2023-04-02
In Trentino la Pasqua porta con sé il miracolo enologico del vino santo
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Garda Trentino - Valle dei Laghi - Madruzzo - Azienda Agricola Pravis (L.Rotondo). Nel riquadro Locanda al Castello - Vino Nosiola (C.Kerber)
Fino all’8 aprile l’evento che celebra la Nosiola. Che in questi giorni diventa passito.Tra i passiti trentini, oltre al Vino Santo, ci sono altri due gioielli come il Moscato Rosa e il Moscato Giallo. Scopriamone le caratteristiche e gli abbinamenti che vanno dallo Zelten ai formaggi stagionati.Lo speciale contiene due articoli.La disputa è antica quanto il vitigno: la o il Nosiola? Ah, saperlo... Sta di fatto che lungo le vigne della valle dei Laghi, paesaggio d’incanto che risale dal Garda verso il Bondone e le Dolomiti del Brenta inanellando otto specchi di Venere che è culla della Nosiola, la declinazione è femminile e così anche nella campagna di Toblino, diventa maschile da Lavis e verso la val di Cembra. Non servirà a dirimere la disputa neppure la nuova edizione di DivinNosiola (Gardatrentino.it/eventi/divinnosiola), fino all’8 aprile, che racconta il fascino di questo vino bianco. Se vinificato «fresco» è delicato, color del sole, con sfumature di fiori bianchi al naso e al palato ha un finale ammandorlato incantevole che ne giustifica il nome. È vino identitario quanti altri mai: con i pesci di lago, con i formaggi molli, con i canederli ben sostenuti dal Trentingrana, la Nosiola porta sulla tavola il profumo di una natura elegante e piena: quella delle valli trentine, quella in particolare della valle dei Laghi. Nel bicchiere la Nosiola sembra il sole che si specchia nel Lago di Terlago, nei laghi di Lamar o nello specchio di Cavedine e nelle acque di Toblino. Questi sono i giorni in cui la Nosiola diventa protagonista di un miracolo enologico: si fa vino santo. L’ingrediente primo è la sacralità del tempo che pare modellare questo - per dirla con Galileo Galilei - «umor del sole che si fa vino». È uno dei più rari tra i passiti italiani, certo il più definito nella sua identità, prezioso per la produzione scarsa, appena il 10% della Nosiola è destinato all’appassimento e solo i grappoli di maggior pregio e in una ristrettissima zona di produzione. Le uve di Nosiola raccolte a settembre giacciono sulle arele - sono graticci di canna - fino alla settimana della passione di Cristo. È forse l’appassimento più lungo del mondo: sei mesi abbondanti in cui le uve baciate dall’Ora, il vento caldo che sale dopo mezzogiorno dal Garda, rinfrescate dalle arie dolomitiche si disidratano per conoscere sul finire di questo tempo di riposo l’insorgere della botrytis, la muffa nobile che fa nobilissimi i vini passiti. La pressatura che si fa di solito tra il martedì e il Venerdì santo estrae da un quintale d’uva non più di 16-18 litri di mosto, che vanno in fermentazione lentissima nei caratelli di rovere. Riposa lì il vino per sei, otto, dieci anni prima di andare in bottiglia dove prima del consumo sosta ancora ad armonizzarsi non meno di un anno. Quando si risveglia nel bicchiere è quasi una liturgia di resurrezione. Il colore è ambrato, lucente; al naso l’esplosione di sensazioni è sfumatura di pesca e albicocca, si evolve in sentori di frutta secca, di dattero, solletica i sensi con un refolo di miele cotto, di ambra. Al palato è incantevole: dolce sì, ma non stucchevole, rotondo, pieno, quasi grasso. Eppure mantiene un’invidiabile freschezza che ne allunga la degustazione e offre dei ritorni sostenuti su note ancora mielate, con leggera affumicatura. Compiutamente armonico, di grande equilibro, se ne comprende ai sensi la nobiltà, la ricchezza, la rarità. Questo giustifica un prezzo consistente, ma perfettamente equilibrato rispetto al valore che rende giustizia dello sforzo che fanno i produttori, pochi e abilissimi, per compiere il «miracolo del vino santo».Per comprendere appieno il processo di produzione, le inflessioni di degustazione di questo gioiello dell’enologia trentina DivinNosiola offre diversi appuntamenti in quello che si può definire a buona ragione il tempio di questo passito: la Casa caveau del vino santo a Padergnone (Trento), dove fino all’8 aprile sono previsti degustazioni, concerti, incontri con i produttori. Le degustazioni consentono anche di imparare ad abbinare il vino santo con i dolci tradizionali (magnifico lo sposalizio con lo zelten), ma pure con i formaggi erborinati, con i formaggi duri, i paté di fegato e di selvaggina. Un’ulteriore esperienza è accostarsi alla grappa di vino santo. Si fa con le uve passite una volta pressate (in maniera soffice) ed è una delle acqueviti in assoluto più rare. Come lo spirito delle montagne.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/trentino-pasqua-enologico-vino-santo-2659713603.