2020-02-15
L’unica crisi di Renzi è da fame di poltrone
Cosa vuole il leader di Italia viva? Rompere e andare all'opposizione non gli conviene, votare men che meno. Dietro il suo trambusto sulla prescrizione non ci sono battaglie ideali, ma la smania di avere più caselle per il suo partitino nelle prossime nomine di Stato.Che vuole Renzi? In questi giorni sono in molti a chiederselo, perché le mosse adottate dall'ex presidente del Consiglio non si possono definire né lineari né comprensibili. Da un lato, il fondatore di Italia viva dice di voler difendere lo stato di diritto, e dunque il principio costituzionale secondo cui tutti i cittadini sono innocenti fino a che non siano stati condannati con sentenza definitiva. Per questo egli dichiara di non accettare il cosiddetto lodo Conte sulla prescrizione, in quanto discriminerebbe gli imputati in base alle sentenze di primo grado. Gli innocenti con sentenza provvisoria potrebbero veder correre la prescrizione, mentre i condannati in attesa d'appello se la vedrebbero congelata. Secondo Renzi, la prescrizione non può essere abolita, semmai si dovrebbero sveltire i processi, cosa che nessuno, nemmeno lui nonostante sia stato per due anni al governo, è riuscito a fare. Nel frattempo, cioè in attesa che la bega nella maggioranza finisca, che cosa si decide? Di tenere in vita la legge Bonafede che la prescrizione la abolisce. Insomma, Renzi è contro la riforma che non fa sparire i reati dopo un certo numero di anni, ma allo stesso tempo ferma l'emendamento che correggeva, seppur maldestramente, la riforma. Un testacoda difficile da spiegare. Infatti, fuori dal Parlamento non ci sta capendo niente nessuno e nemmeno i pasdaran renziani riescono a spiegarlo al popolo.Ma davvero l'ex premier minaccia la crisi di governo sulla prescrizione? Davvero è pronto a sfidare tutti a rischio di andare alle elezioni se la maggioranza non accetta di modificare la Bonafede? Ma ovvio che no. Se oggi si dovesse votare, Italia viva raccoglierebbe secondo i sondaggisti fra i 3 e il 5 per cento, cioè una percentuale appena sufficiente a entrare in Parlamento, con il risultato che il fu segretario del Pd vedrebbe dimezzate le sue truppe, che scenderebbero da una quarantina fra deputati e senatori a circa una ventina. Si dice: ma Renzi potrebbe allearsi con Carlo Calenda, Emma Bonino e forse anche con qualche rimasuglio di Forza Italia. Come è noto, in politica ogni capriola è possibile, perfino quella su cui si fantastica. Ma in genere la somma di partiti non dà mai lo stesso risultato, nel senso che di solito non è a saldo zero. Ammettiamo però che tutti insieme appassionatamente, l'ex presidente del Consiglio e i compagni, riescano ad arrivare al 7 o 8 per cento. E poi che cosa farebbero? Pensate davvero che tipi fumantini come Renzi e Calenda, che si detestano, poi andrebbero d'accordo? Passato un mese dalle elezioni finirebbero per suonarsele di santa ragione, perché essendo prime donne vorrebbero entrambi salire sul palco e avere il posto migliore. Sì, insomma, durerebbero giusto il tempo di fare la campagna elettorale.Torniamo dunque alla domanda iniziale: che vuole Renzi e perché si agita tanto? Dicono i bene informati che il fondatore di Italia viva voglia uscire dalla maggioranza perché è convinto che restare attaccato al carro di Palazzo Chigi lo logori. In pratica, starebbe facendo tutto ciò per farsi sostituire da un gruppo di responsabili e stare all'opposizione, in modo da poter attaccare il governo ogni volta che vuole e sfruttare la rendita di posizione. Ovviamente tutto è possibile, ma premesso che sparare sulla casamatta di Conte è un mestiere che Matteo Salvini sa fare molto bene e quindi si rivelerebbe un pericoloso concorrente, stare fuori con il 4 per cento ha degli svantaggi e il primo è quello di non contare niente. Sicuri che Renzi voglia rinunciare a sedersi a tavola con i grandi per spartirsi la sua fetta di potere? Quando uscì dal Pd fondando un nuovo partito, si disse che l'ex segretario voleva mettere bocca sulle nomine e non lo voleva fare per interposta persona. Appropinquandosi l'ora di sostituire o confermare i manager di una serie di partecipate dello Stato, Renzi voleva poter decidere quale fosse la sua quota di poltrone. Sì certo, ci sono le idee e i principi, ma in politica queste sono chiacchiere buone per i gonzi, perché dietro alle frasi perentorie schierate a difesa di una linea politica ci sono i posti e le pedine da piazzare. Sicuri che Renzi rinunci a tutto e anche al banchetto che si allestirà nei prossimi mesi? Forse il suo strillare e battere i pugni sul tavolo serve solo a far alzare il prezzo della sua permanenza al governo, ossia punta soltanto a poter reclamare al momento opportuno una fetta di torta più grande di quanto gli spetti in base ai parlamentari. Sì, insomma, è un gioco politico, una grande partita con molti interessi.E però, al di là di queste considerazioni e delle manovre renziane, c'è una novità e consiste nell'uomo che sussurra alle orecchie di Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio, nell'ora in cui è sotto attacco, non ha come suggeritore Grillo, Di Maio o il capo dello Stato. No, l'uomo che lo consiglia è una vecchia conoscenza della politica, ossia Massimo D'Alema, il quale oltre ad avere una buona conoscenza del Palazzo (è stato premier e ministro degli Esteri) ha, come Conte, un buon motivo per odiare Renzi. Come il premier, anche l'ex lìder Maximo, sa che della parola del capo di Italia viva non ci si può fidare, perché prima o poi ti frega. Dunque, lo spettacolo è destinato a continuare.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)