2025-04-08
L’appello del tycoon agli americani: «Niente panico, siate coraggiosi»
The Donald tiene la barra dritta e invita i cittadini a resistere alla tempesta: «Il risultato sarà la grandezza». Poi torna a criticare gli errori di Biden. E alla stampa dice: «Serviva una medicina, noi più forti dei mercati».Nessun passo indietro da parte di Donald Trump. I dazi rimangono, nonostante il tonfo delle Borse. «Gli Stati Uniti hanno l’opportunità di fare qualcosa che avrebbe dovuto essere fatto decenni fa», ha scritto il presidente Usa su Truth, la sua piattaforma social. «Non siate deboli! Non siate stupidi! Non siate dei “panican” (nuovo partito di persone deboli e stupide!). Siate forti, coraggiosi e pazienti, e il risultato sarà la grandezza!». Il messaggio, dunque, rimane lo stesso: la turbolenza ora è necessaria, ma avrà effetti positivi in futuro. «Abbiamo enormi deficit finanziari con la Cina, l’Unione europea e molti altri», ha dichiarato il tycoon in un altro post pubblicato nella notte italiana tra sabato e domenica. «L’unico modo per risolvere questo problema è con i dazi, che stanno già portando decine di miliardi di dollari negli Stati Uniti. Sono già in vigore ed è una cosa bellissima da vedere. Il surplus di questi Paesi è cresciuto durante la “presidenza” di Sleepy Joe Biden. Lo invertiremo, e lo faremo rapidamente. Un giorno la gente capirà che i dazi, per gli Stati Uniti d’America, sono una cosa davvero bellissima!».Può davvero la prima potenza mondiale permettersi di tenere la barra dritta di fronte ai cosiddetti «mercati»? Una domanda che, nel Vecchio continente, sembra assurda. Di fronte al panico, The Donald ha risposto con una carrellata di dichiarazioni in cui fa leva sul coraggio e sulla necessità delle misure avanzate, evidenziando alcuni dati positivi. «I prezzi del petrolio sono in calo», ha scritto in un ulteriore messaggio su Truth, «i tassi di interesse sono in calo (la Federal reserve, che si muove lentamente, dovrebbe tagliare i tassi!), i prezzi dei generi alimentari sono in calo, non c’è inflazione e gli Stati Uniti, a lungo sfruttati, stanno incassando miliardi di dollari a settimana, grazie ai dazi già in vigore applicati ai Paesi che ne hanno approfittato». «Tutto questo», ha aggiunto, «nonostante il fatto che il più grande sfruttatore di tutti, la Cina, i cui mercati stanno crollando, abbia appena aumentato i suoi dazi del 34%, in aggiunta ai suoi già assurdi dazi a lungo termine, ignorando il mio avvertimento ai Paesi che abusano di noi di non reagire. Hanno guadagnato abbastanza per decenni, approfittandosi dei buoni vecchi Usa! I nostri passati “leader” sono da biasimare per aver permesso che questo, e tanto altro, accadesse al nostro Paese. Rendiamo l’America di nuovo grande!».I dazi, dunque, sono la cura di cui ha bisogno un’America ammalata di deindustrializzazione e deficit commerciale. «A volte è necessario assumere farmaci per curarsi», ha detto Trump nella notte italiana ai giornalisti a bordo dell’Air Force One. «Che cosa succederà ai mercati non sono in grado di dirlo. Ma il nostro Paese è molto più forte», ha aggiunto. Il presidente americano, alla domanda su quale fosse la soglia di caduta del mercato, ha risposto in questi termini: «Penso che la sua domanda sia stupida. Non voglio che vada giù nulla. Ma a volte devi prendere delle medicine per risolvere qualcosa». Sempre dall’aereo presidenziale ha poi spiegato di voler risolvere il deficit con la Cina, l’Ue e le altre nazioni, e che molti sarebbero pronti a negoziare. «L’Europa ha fatto una fortuna con noi», ha continuato, «ci ha trattato molto molto male», ma «stanno venendo al tavolo. Vogliono parlare, ma non si parla se non ci pagano un sacco di soldi su base annuale». Il tycoon, inoltre, non crede che l’aumento dei prezzi «sarà un grosso problema». Durante il primo mandato «non abbiamo avuto inflazione», ha sottolineato. In un altro post su Truth, il più recente in ordine cronologico, il presidente Usa se l’è presa con Pechino. «La Cina ha introdotto dazi di ritorsione del 34%», ha dichiarato, «in aggiunta al suo già record di dazi, ai dazi non monetari, alla sovvenzione illegale di aziende e alla massiccia manipolazione valutaria a lungo termine, nonostante il mio avvertimento» secondo cui chiunque avesse reagito «contro gli Stati Uniti imponendo dazi aggiuntivi» sarebbe immediatamente stato «soggetto a nuovi e significativamente più alti dazi, superiori a quelli inizialmente stabiliti». Il tycoon ha poi dichiarato che se la Cina non ritirerà le nuove tariffe entro oggi gli Stati Uniti imporranno dazi aggiuntivi del 50%, in vigore già da domani. «Inoltre», ha concluso, «tutti i colloqui con la Cina relativi alle riunioni da loro richieste saranno interrotti! I negoziati con gli altri Paesi che hanno anch’essi richiesto incontri inizieranno immediatamente».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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