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-dolcezze-in-vigna-dei-passiti-trentini" data-post-id="2659713603" data-published-at="1680412430" data-use-pagination="False"> Le dolcezze in vigna dei passiti trentini La vigna del Trentino regala gioielli in bottiglia incastonati tra le montagne. Tutti conoscono il Trentodoc, lo spumante in prevalenza a base di Chardonnay ma si fa anche un ottima produzione di blanc de noir con Pinot Nero e con Pinot Meunier, che è diventato sinonimo di qualità assoluta. La collezione dei vitigni autoctoni di questo magnifico territorio è ricca e variegata: dal Teroldego al Marzemino, dal Muller Thurgau alla Nosiola per citarne e alcuni e tornare con la Nosiola al Vino Santo che è il vino dei questi giorni. Non già perché si degusta a Pasqua, anche se con i dolci che imbandiscono la festa è impeccabile, ma perché è questa la settimana di vinificazione delle uve che sono state raccolte a settembre e che dopo oltre sei mesi di appassimento vengono ammostate durante la settimana santa, da qui il nome di Vino Santo. Ci sono però nel panorama enologico del trentino altri due passiti egualmente rari. Appartengo alla famiglia dei moscati, vitigni peculiari italiani, da cui si ricavano i migliori vini dolci d’Europa. Sono il Moscato giallo e il Moscato Rosa. Tutti e tre sono ovviamente vino Doc. E’ giusto considerare sempre a proposito del Vino Santo che le uve vengono attaccate dalla Botrytis il che rende straordinario questo vino capace di rivaleggiare (e vincere) con i Sauternes francesi considerati i vini da fine pasto più versatili del mondo. Ebbene basta provare gli abbinamenti possibili del Vino Santo e degli altri suoi due cugini trentini per demolire questa presunta grandeur enologica. Il Vino Santo oltreché con i dolci tradizioni è perfetto con i formaggi erborinati e no. Cominciamo a degustarlo con un Trentingrana stravecchio, può tranquillamente sposare un Canestrato, un Monte Baldo, una Vezzena o ancora un Puzzone stravecchio, un caprino erborinato o un Fiemme stravecchio o allo zafferano. Uscendo dai confini locali perfetto l’abbinamento con l’Asiago stravecchio, il Provolone, il Gorgonzola; sono tutti formaggi che esaltano il fascino degustativo del Vino Santo che è in armonia anche con paté di fegato o di selvaggina.Il Moscato Giallo ha una sorta di patria di elezione in Vallagarina, in Valle di Gresta, ma rare vigne si trovano in tutto il Trentino. Viene vinificato fresco e dà un vino di un giallo paglierino, agrumato, con ritorni vegetali al gusto. Va accompagnato con formaggi freschi, carni bianche, pesci come la trota, piatti vegetali. Il massimo il Moscato Giallo lo dà però nella versione dolce. Viene ottenuto facendo appassire i grappoli in pianta (di solito la vendemmia si fa a ottobre inoltrato, ma ultimamente alcuni produttori lasciano i grappoli fino alla prima neve per ottenere da moscato giallo degli ice-wine) più si fa pressatura molto soffice e una vota ammostato si lascia in fermentazione lenta. C’è chi lo fermenta direttamente in legno di terzo passaggio per arrotondarlo, ma il Moscato Gallo ha nella freschezza e nell’ immediatezza la sua più “preziosa” caratteristica. Tant’è che può essere se servito attorno ai dieci gradi anche un ottimo aperitivo. Va a nozze con tutto ciò che è frutta. Al naso offre infatti le caratteristiche aromatiche dei Moscato (sensazione muschiata, quasi ananas, leggero sostegno agrumato ed erbaceo officinale) e in bocca è gentile, mai stucchevole, fresco e croccante. Perfetto con lo strudel, con i dolci alle nocciole con il gelato alla crema con le crostate di frutti purché non si usino confetture di frutti rossi. Con un krapfen è un corroborante assoluto.Il Moscato Rosa è ancora più raro del Giallo. E’ detto anche Moscato delle Rose e questo già basta a spiegarne il fascino. Si può dire che il vino dolce dell’Adige perché le sue vigne si concentrano soprattutto nei terreni lungo il fiume. La ragione è che ha bisogno di calore per maturare bene e la dolcezza delle arie dell’Adige in alternanza con le brezze fredde di montagna concentrano i profumi dell’uva. E’ un vino complesso ottenuto da due vendemmie. La prima si fa a settembre e una parte delle uve viene messa ad appassire in fruttaio un'altra parte dei grappoli si lascia in pianta fin oltre metà novembre. Al momento della seconda vendemmia si fa la pressatura soffice di tutte le uve che vengono lasciate in fermentazione lunga in acciaio. Il colore del vino è cerasuolo, il bouquet intensissimo di rosa canina, di leggera prugna cotta, con venature di spezia tra la noce moscata e la cannella. Al palato è un vino pieno rotondo e fresco di dolcezza evidente ma non stucchevole. Le sue caratteristiche lo rendono ubico nell’abbinamento con i dolci tipo la torta di rose, le crostate con confetture rosse, lo strudel e lo zelten per restare con i dolci trentini, ma anche con la ciambella di Pasqua. Va benissimo anche con i formaggi forti ben erborinati, ad esempio con il Gorgonzola piccante oppure un Provolone molto stagionato. Ma è anche un ottimo compagno di solo dolci pensieri.
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