2019-12-04
Troppi sospetti pendono su Giuseppi. È il momento che dia delle spiegazioni
I documenti che dimostrerebbero il presunto conflitto di interessi dell'ex avvocato del popolo sono lampanti. Fossimo nel sistema americano, si porrebbe una questione di opportunità evidente. Ma per lui va bene così.Avete presente quei film americani dove l'avvocato difensore interroga i giurati per capire se sono indipendenti o se hanno dei pregiudizi nei confronti del suo assistito? Certo, lì siamo nella giustizia penale e per di più il sistema è quello d'oltreoceano e non ha nulla a che fare con il nostro, che è pieno di cavilli e di furbizie. Tuttavia, se cito i tribunali a stelle e strisce è solo per far capire che a volte anche le sfumature di un collegio sono importanti e, in qualche caso, addirittura determinanti. Ora prendete la vicenda che vede coinvolto il presidente del Consiglio prima che diventasse capo del governo. Nel 2001 Giuseppe Conte era un avvocato e un professore associato di buona e riconosciuta capacità. E per questo il Garante della privacy gli diede l'incarico di patrocinare una causa contro la Rai. Come spesso capita, il futuro premier non fu però il solo legale cui venne affidata la difesa, perché l'authority guidata da Stefano Rodotà volle che anche un avvocato di chiara fama si occupasse della faccenda e la scelta cadde su Guido Alpa. Si dà il caso che in quelle stesse settimane l'avvocato e docente universitario Guido Alpa abbia chiesto di far parte della commissione d'esame che doveva mettere in cattedra un nuovo professore ordinario all'università di Firenze. Alpa fu nominato commissario e, insieme con altri quattro docenti della commissione giudicatrice, qualche mese dopo scelse fra i diversi candidati del concorso proprio Giuseppe Conte, ossia il giovane legale che il Garante della privacy aveva incaricato assieme a lui di occuparsi della causa contro la Rai.Fin qui si potrebbe liquidare la questione come se si trattasse di una curiosa coincidenza. Ma sulla base di un'inchiesta condotta dalle Iene, spuntano una serie di particolari di non secondaria importanza che vado ad elencare. Fino all'altro ieri si sapeva che ad un certo punto Alpa e Conte avevano condiviso o quasi lo stesso studio. Uno sotto e l'altro sopra, nello stesso edificio, ma con attività separate. Ora si scopre - per stessa ammissione del premier - che sono stati coinquilini, hanno avuto la stessa segreteria e hanno ricevuto una sola lettera di nomina in cui entrambi sono citati. Tutto ciò prima che il professor Alpa giudicasse l'altro, cioè Conte, idoneo a diventare professore ordinario.Il presidente del Consiglio, intervistato dal giornalista delle Iene, si difende negando l'incompatibilità e dicendo che questo «non significa nulla», perché è cosa comune che ci siano più avvocati in un collegio di difesa e anche se i legali condividono la stessa segretaria e stanno sotto lo stesso tetto non è detto che siano associati, cioè che ci sia una compartecipazione economica nell'attività professionale. Questo vuol dire solo che Conte aveva lo studio dentro lo studio di Alpa, ma non era un suo socio e ognuno pagava la propria quota di spese, senza avere conti in comune. «Non troverete una parcella insieme», ha ripetuto più volte Giuseppi. Si dà però il caso che, dopo aver detto tutto ciò davanti alle telecamere delle Iene (ma in parte questo lo aveva anche messo per iscritto in una lettera a Repubblica nei giorni del suo insediamento a Palazzo Chigi), il giornalista della trasmissione televisiva di Italia 1 gli abbia tirato fuori un progetto di parcella, ossia uno di quei conti che gli avvocati inviano prima di emettere la notula fiscale. E quel documento è su carta intestata Alpa-Conte, fa riferimento alla causa del Garante della privacy contro la Rai e prevede il pagamento su un unico conto, quello di Guido Alpa in un'agenzia bancaria di Genova, dove il professore aveva e ha uno studio. In sostanza, per quella tutela legale esercitata dall'avvocato Giuseppe Conte prima di diventare docente, a essere pagato nel 2009 è stato il solo Alpa, ossia colui che pochi mesi dopo essere stato incaricato di difendere il Garante, decise, insieme con altri quattro, che il futuro premier era idoneo a fare il professore ordinario. Il presidente del Consiglio, incalzato dalle domande del giornalista delle Iene, risponde con consumata abilità, dicendo che l'inviato non capisce, che è normale patrocinare insieme, che non era un associato di Alpa, che non si è fatto pagare perché non è venale, eccetera eccetera. Tutto nella norma insomma. «È normale che lei sia stato giudicato da un suo coinquilino?», gli chiede però a bruciapelo il collega. Sì, per Conte pare di capire che sia normale e probabilmente lo è. Perché non c'è nulla di illegale se il presidente del Consiglio fosse stato valutato da un commissario in conflitto di interessi, perché altri quattro professori lo avrebbero comunque promosso. Tuttavia, a prescindere dall'indipendenza o dal pregiudizio, in America basta un leggero sospetto per chiedere la sostituzione di un giurato. Ma lì, appunto, siamo nel diritto penale e soprattutto negli Stati Uniti, dove anche l'opportunità fa pendere la giustizia da una parte o dall'altra. Qui siamo in Italia e l'opportunità non è un concetto giuridico, dunque nulla che Conte possa apprezzare.