2018-12-17
Trump ha pronta la nuova strategia in Africa: contenere la Cina e mangiarsi Macron
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John Bolton, il Consigliere per la sicurezza nazionale, ha annunciato un mutamento nei rapporti tra lo Zio Sam e il Continente Nero. L'obiettivo? Cercare di arginare la crescente influenza economica e geopolitica di Pechino. Non potendo agire direttamente, l'obiettivo è crescere di sponda, occupando aree di influenza francese.Gli Stati Uniti si preparano a una nuova strategia in Africa. In occasione di un discorso tenuto alla Heritage Foundation, il National Security Advisor, John Bolton, ha infatti annunciato un mutamento nei rapporti tra lo Zio Sam e il Continente Nero. L'obiettivo? Cercare di arginare la crescente influenza economica e geopolitica di Cina e Russia in questo territorio. L'idea è, in sostanza, quella di riorganizzare le risorse investite, giocando proattivamente.«Gli Stati Uniti non forniranno più assistenza indiscriminata in tutto il continente, senza focus o priorità», ha dichiarato Bolton. Nel corso del 2017, il governo americano ha impiegato 8,7 miliardi di dollari in aiuti per l'Africa. Risorse che, secondo il consigliere, si sono rivelate fondamentalmente sprecate. «Sfortunatamente, miliardi di miliardi di dollari dei contribuenti americani non hanno raggiunto gli effetti desiderati. Non hanno fermato il flagello del terrorismo, del radicalismo e della violenza». In questo senso, non sono mancati attacchi a Russia e Cina: i veri bersagli del discorso di Bolton. «Le pratiche predatorie perseguite dalla Cina e dalla Russia ostacolano la crescita economica in Africa, minacciano l'indipendenza finanziaria delle nazioni africane, inibiscono le opportunità per gli investimenti statunitensi, interferiscono con le operazioni militari statunitensi e rappresentano una minaccia significativa per gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti». Insomma, la nuova strategia vorrebbe puntare meno sull'assistenzialismo e maggiormente su investimenti e – soprattutto – incremento degli scambi commerciali. Senza dimenticare gli sforzi nel contrasto al terrorismo locale. Il tutto, privilegiando in particolare determinati Paesi. Un punto essenziale della nuova strategia è infatti quello di bloccare gli aiuti americani verso quegli Stati africani che, alle Nazioni Unite, tendono generalmente a votare contro interessi e risoluzioni dello Zio Sam. Nella fattispecie, i Paesi che hanno votato meno a fianco degli Stati Uniti risultano lo Zimbabwe, il Burundi e il Sudafrica. Insomma, la svolta sembra ormai dietro l'angolo. Una svolta probabilmente preparata anche dal viaggio che la first lady, Melania Trump, ha recentemente compiuto in Africa.Il punto sarà tuttavia capire in che modo gli Stati Uniti vogliano effettivamente muoversi. Perché, sotto questo aspetto, c'è qualche punto interrogativo. Innanzitutto, non sono esattamente chiari gli obiettivi in seno alla stessa amministrazione americana, perennemente contesa tra istanze realiste e ambizioni neocon (di cui, guarda caso, Bolton, è un fervido sostenitore). E comunque, più in generale, bisogna capire l'efficacia di questa nuova strategia. Se, da una parte, gli Stati Uniti sembrano finalmente riconoscere l'Africa come il centro della geopolitica futura, dall'altra è altrettanto indubbio che, rispetto ai concorrenti, hanno accumulato molto ritardo. Negli ultimi anni, Pechino ha sostenuto numerosi investimenti nel continente: sotto il profilo militare ed economico. Senza poi dimenticare l'incremento del proprio soft power, finanziando borse di studio per studenti africani, partecipando a missioni di pace in Mali e Sud Sudan e mandando propri tecnici e scienziati per risolvere problematiche locali di natura socio-economica. Si pensi solo che – come rileva Bloomberg – quando la Costa d'Avorio ha indetto una gara d'appalto per costruire un ponte sulla laguna nel suo centro commerciale di Abidjan, dieci delle diciotto società che hanno espresso interesse sono state aziende cinesi o comunque legate a Pechino. Nessuna di esse proveniva invece dagli Stati Uniti. Il presidente cinese, Xi Jinping, ha recentemente annunciato d'altronde che gli investimenti della Repubblica Popolare in Africa raggiungeranno ben presto la quota di sessanta miliardi di dollari.In tutto questo, la Russia non sta a guardare. Non disponendo delle ingenti risorse finanziarie di America e Cina, Mosca ha infatti scelto una via autonoma (e pragmatica): puntare sugli uomini forti presenti nei territori ricchi di materie prime ed instaurare un rapporto meno arrogante con le realtà locali, rispetto a Washington e Pechino. Non a caso, la Russia starebbe tra l'altro pianificando di ospitare il primo summit tra Russia e Africa il prossimo anno, a cui dovrebbero partecipare circa cinquanta leader africani. Ed è proprio il settore dell'approvvigionamento energetico a muovere il Cremlino in questa direzione. Una direzione che, nel breve termine, potrebbe inasprire non poco le relazioni con Pechino.Insomma, in questo complicato quadro, gli Stati Uniti riscontrano una certa difficoltà a muoversi. E questo non perché, in generale, non siano presenti sul continente. Ma, più concretamente, perché la loro presenza, in questi anni, non sembra aver seguito una strategia precisa e coerente, restando al contrario confusa e poco lineare. Ora, l'annuncio di Bolton sembra voler cambiare le cose. Difficile, come abbiamo visto. Ma neppure impossibile. Anche perché, oltre a Russia e Cina, Trump dovrà fare probabilmente i conti anche con un altro nemico: la Francia di Emmanuel Macron.Nonostante ormai parecchio indebolita rispetto a un tempo, Parigi continua a mantenere un ruolo fondamentale in svariati Stati africani: un ruolo che non è affatto esagerato definire neocoloniale, visto che la Francia domina ancora oggi di fatto le sue ex colonie sia in termini monetari che di sfruttamento delle materie prime. Una politica neocoloniale che – va ricordato – rappresenta una delle principali cause delle ingenti migrazioni africane verso l'Europa. Anche se Macron – al di là di alcuni proclami fumosi – sulla questione ha sempre fatto orecchie da mercante, in nome di una convenienza tuttavia sempre più minacciata dall'espansione cinese. Espansione cui il governo francese sta cercando di reagire, aumentando il budget dedicato alla politica africana.