2018-05-09
Tutte le mosse di Mattarella per impedire il voto a luglio
Il capo dello Stato ha stiracchiato le consultazioni con l'intento di rosolare Lega e M5s e chiudere le finestre elettorali. Neppure oggi darà l'incarico per il governo. L'obiettivo è rinviare le urne fino alla primavera del 2019.Oggi o, quasi certamente, domani Sergio Mattarella farà il nome del traghettatore a cui intende affidare il compito di tirarci fuori dalle secche con un governo «neutrale». Come detto, l'esecutivo nasce morto, perché Lega e 5 stelle non hanno alcuna intenzione di salirvi a bordo e dunque è destinato ad andare presto a fondo. Tuttavia ciò non significa che si andrà a votare presto, come invece continuano a insistere sia Luigi Di Maio che Matteo Salvini, i quali parlano addirittura di elezioni ai primi di luglio. Sul Colle il capo dello Stato e i suoi principali collaboratori non ci pensano proprio ad aprire i seggi con il solleone e sono al lavoro per scongiurare il voto sotto l'ombrellone, ipotesi che reputano una sciagura. Non è vero, come ha dato a intendere il presidente della Repubblica, che la decisione di quando votare spetta ai partiti, i quali devono scegliere responsabilmente. Da furbacchione qual è, l'inquilino del Quirinale sa che l'ultima parola tocca a lui e, da uomo di poche chiacchiere, la pronuncerà più tardi possibile. Del resto, per convincersene, basta dare un'occhiata al calendario delle consultazioni dell'ultimo mese. Mattarella è andato talmente piano nell'ascoltare segretari e capigruppo da sembrare quasi fermo. Tutti scrivono che i partiti ci hanno fatto perdere più di due mesi di tempo, ma in realtà anche il Quirinale ha dato una mano. Già, perché se il 24 di marzo, con l'elezione di Roberto Fico, il Parlamento ha cominciato a operare, causa vacanze pasquali il primo giro (...) di consultazioni è cominciato solo il 4 aprile. La Resurrezione cadeva l'1 e Pasquetta il 2, dunque già il 3 si poteva ascoltare ciò che avevano da dire le forze politiche. Ma il capo dello Stato non ha voluto approfittare dello choc da rientro per mettere nel sacco i vari leader e così si è arrivati a concludere il valzer delle delegazioni il 5. Già si era capito che la maggioranza non c'era, ma per non forzare la mano il presidente si è preso una pausa, lasciando che la situazione decantasse. Come si sa, il weekend porta consiglio e se poi ci si attacca anche il venerdì è meglio. Per non affrettare la decisione, però, Mattarella ha preferito consentire che i partiti riflettessero anche il lunedì, il martedì e il mercoledì. E così eccoci arrivati al 12 di aprile. Due giri di chiacchiere con Giorgio Napolitano e Maria Elisabetta Alberti Casellati ed è accertato per la seconda volta che la maggioranza non c'è.A questo punto il capo dello Stato è rimasto altri quattro giorni a pensare e poi ha preso tra le mani la situazione e l'ha messa in quelle della presidentessa del Senato e dei suoi quattro nomi. Nel frattempo, il calendario segnava il 18 aprile e perciò l'inquilina di Palazzo Madama non è stata a dormirci sopra e già il 20 restituiva la patata bollente al legittimo proprietario. Il presidente il 23 aprile, dopo alcune notti insonni, scaricava a sua volta l'incandescente tubero addosso a Roberto Fico, il panettiere di Montecitorio, al quale spettava il compito di aprire il secondo forno: quello con il Pd. Il 26 aprile, con le mani leggermente ustionate per via dei contributi che la sua compagna non avrebbe pagato alla colf, il presidente della Camera restituiva al mittente il pacco, lasciando però aperto lo spiraglio di una collaborazione con il Pd.Il Partito democratico, a questo punto, doveva convocare la direzione e dunque non si poteva decidere così su due piedi. Perciò il Colle ha concesso altro tempo, che Matteo Renzi ha usato subito per bombardare ogni ipotesi di alleanza con i 5 stelle. Il 3 maggio, Maurizio Martina ha certificato che non c'era alcuno spazio per dare vita a un esecutivo con i grillini in quanto a Renzi non piaceva. Fine dei giochi? Macché, in fondo era solo il 3 di maggio. Risultato: altro weekend di riflessione, con l'aggiunta ovviamente del venerdì, altrimenti come si fa a pensare. Lunedì 7 si ricomincia con le consultazioni. Però veloci, perché altrimenti si fa tardi. Sul far della sera, quando la maggior parte delle famiglie siede a tavola, ecco spuntare un pallido Mattarella, il quale comunica quello che gli italiani già sanno e cioè che il governo non c'è. Adesso, pensano tutti con il cucchiaio in mano, ci dirà a chi dà il mandato per un esecutivo di tregua. E invece no, il presidente frega tutti. Dice che farà un governo neutrale, ma lascia il mistero su chi lo dovrà guidare. Forse lo svelerà mercoledì? No. Forse dopodomani? Sì, vada per giovedì. Così il prescelto avrà tempo per ponderare venerdì e il weekend, presentandosi lunedì al Quirinale con i compiti fatti, pronto a giurare e a essere impallinato. Verso il 19, fine settimana permettendo, si potrebbe votare la fiducia, che nel caso non ci fosse comporterebbe la salita al Colle del presidente del Consiglio trombato e le dimissioni.A questo punto Mattarella potrebbe provare a consultarsi ancora un poco prima di sciogliere le Camere. In tal modo, Montecitorio e Palazzo Madama non potrebbero essere smobilitate prima della fine di maggio e dunque le elezioni slitterebbero a fine luglio, periodo non indicato pena il rischio di trovare una fila di bagnanti in infradito e mutande da bagno davanti ai seggi: uno spettacolo orribile, che darebbe una pessima immagine del nostro Paese. Risultato, non resta che votare in autunno, ma come è noto a ottobre non si può perché ci sono il bilancio e l'aumento dell'Iva da schivare (ma non poteva pensarci Gentiloni, invece di scaldare la sedia? No, perché per non rincarare la tassa sui consumi bisogna escogitare altre tasse e in campagna elettorale è sconsigliato). Quindi si arriva a dicembre, che poi non è dicembre, ma febbraio o, meglio, marzo, il periodo che piace di più a Mattarella e forse ai perdenti, i quali confidano di avere il tempo di tirarsi su nei sondaggi. Ah: dimenticavamo. Nel frattempo, a dare una mano al Colle, ha fatto capolino lo spread, come ai bei tempi di Napolitano e Berlusconi.Ps. Se il capo dello Stato a fine aprile avesse affidato l'incarico, mandando il nuovo governo alle Camere, in caso di sfiducia già la prossima settimana sarebbe stato possibile scioglierle e 45 giorni dopo sarebbero state tecnicamente fattibili le elezioni. Anzi, forse questo è ancora possibile, ma Mattarella non ci pensa proprio. Forse spera ancora in un accordo per fare un governo. Con calma.
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.