
La nomina ufficiale è arrivata in Cdm, però del consiglio di amministrazione non c'è traccia. Il che, in teoria, potrebbe gettare un'ombra di legittimità sui suoi atti. Intanto lui ha avviato la riorganizzazione dell'Istituto.Il Consiglio dei ministri più difficile dei gialloblù è scivolato via lasciando aperti tutti i nodi dei decreti. Si è limitato a definire il successore di Giorgio Toschi al vertice della Gdf, decidendo per Giuseppe Zafarana. Ha poi infilato il nome del successore di Daniele Franco, optando per l'interno Biagio Mazzotta che da giugno sarà il nuovo Ragioniere generale dello Stato. Un colpo da maestro di Giuseppe Conte, che ha approfittato del totale marasma, per incoronare Mazzotta (che è anche presidente di Sogei) e fare contento il Quirinale. Una casella sulla quale né Lega né 5 stelle hanno toccato palla. A differenza della terza e ultima nomina approvata dal cdm di lunedì sera. Pasquale Tridico è ufficialmente diventato presidente dell'Inps con la benedizione di Luigi Di Maio. Un atto formale? Più o meno. Il Parlamento ha dato l'ok. Ma l'incarico è arrivato in solitaria, senza la nomina del consiglio di amministrazione, come invece aveva previsto il decreto di quota 100 che conteneva il comma di riorganizzazione dell'istituto pensionistico. Finché il ministero del Lavoro non avvierà la definizione del cda, Tridico rimarrà uomo solo al comando (esattamente quanto la Lega aveva promesso di risolvere) entrando in una terra sconosciuta. I suoi atti rischiano il profilo di nullità? D'altronde è difficile essere presidenti di un cda senza altri membri da presiedere. Al momento il governo avrebbe trovato una scappatoia: Tridico rimane anche commissario. In questo modo l'uomo del reddito di cittadinanza dovrebbe bypassare l'impasse amministrativa. Sempre che qualcuno non sollevi particolari eccezioni di legge. Il diretto interessato, dal canto suo, non sembra avere alcuna fretta di coordinare nessun cda. D'altronde al contrario del predecessore, Tito Boeri, che non ha trovato la strada spianata, Tridico sta già maneggiando l'Inps con una certa sicurezza. I bene informati lo definisco iper presente e attento anche al ruolo di direttore generale. Tanto attento che a tratti sembra sovrapporsi alle attività di Gabriella Di Michele, che al contrario (probabilmente proprio su indicazioni di Boeri), l'ha preso per mano per i primi tour guidati dell'istituto. E questo già settimane prima della scadenza del professore della Bocconi. Una attenzione che non sembra però averlo garantito l'inclusione del cerchio stretto del neo presidente. Certo, fra un po' si discuterà di riconferme. E allora vedremo che voti darà Tridico alla elevata preparazione della Di Michele. Intanto, la riorganizzazione dell'Inps su impronta grillina procede a marce forzate. Nell'ultima conferenza dei direttori Tridico ha espresso le sue linee di indirizzo. Ha espresso valutazioni non proprio positive sull'operato di Boeri e sulla situazione delle procedure informatiche. Il neo presidente sembra già molto sicuro della macchina e chi criticava Boeri per le posizioni politiche dovrà ripensare alle critiche. Nel senso che non sono servite granché. L'attuale risponde solo a una parte della politica e sulle materie di lavoro e assistenza è lui è dettare la linea ai 5 stelle. Non solo a livello teorico. Basti pensare alla posizione sostenuta più volte a favore del salario minimo. «Sono favorevole al salario minimo integrato con la contrattazione collettiva», ha detto lo scorso 8 maggio in commissione Lavoro al Senato, spiegando che «il 22% dei lavoratori si trova sotto la soglia dei 9 euro l'ora e l'11% è sotto i 7 euro» e la «frammentazione sindacale rende necessario un intervento di diverso tipo». Per Tridico, «il diritto del lavoro e la contrattazione collettiva nascono come elementi anti concorrenziali», ora invece «si fa contrattazione per diminuire i salari». Interessante, se non fosse che dovrebbe essere il ministro del Lavoro a occuparsene. Invece, Di Maio su questi temi sembra destinato a rimanere in scia. Sempre nell'ultima conferenza dei direttori, Tridico ha formalmente annunciato la riorganizzazione dell'Inps. Con divisioni che prima non esistevano e una politica del personale rinnovata. La punta di diamante della riforma sarà la Direzione centrale per la Povertà. Una divisone che si occuperà del contrasto all'indigenza, un modo per amalgamare le politiche 5 stelle e trovare un punto di caduta a metà strada tra il reddito di cittadinanza, le pensioni di cittadinanza e il salario minimo. Che c'azzecca con le pensioni da lavoro? Evidentemente la nuova Inps si occuperà sempre meno di contributi e sempre più di erogazioni. Una cattiva notizia per chi lavora e viene spremuto di tasse. La riorganizzazione è al suo inizio ma, con il sostegno politico di Di Maio, il rischio di nullità degli atti sembra farsi sottile sottile, come gli assegni contributivi del futuro.
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.
Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?
Ansa
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.
Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.
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Dopo il Ponte tocca ai Giochi. Per il gip sarebbe «incostituzionale» il decreto con cui il governo ha reso «ente di diritto privato» la Fondazione Milano-Cortina. Palla alla Consulta. Si rifà viva la Corte dei Conti: la legge sugli affitti brevi favorirà il sommerso.
Da luglio la decisione sembrava bloccata nei cassetti del tribunale. Poi, due giorni dopo l’articolo della Verità che segnalava la paralisi, qualcosa si è sbloccato. E così il giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha accolto la richiesta della Procura di Milano e ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale il decreto legge del governo Meloni che, nell’estate 2024, aveva qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come «ente di diritto privato». La norma era stata pensata per mettere la macchina olimpica al riparo da inchieste e blocchi amministrativi, ma ora finisce sotto la lente della Consulta per possibile incostituzionalità.
Il ministro della giustizia libico Halima Abdel Rahman (Getty Images)
Il ministro della giustizia libico, Halima Abdel Rahman, alla «Verità»: «L’arresto del generale dimostra che il tempo dei gruppi armati fuori controllo è finito e che anche la Rada deve sottostare al governo di Tripoli». Pd e M5s attaccano ancora l’esecutivo. Conte: «Italia umiliata».
Il caso di Osama Almasri Anjim, arrestato e rinviato a giudizio delle autorità libiche ha scatenato una dura polemica politica fra governo e opposizione. L’ex capo di una delle più potenti milizie di Tripoli a gennaio scorso era stato rimpatriato con un volo di Stato dopo essere stato arrestato in esecuzione di un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Il governo aveva motivato il suo allontanamento con la pericolosità del soggetto, che era stato accolto a Tripoli da centinaia dei suoi fedelissimi con bandiere e scariche di kalashnikov.






