2018-12-24
Tutti i luoghi dove la Croce costa la vita
Dalle leggi anti conversione di Delhi, alle strane sparizioni di chi è sorpreso a pregare in Africa, al pizzo che è imposto dai narcos alle parrocchie: nel mondo, sono 215 milioni i cristiani perseguitati, per cui le feste possono trasformarsi in una strage. Ma loro: «Siamo pronti a morire per Cristo».Per noi Natale è luci e regali. Per loro è andare a messa sapendo che qualcuno potrebbe farli saltare in aria. Da noi, certi sacerdoti si vergognano di fare il presepe. Loro testimoniano la fede anche con la vita.Nel mondo ci sono, dice l'ultimo rapporto della Onlus Open doors, 215 milioni di cristiani perseguitati. Uccisioni, rapimenti, stupri, chiese bruciate, croci demolite, fedeli internati nei gulag, conversioni forzate. Eppure, le vittime mostrano un coraggio sovrannaturale. Alla Verità lo dimostra padre John Bakeni, della diocesi di Maiduguri, nel Nord Est della Nigeria, dove imperversano gli islamisti di Boko Haram: «Noi non abbiamo paura. La nostra fede in Cristo è incrollabile. Siamo pronti a morire per Lui».Don Mario Alexis Portella, sacerdote di New York, cancelliere della Curia di Firenze e autore del libro Islam: religion of peace?, ha richiamato l'attenzione sul vero significato del motto islamista «Allahu Akbar»: non «Allah è grande», ma «Allah è il più grande», cioè l'islam è superiore e l'infedele va assassinato. Non a caso, i Paesi islamici sono tutt'altro che tolleranti con i cristiani. Ma gli abusi passano pure per il nazionalismo indù, o per l'ateismo di Stato imposto da Cina e Corea del Nord (il Paese in cui, secondo Open doors, è più pericoloso essere cristiani).In Somalia e Tagikistan c'è un divieto esplicito di celebrare il Natale. Nel Brunei, festeggiarlo può costare cinque anni di prigione. In Arabia Saudita, sebbene il principe Mohammad Bin Salman assicuri di voler garantire libertà di culto, i cristiani sono sottoposti a fortissime pressioni. Con la scusa della «propaganda» di una fede diversa da quella maomettana, possono essere imprigionati, percossi, condannati a morte. Per questo, Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), l'agenzia vaticana che stila un report annuale sulla situazione dei cristiani nel mondo, ha definito quelli voluti da Bin Salman «cambiamenti superficiali e cosmetici». In Egitto i cristiani copti sono esposti a rapimenti con richieste di riscatto e le parrocchie sono prese di mira dagli attentatori. È successo la domenica delle Palme del 2017 ad Alessandria (due attacchi, 44 morti). E il 12 dicembre scorso a Minya, dove un poliziotto che doveva sorvegliare una chiesa ha trucidato due fedeli. In Iran, ad agosto, dodici cristiani sono stati imprigionati per la loro fede. Persino il Libano, considerato un esempio di armonica coesistenza tra confessioni diverse, inizia a ribollire. L'arcivescovo maronita Simon Atallah aveva riferito ad Acs che i rifugiati musulmani provenienti dalla Siria hanno vandalizzato i simboli cristiani: «Profanano croci, statue della Vergine Maria e così via. Sono stati anche dipinti sui muri degli slogan anticristiani». Nel frattempo, Hezbollah sta acquistando terreni per i coloni sciiti. Un'alterazione demografica rovinerebbe il fragile equilibrio su cui si regge il Paese dei cedri.Una nota di speranza arriva dalla Siria, martoriata dalla guerra civile e dalla barbarie dell'Isis. Ne parla alla Verità frate Firas Lutfi, un francescano in missione ad Aleppo. «Questo Natale respiriamo un clima più sereno e siamo ottimisti per il futuro. Certo, l'economia è bloccata e le infrastrutture sono distrutte, Donald Trump ha annunciato il ritiro delle truppe e la Turchia si prepara ad attaccare i curdi. Noi comunque confidiamo nella Provvidenza», dice il religioso. «Negli ultimi anni intere famiglie, qui ad Aleppo, sono state martoriate dalle granate dei jihadisti». La rivolta contro Bashar Al Assad ha lasciato macerie. «Assad si era fatto garante della libertà di culto. Se serve un cambiamento? Lo decida la gente, ma, soprattutto, sia un cambiamento per il meglio: per ora l'alternativa è tra lui e i jihadisti».Per tanti nostri fratelli nella fede, questo sarà un Natale negato. I cristiani, in certe zone del mondo, saranno bersagli. D'altronde, è del sangue dei martiri che vive la Chiesa.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)