2023-10-27
C’è un giudice a Trieste: annullate le sanzioni ai portuali anti green pass
Il magistrato ha demolito i provvedimenti che punivano i colleghi di Stefano Puzzer. Chi partecipò allo sciopero si beccò getti degli idranti e procedimenti disciplinari.«Per noi è una vittoria agrodolce», dice Nicola Sponza, avvocato difensore degli undici portuali di Trieste cui sono state annullate le sospensioni comminate dall’azienda per le assenze dal lavoro. Il giudice del lavoro del Tribunale di Trieste, Paolo Ancora, ha annullato la sanzione disciplinare inflitta ai dipendenti dall’azienda Adriafer per le assenze per sciopero contro l’obbligo della certificazione verde Covid 19: quelle sanzioni erano illegittime. La sentenza è un buon risultato per i lavoratori che, oltre al danno dell’obbligo di green pass, avevano anche dovuto subire la sospensione dal lavoro e le trattenute sullo stipendio. Erano i giorni delle grandi proteste di ottobre 2021 contro il green pass per poter lavorare: dopo la manifestazione di Roma del 9 ottobre e le contestazioni scoppiate in molte città italiane, il malcontento, diffuso in tutta Italia, aveva attirato il 15 ottobre 2021 nel capoluogo friulano migliaia di cittadini da tutta Italia e si era concluso con una pesante censura da parte delle forze dell’ordine, che utilizzarono gli idranti contro cittadini anche anziani per soffocare la protesta: a Roma, del resto, s’invocava il «pugno duro». Le conseguenze di quelle terribili giornate non consistettero soltanto nel blocco di qualsiasi reazione di dissenso e nel Daspo al lavoratore portuale Stefano Puzzer - colpevole di aver piazzato in piazza del Popolo a Roma un banchetto di protesta anti green pass con le foto di Mario Draghi e papa Francesco - ma anche la sospensione dal lavoro e il mancato pagamento dei giorni di assenza per chi aveva aderito allo sciopero. Per alcuni di loro, l’astensione dall’attività era durata 5 giorni, per altri 10: l’assenza fu considerata non giustificata da parte dell’azienda. Che ora attenderà la deposizione delle motivazioni della sentenza per valutare un eventuale ricorso. Perché questo scontento, a fronte della sentenza? «La nostra vittoria ha un gusto agrodolce», spiega l’avvocato Sponza, «nel senso che già il fatto di dover arrivare davanti al giudice del lavoro per far dichiarare illegittime delle sanzioni disciplinari è di per sé una sconfitta, anche perché queste sanzioni sono apparse da subito eccessive». In effetti, di quale reato erano accusati i lavoratori colpiti? «C’era uno sciopero, hanno aderito, tutto qui». Siamo dunque arrivati al punto che in Italia non è neanche più garantito il diritto di sciopero? «Guardi», replica Sponza, «non si è mai visto. Io ho cercato, ho fatto una ricerca giurisprudenziale ma non c’è casistica, o meglio, bisogna ritornare alla casistica degli anni Settanta». Come avete fatto a convincere il giudice? «Non possiamo dire nulla perché bisogna attendere 60 giorni per avere le motivazioni della sentenza», spiega l’avvocato, «posso però dire che noi abbiamo contestato tre problematiche rilevate dall’azienda. La prima è che lo sciopero fosse illegittimo. Ci hanno anche accusato di aver organizzato manifestazioni non autorizzate, ma non erano manifestazioni, era uno sciopero! Che poi migliaia di cittadini siano giunti da tutta Italia per darci sostegno, non è certo imputabile agli undici lavoratori sospesi». Cos’altro vi hanno contestato? «Il danno all’azienda», riferisce Sponza, «nel senso che hanno detto che i miei assistiti, avendo partecipato allo sciopero, avevano causato all’azienda danni d’immagine e di calo di movimentazione del traffico conseguenti allo sciopero. Premesso», chiosa Sponza, «che in piazza non c’erano solo i lavoratori ma decine di migliaia di persone da tutta Italia, è sconcertante affermare che uno sciopero “crei un danno”: il diritto non crea un danno, altrimenti non esisterebbe il diritto di sciopero. E’ un diritto costituzionale». Interessanti anche le considerazioni sul green pass: «Noi in terza battuta», spiega l’avvocato, «abbiamo fatto presente che i lavoratori avevano dichiarato all’azienda di non essere in possesso del green pass e quindi, essendo impossibilitati a prestare lavoro, in forza della legislazione speciale dell’epoca il lavoratore non poteva essere sanzionato disciplinarmente». In effetti il Dl che istituiva il green pass, rendendolo obbligatorio a partire dal 15 ottobre 2021 per poter lavorare, stabiliva che il lavoratore che non era in possesso di certificazione verde veniva sospeso con trattenuta di retribuzione ma non poteva essere sanzionato disciplinarmente.«Ai danni delle sanzioni inflitte si è aggiunto anche il danno economico e professionale che c’è stato dietro a questi provvedimenti: oltre alle giornate non retribuite, i lavoratori hanno perso altri premi e trattamenti, senza considerare che la sospensione è l’ultima sanzione conservativa prima del licenziamento. Questo significa che se dovessero nuovamente sorgere dissidi tra i lavoratori e l’azienda, sarebbero considerati una “recidiva” e potrebbero portare al licenziamento». Ai lavoratori che si erano schierati contro il green pass non rimane neanche il sindacato: «E’ stato estromesso da tutto», racconta Sponza, «gli è stata revocata la rappresentatività e quindi il diritto di stare ai tavoli, di fare contrattazioni, di avere le trattenute sindacali e quindi ad oggi il sindacato è vuoto, senza iscritti». Una vittoria davvero amara, insomma.