2019-12-02
Tria ammette il tradimento sul Mes
Colpe scaricate su Giuseppe Conte: «Toccava a lui parlare con i suoi vice». L'avvertimento di Paolo Gentiloni: «Compromesso già raggiunto». «Di Maio mostri dignità e faccia cadere il governo». La leader di Fdi Giorgia Meloni: «Se davvero è contro il nuovo meccanismo di stabilità come dice, ritiri la fiducia, i numeri in Parlamento li ha». Lo speciale comprende due articoli. Se Giuseppe Conte è «l'avvocato che patteggia l'ergastolo per il suo cliente» (copyright Giulio Tremonti), Giovanni Tria è il testimone che fa condannare pure l'avvocato. Ieri i due ex ministri erano ospiti di Lucia Annunziata, a Mezz'ora in più su Rai3. Ma mentre Tremonti ha giocato all'attacco, sparando a palle incatenate contro il Mes («Una galleria di orrori fabbricata da élite di tecnici e da gente interessata. Abbiamo pagato più di altri, devono smetterla») e ha invitato a fermarsi («Non firmare il Mes, ultimo di una catena di errori e orrori. Sospendere il tutto, discutere sul futuro dell'Europa. L'Europa è una casa comune, non una banca comune»), chiarendo opportunamente che «fermare la revisione del Mes non comporta niente», Tria è stato sulla difensiva per tutto il tempo, essenzialmente preoccupato di proteggere sé stesso («Non mi sento un traditore»), anche se l'ex ministro è incappato in un lapsus notevole: «Altrimenti non avrei tradito». Lapsus freudiano a parte, Tria ha cercato di rivendicare a proprio merito dei presunti miglioramenti nel negoziato («Le critiche erano condivise da tutti, ma il negoziato sul Mes ha eliminato i punti di pericolo che c'erano») al punto che, nel racconto dell'ex titolare del Mef, Conte si congratulò con Tria. Va notato che un impreciso live tweeting della trasmissione sull'account @mezzorainpiu ha sovrapposto e unito due distinte risposte di Tria, combinandole in un'unica frase mai pronunciata in questi termini dall'ex ministro, ma che a quel punto è stata ripresa da molte agenzie di stampa («Matteo Salvini all'inizio aveva ragione, ma il negoziato ha eliminato i punti su cui non era d'accordo»), quasi accreditando un coinvolgimento del leader leghista. Che invece non c'è stato, come vedremo subito. E infatti nella «testimonianza» televisiva di Tria ci sono state almeno due clamorose scivolate, che rendono ancora più difficile l'intervento di oggi di Giuseppe Conte in Parlamento. La prima, quando Tria ha testualmente detto, riferendosi a Salvini e a Luigi Di Maio: «I viceministri non erano miei viceministri ma di Conte, quindi non dovevo avvertirli io della trattativa», di fatto ammettendo di non aver informato i due leader politici sull'andamento e sull'esito del negoziato, e scaricando ogni responsabilità su Conte. La seconda scivolata si è verificata quando, imbarazzatissimo, Tria ha balbettato un «in Consiglio dei ministri non se n'è parlato perché non è quello il luogo». Anche qui, un assist involontario a Salvini e Di Maio, ma un autogol rispetto a sé stesso (e a Conte), considerando invece l'esplicita risoluzione parlamentare che vincolava il governo al momento della trattativa. Nel corso della domenica, intanto, è proseguito il tentativo - non propriamente glorioso, come vedremo - di alcune figure che si erano esposte con critiche forti verso il Mes di ricalibrare la propria posizione, per riallinearsi ai desiderata di Berlino, Parigi e Bruxelles. La correzione di tiro meno riuscita pare quella di Bankitalia, che difficilmente potrà far dimenticare l'espressione «enorme rischio» testualmente usata alcuni giorni fa dal governatore Ignazio Visco. In compenso, da Palazzo Koch si alimentano retroscena (ieri il più vistoso sulla Stampa) per mettere toppe, con virgolettati anonimi provenienti da Via Nazionale per dire che Visco «non ha mai espresso un giudizio negativo sulla riforma». Su tutto questo ha agevolmente maramaldeggiato su Twitter il corrispondente della Reuters Gavin Jones: «Che disastro! Vedo solo imbarazzanti contorsioni lessicali e di logica da parte di Visco e/o Bankitalia». E ancora, confrontando il recente discorso di Visco con le successive correzioni: «Nel discorso Visco parla in modo chiaro di una cosa chiara. Poi lui e/o Bankitalia sostiene che parlava di qualcos'altro. Imbarazzante, appunto». Ha in qualche modo tenuto il punto invece, intervistato dal Corriere della Sera, il presidente dell'Abi Antonio Patuelli, che nei giorni scorsi si era spinto a ventilare uno stop all'acquisto dei titoli di Stato italiani da parte delle banche. Pressato sui presunti benefici del fondo, Patuelli non è andato oltre un poco rassicurante: «Speriamo». E invece ha sottolineato tutti i rischi connessi alla cosiddetta «ponderazione», cioè all'introduzione di una valutazione dei rischi dei titoli di Stato («Si ritroverebbero etichettati con un livello di rischiosità»). Chi infine non ha cambiato versione, ma solo perché è da sempre allineato ai diktat Ue, è Paolo Gentiloni, che alla sua prima intervista da commissario in carica, sentito sempre dal Corriere, ha parlato come un commissario tedesco, presentando la discussione come già conclusa, e addirittura escludendo che la Commissione possa proporre un compromesso rispetto al testo attuale: «Il compromesso è stato raggiunto nel giugno scorso. E non c'è alcun motivo tecnico o politico per definire quell'intesa un rischio per l'Italia». E, per chi non avesse ancora capito, l'avvertimento finale: «Non vedo ragioni che possano spingere un singolo Paese a bloccare l'intesa». