. Tanto da attirare l'attenzione della magistratura che, con sette inchieste giudiziarie, sta cercando di far luce sul crac del colosso bancario del Sud. Una di queste indagini ipotizza che ci siano stati concessi finanziamenti a imprenditori che non avevano fornito adeguate garanzie. Lo dimostrerebbero le sofferenze, che per il 2016, scoprirono gli ispettori di Bankitalia, ammontavano a 888.068.000 per banca Popolare di Bari e a 688.130.000 per Tercas, la banca di Teramo acquisita da Bpb nel 2014. Ma non erano solo le sofferenze a spaventare. Anche i crediti concessi ad aziende in difficoltà, quelle che in slang bancario vengono definite a incaglio, hanno numeri da capogiro: 603.911.000 di euro di inadempienze probabili e 141.939.000 di euro di crediti che alla data di scadenza non sono stati ancora pagati. Tra le situazioni più gravi segnalate nel 2016, ossia tra le perdite per le posizioni in sofferenza, c'era il gruppo Tandoi, dei fratelli Filippo e Adalberto. La banca si è esposta per 3.748.000 euro. Le perdite che Bankitalia prevedeva ammontavano a 2.999.000 euro. Avevano creato una filiera del grano Senatore Cappelli tra la provincia di Bari e Matera, ma andarono in difficoltà con un progetto: il pastificio Cerere. Uno dei due fratelli, Filippo, tentò di riparare lanciandosi in politica: nel 2013 si candidò senza successo al Senato in una lista denominata Con Monti per l'Italia. I Tandoi, insomma, quanto a risultati politici, non riuscirono a raggiungere i Fusillo. Ma sono riusciti ad avere, come i Fusillo, un peso notevole con la banca.Complicata, stando all'analisi di Bankitalia, era in quel momento anche la posizione dell'impresa di costruzioni meccaniche edili: 2.237.000 di affidamenti. Perdite previste per 1.162.000 euro. Con un altro colosso dell'edilizia, la Aedilia costruzioni Spa, la Popolare di Bari si era esposta per 3.246.000 euro. Gli ispettori prevedevano un buco da 2.181.000. Per le posizioni a incaglio, invece, nel 2016 venivano segnalate la Calatrava: 1.485.000 euro di esposizione e 1.427.000 di sofferenze. E la Gam Spa, con 3.000.000 di esposizione contro 613.000 di sofferenze previste. Tra i titoli ormai scaduti, invece, viene segnalata la Scaraggi veicoli industriali: 2.509.000 di esposizione e 1.469.000 di sofferenza. Tra le cifre più alte affidate, gruppo Fusillo a parte, c'è quella per la Impidue college, una Srl immobiliare: 27.425.000 di affidamenti e 6.391.000 di «probabile inadempienza». Segue il Gruppo Nitti con 12.856.000 di euro di esposizione e 5.161.000 di «probabile inadempienza». Anche per Tercas le posizioni in sofferenza vengono passate sotto la lente dagli ispettori di Bankitalia. Dierreci costruzioni Srl in liquidazione, per esempio, ha ottenuto 32.595.000 euro e in quel momento contava 21.740.000 euro di sofferenza. I vertici dell'impresa, che aveva un capitale sociale misero (10.000 euro), finirono in un'inchiesta giudiziaria per una distrazione di fondi che, a sentire i magistrati, «avrebbe contribuito al dissesto della banca». Altro potenziale buco in quel momento era previsto per la Isoldi Spa in liquidazione, una società finita a gambe all'aria nel 2015, con la quale la Tercas si era esposta per 30.517.000 euro. Gli ispettori di Bankitalia prevedevano un mancato rientro per oltre 17 milioni di euro. Andò male anche con Parco delle stelle Srl, un'imponente sala ricevimenti andata in crisi, alla quale Tercas aveva affidato 17.576.000 euro. La previsione di buco era fissata a 11.289.000 euro.
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Giusi Bartolozzi (Ana)
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