Tre sentenze diverse alimentano i dubbi sull’evasione fiscale

Tre sentenze diverse alimentano i dubbi sull’evasione fiscale
Silvio Berlusconi (Ansa)
Il giudice che ha rivelato a Silvio Berlusconi di aver subito pressioni affinché lo condannasse per aver frodato il fisco, non si limitò a incontrare il suo imputato dichiarandosi pentito per averlo spedito agli arresti domiciliari e averlo, di fatto, estromesso dal Parlamento. Il pentimento lo manifestò anche per iscritto, redigendo una sentenza uguale e contraria a quella contro il Cavaliere. Nessuno lo ricorda più, ma nel 2015 mi resi protagonista di un piccolo scoop giornalistico, rivelando che Amedeo Franco, il magistrato di Cassazione che scrisse la sentenza capestro contro il fondatore di Forza Italia, dieci mesi dopo aver messo la parola fine a un processo lungo e complesso sui diritti cinematografici di Mediaset, assolse un imprenditore sostenendo esattamente il contrario di quel che aveva sostenuto quando si era trovato a giudicare Berlusconi. Sì, una legge e due sentenze. L'una e l'altra diametralmente opposte. Se l'ex capo di governo non poteva non sapere e dunque era da ritenersi colpevole, nonostante in quegli anni all'interno dell'azienda che aveva fondato non avesse alcun ruolo e non avesse firmato i bilanci ritenuti fraudolenti, nel giudizio contro un manager accusato di frode fiscale che pure non aveva sottoscritto i bilanci falsi, la Cassazione decise per l'assoluzione. Il tutto a dieci mesi di distanza da un pronunciamento all'altro. A me allora sembrò sinceramente un'ammissione: uno dei giudici che aveva condannato il Cavaliere dimostrava il proprio ravvedimento. Una specie di messaggio subliminale, per riconoscere che il fondatore di Forza Italia era stato vittima di una sentenza ingiusta.

La suprema corte, con la decisione del 20 maggio 2014, si rimangiava infatti tutto ciò che aveva sostenuto nel caso Mediaset, dicendo che un cittadino non può essere condannato in base a una presunzione di colpevolezza, ma serve che l'accusato abbia attivamente partecipato alla frode, essendo responsabile dell'atto decisivo dell'evasione fiscale, ossia redigendo e sottoscrivendo la dichiarazione dei redditi. Testuale: «I reati di dichiarazione fraudolenta hanno natura istantanea e si consumano soltanto con la presentazione della dichiarazione annuale». Non è tutto: il giudice Amedeo Franco, quello che nella registrazione definisce una mascalzonata la condanna di Berlusconi, scrive: i reati di frode non possono essere provati «dalla mera condotta di utilizzazione ma da un comportamento successivo e distinto, quale la presentazione della dichiarazione». In pratica, la sentenza della Cassazione stabilì, dieci mesi dopo ma giudicando un altro, che se anche il Cavaliere fosse stato a conoscenza dei fatti che gli venivano imputati e anche se avesse autorizzato degli illeciti, i suoi comportamenti non avrebbero potuto essere censurati. Per convincersene, basta leggere anche un altro passaggio scritto dallo stesso giudice del processo Mediaset: «I comportamenti di un soggetto quando ancora era amministratore di una società e che si era dimesso prima della dichiarazione dei redditi (è il caso del fondatore di Forza Italia, che dal consiglio di amministrazione dell'azienda era uscito da anni, ndr), non possono essere valorizzati neppure in termini di concorso con colui che, rivestendo successivamente la carica di amministratore, aveva indicato nella dichiarazione gli elementi fittizi». Chiaro il concetto? Altro che non poteva non sapere: se anche avesse saputo non doveva essere condannato. Qualcuno a questo punto potrebbe ritenere che Amedeo Franco abbia deciso in maniera difforme per una particolarità del caso, ma in realtà il giudice si allineò a una giurisprudenza consolidata, che solo nel caso di Berlusconi non fu applicata.

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La sinistra italiana in estasi per l’islamocomunista Usa
Zohran Mamdani (Ansa)
Il pro Pal Mamdani vuole alzare le tasse per congelare sfratti e affitti, rendere gratuiti i mezzi pubblici, gestire i prezzi degli alimentari. Per i nostri capetti progressisti a caccia di un vero leader è un modello.

La sinistra ha un nuovo leader. Si chiama Zohran Mamdani e, anche se non parla una sola parola d’italiano, i compagni lo considerano il nuovo faro del progressismo nazionale. Prima di lui a dire il vero ci sono stati Bill Clinton, Tony Blair, José Luis Rodriguez Zapatero, Luis Inàcio Lula da Silva, Barack Obama e perfino Emmanuel Macron, ovvero la crème della sinistra globale, tutti presi a modello per risollevare le sorti del Pd e dei suoi alleati con prime, seconde e anche terze vie. Adesso, passati di moda i predecessori dell’internazionale socialista, è il turno del trentaquattrenne Mamdani.

Food Talk | Gli italiani innamorati del pollo

Antonio Forlini, presidente di UnaItalia, spiega il successo delle carni bianche, le più consumate nel nostro Paese

La Ue sul clima è un «gattopardino»: cambia (poco) per non cambiar nulla
Ursula von der Leyen (Ansa)
Sì al taglio del 90% della CO2 entro il 2040. Sola concessione: tra due anni se ne riparla.

L’Europa somiglia molto al gattopardo. Anzi, a un gattopardino: cambiare poco perché non cambi nulla. Invece di prendere atto, una volta per tutte, che le industrie europee non riescono a reggere l’impatto del Green deal e, quindi, cambiare direzione, fanno mille acrobazie che non cambiano la sostanza. Per carità: nessuno mette in dubbio la necessità di interventi nell’ambiente ma, fatti in questo modo, ci porteranno a sbattere contro un muro come abbiamo già ampiamente fatto in questi anni.

L’accoltellatore? «Non pericoloso» secondo magistrati e psicologi
Ansa
L’aggressore di Milano aveva avuto il via libera dal Tribunale di Brescia nel 2024.

È la domanda che pesa più di ogni coltellata: come è stato possibile che, nel dicembre 2024, il Tribunale di Sorveglianza di Brescia - competente anche per Bergamo - abbia dichiarato «non più socialmente pericoloso» Vincenzo Lanni, l’uomo che lunedì mattina, in piazza Gae Aulenti, ha colpito una donna sconosciuta con la stessa freddezza di dieci anni fa? «La cosa che mi ha più colpito», spiega Cinzia Pezzotta, ex avvocato di Lanni, alla Verità, «è che abbia ripetuto le stesse parole di quando aveva aggredito due anziani nell’estate del 2015. Anche allora si era subito accertato che stessero bene, come adesso».

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