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tria-alla-fine-confessa-il-tradimento-sul-mes-in-cdm-non-ho-detto-nulla-della-trattativa-2641488515.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="di-maio-mostri-dignita-e-faccia-cadere-il-governo" data-post-id="2641488515" data-published-at="1758062682" data-use-pagination="False"> «Di Maio mostri dignità e faccia cadere il governo» Tutto esaurito per L'Italia che pensa in grande, incontro organizzato ieri a Bologna da Giorgia Meloni per parlare di imprese, lavoro, infrastrutture. Un'occasione per trattare anche i temi caldi di questi giorni, come il Mes. «Aspetto che il premier venga a smentire il ministro dell'Economia», dice alla Verità, «altrimenti dovrà spiegare perché ha svenduto gli interessi degli italiani e in cambio di cosa. Su questo sarò molto chiara in Aula (oggi, ndr) e mi aspetto risposte altrettanto chiare». Paolo Gentiloni dice che non ci sono rischi sul fondo salva Stati. Lei si fida? «Sulla difesa degli interessi degli italiani Gentiloni non è il mio punto di riferimento». Il governo cadrà sul Mes? «Dovrebbe, nel senso che se Luigi Di Maio ha un briciolo di dignità questo è il momento in cui lo deve dimostrare. Basta proclami, i numeri in Parlamento li ha, se non vuole il Mes, come dice, ritiri il sostegno del M5s al governo. Basta fare i pagliacci, basta dire una cosa e farne un'altra. Se vuole essere coerente Di Maio ha una grande occasione per dimostrare dignità». Bocciando il Mes l'Italia non rischia di essere tagliata fuori dall'Europa? «No. Siamo uno dei Paesi fondatori, primo contribuente netto in rapporto al Pil, senza di noi l'Ue non esiste, lo sanno tutti. Dobbiamo chiedere che vengano rispettati i nostri interessi. Quando le nostre banche sono andate in default le abbiamo salvate con i soldi degli italiani. Ora mi si deve spiegare perché se le banche tedesche vanno in default devono pagare sempre gli italiani. Se l'Unione europea ha fatto una politica che andava contro i crediti deteriorati e non contro i derivati è stato proprio per favorire le banche tedesche. C'è un disegno per cui qualcuno è un europeo di serie A e qualcuno di serie B. Noi vogliamo essere di serie A e ci aspettiamo un governo che dica questo». Cosa prevede la sua contromanovra? «La legge di bilancio del governo giallorosso è tutta deficit e nuove tasse, con uno Stato che agita le manette. È il contrario di quel che serve, ovvero abbassare le tasse, mettere i soldi spesi in deficit sugli investimenti e dare libertà di impresa. Abbiamo presentato oltre 500 emendamenti al Senato non per fare ostruzionismo, ma per disegnare una manovra fatta di crescita, lavoro e libertà». Cosa chiederà al premier che oggi riferirà sul Mes? «Di non sottoscrivere la riforma, perché trasformerebbe il fondo salva Stati in un fondo salva banche tedesche. La ristrutturazione del debito mette le banche italiane a rischio default, che pagherebbero i correntisti. I tedeschi riuscirebbero così a far ripagare il debito italiano con i risparmi degli italiani». Lei vuole anche abolire il reddito di cittadinanza. «Il reddito di cittadinanza non ha prodotto nemmeno un posto di lavoro, ha al massimo mantenuto le persone nella loro situazione di difficoltà. Ogni giorno si legge di criminali e truffatori che lo percepiscono, e ora lo stanno allargando per includere più immigrati. Uno Stato giusto deve dare assistenza a chi non può lavorare, mentre per gli altri l'unico modo di combattere la povertà è consentire alle aziende di assumere». Lei chiede anche il versamento di una cauzione di 30.000 agli extracomunitari che aprono un'impresa. «Vediamo imprese cinesi che proliferano e ci siamo chiesti se queste persone sono più brave degli italiani che continuano a chiudere. La riposto è no. Molti sanno che gli stranieri aprono e chiudono le aziende prima che lo Stato cominci a fare i controlli e quindi senza versare un euro di tasse, dopo di che spariscono perché essendo extracomunitari sono molto più difficili da trovare. Si calcola che solo a Prato l'evasione delle aziende cinesi sia di oltre 1 miliardo l'anno. Noi abbiamo fatto una proposta che esiste in altri Paesi europei: se sei un extracomunitario e vuoi aprire un'impresa, lo puoi fare ma devi versare a titolo cauzionale 30.000 euro che poi piano piano ti detrarrò dalle tasse. Vediamo se a parità di condizioni gli extracomunitari continueranno ad aprire mentre gli italiani chiudono». Si tornerà al voto? «Prima o poi la democrazia arriva. Penso che arriverà prima e sarà implacabile».