2018-08-10
Truffe sui centri profughi a Padova: finisce indagato pure il viceprefetto
Pasquale Aversa è accusato di aver favorito una coop che si arricchiva con i migranti. Con lui anche una ex funzionaria e i responsabili dell'organizzazione già al centro di altre inchieste.Che qualcosa non stesse andando per il verso giusto nella gestione dei profughi in Veneto lo avevano capito anche i sassi. Il business dei migranti negli ultimi quattro anni era finito tutto in mano ad un'unica cooperativa, nata per occuparsi di tutt'altro, che - plurindagata e spesso alla ribalta nazionale per le proteste dei richiedenti asilo ospitati nelle strutture - aveva continuato ad aggiudicarsi bandi milionari. Tanto da passare in un baleno da un fatturato modesto a diversi milioni di euro di entrate annue.Forse solo i più maliziosi, però, erano arrivati ad ipotizzare un sistema di corruttela così diffuso da arrivare a coinvolgere anche funzionari della Prefettura. Invece, a quanto pare, era proprio da lì che prendeva il via il business da capogiro. La procura di Padova ha iscritto nel registro degli indagati, con diversi capi di accusa che vanno dalla turbativa d'asta alla corruzione, alla truffa, al falso e rivelazione di segreti d'ufficio il vicario della Prefettura di Padova, Pasquale Aversa (già commissario ad Abano dopo che il Comune vene sciolto per mafia ndr), e una ex funzionaria, Tiziana Quintario. Assieme a loro, coinvolti nell'inchiesta, ci sono anche i responsabili della cooperativa sociale Ecofficina Educational già al centro di altre inchieste sullo stesso tema: il presidente Gaetano Battocchio, Sara Felpati, sua vice, Simone Borile, gestore ufficiale dei centri e un consulente del lavoro.La storia, più o meno, è sempre la stessa. Il vice prefetto e la funzionaria, approfittando della loro posizione, avrebbero favorito la cooperativa, chiudendo un occhio sulla quantità di ospiti, avvisando i responsabili quando stava per arrivare una ispezione e costruendo bandi ad hoc.Per citare solo alcuni degli episodi finiti nell'indagine «il 12 luglio del 2016 il vicario fece informare Borile di una ispezione presso l'hub Bagnoli di Sopra programmata per le 15 del giorno successivo», il 29 settembre sempre Borile, «venne messo al corrente che il sindaco di Bagnoli aveva chiesto all'Ausl di effettuare un controllo al centro» e la verifica «fu rinviata grazie alle autorità della prefettura». Sempre secondo gli inquirenti, inoltre, Aversa, avrebbe anche «fatto in modo che nel centro dell'ex caserma Prandina risultassero ospitati 40 migranti mentre ce n'erano in realtà 77». Oltre ad Aversa, un ruolo chiave, nella crescita esponenziale del giro d'affari della cooperativa, deve averlo avuto anche l'ex funzionaria indagata, quella che Borile chiamava “la mia donna in prefettura". Gli inquirenti sospettano che siano stati confezionati bandi ad hoc per favorire la coop. In particolare l'inchiesta farebbe riferimento ad un bando del 2016 da circa 20 milioni di euro, tarato su misura per un solo vincitore.Comunque sia, Ecofficina, che nel frattempo ha cambiato nome in Edeco, ha davvero in mano l'intero business profughi in Veneto.Il suo è quasi un marchio di fabbrica: ad Oderzo (Treviso) ha preso in gestione l'ex caserma Zanusso e l'ha riempita fino all'orlo di immigrati, chiudendo il muro di cinta e trasformandola in un fortino al quale anche le autorità locali hanno divieto d'accesso, a Padova, si è occupata, tra mille polemiche, della centralissima caserma Prandina quando era stata trasformata in un centro di accoglienza, arrivato alla ribalta delle cronache per una presunta storia di prostituzione che aveva coinvolto sei nigeriane richiedenti asilo che fornivano sesso in cambio del voucher settimanale e che poi sono state allontanate. A Bagnoli (Padova) Edeco gestisce l'hub in cui, lo scorso febbraio, è scoppiata una rivolta dei richiedenti asilo che, appoggiati da una delegazione di Liberi e Uguali, hanno denunciato intollerabili condizioni di vita e, infine, Ecofficina è anche la cooperativa che si occupa del centro profughi di Cona definito, dalla delegazione ministeriale che lo ha visitato, una «bomba sociale», con 1400 persone ammassate in strutture provvisorie nelle campagne tra Padova e Venezia.
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco