2018-02-04
Tragedia greca: «Altri 10 anni di austerità»
Secondo i vertici europei le riforme avviate non bastano e il Paese è ancora a rischio. Dunque l'Ue continuerà a vigilare sui conti Atene finora si è piegata ai diktat, ma i tagli pesanti al welfare e le modifiche al diritto di sciopero hanno solo peggiorato le cose«La Grecia rimarrà sotto la supervisione internazionale per diversi anni e dovrà continuare nel cammino di riforme almeno per un altro decennio». Declan Costello, commissario dell'Ue per gli aiuti alla Grecia, ha usato queste parole per spiegare la situazione di Atene ai parlamentari olandesi. Costello ha precisato che sebbene la Grecia sia «sulla buona strada per terminare il terzo piano di aiuti», il vero problema rimane «la creazione di uno scenario robusto che garantisca di proseguire sul piano delle riforme». La sostenibilità della crescita a lungo termine è ancora a rischio e restano «problemi molto gravi ancora da affrontare», ha quindi aggiunto. Sulla carta il terzo programma di aggiustamento economico per la Grecia, iniziato ad agosto del 2015, dovrebbe terminare il prossimo agosto. Solo lo scorso mese il premier, Alexis Tsipras, aveva rassicurato tutti confermando il Paese si sarebbe lasciato «alle spalle il difficile periodo già questa estate». Oggi le parole di Costello sono una doccia fredda. Chi non si è lasciato spiazzare è invece il ministro delle Finanze greco, Euclid Tsakalotos, che si è detto convinto che la fine del controllo internazionale non si verificherà «dal giorno alla notte» ma sarà piuttosto «un processo graduale». Le poche notizie che trapelano dalla cortina di fumo che circonda Atene raccontano una situazione sociale sempre più esasperata. Le aste delle prime case pignorate ai cittadini morosi, rimaste sospese per lungo tempo a causa dello sciopero dei notai, sono ripartite a novembre. Gli attivisti del movimento «Non pago» sono riusciti a fare irruzione nel tribunale di Atene per interrompere le operazioni. È servito l'intervento della polizia in tenuta antisommossa con tanto di lacrimogeni per bloccare i manifestanti, tra i quali figurava Panagiotis Lafazanis, ex ministro del governo Tsipras.Lo scorso 15 gennaio il parlamento greco ha approvato nuove misure di austerità per accontentare i creditori. Nel pacchetto, tra l'altro, tagli agli aiuti per la famiglie numerose e significative modifiche al diritto di sciopero. Al centro delle polemiche la decisione di aumentare il numero di iscritti al sindacato necessario per proclamare l'astensione. Se prima era sufficiente il voto favorevole di un terzo dei lavoratori, la percentuale oggi sale al 50%. Rendendo più difficile la convocazione degli scioperi il governo spera di diminuirne la frequenza e aumentare la produttività del lavoro. Le proteste dei lavoratori non si sono fatte attendere. Il venerdì che ha preceduto l'approvazione della legge è stato proclamato un giorno di agitazione nazionale, mentre il 15 gennaio si sono fermati per protesta i trasporti pubblici e gli uffici governativi. «Si sta demolendo l'unica arma a disposizione dei lavoratori, in particolare dopo lo smantellamento dei contratti nazionali», ha affermato Dimitris Karageorgopoulos, portavoce del potente sindacato Gsee. Venerdì il consiglio nazionale dell'organizzazione ha indetto una nuova giornata nazionale di mobilitazione, considerata la scelta del governo di abbracciare senza riserve le condizioni del memorandum.L'approvazione dei provvedimenti è arrivata, non a caso, una settimana prima della riunione dell'Eurogruppo sulla Grecia. «Accogliamo con favore l'attuazione di quasi tutte le azioni preliminari concordate per la terza revisione», si legge nel comunicato finale. Considerando i progressi ottenuti, l'Eurogruppo ha deliberato l'emissione della quarta tranche del programma pari a 6,7 miliardi, invitando tuttavia le autorità greche a «completare con urgenza le precedenti azioni in sospeso». Atene rimane dunque a tutti gli effetti un sorvegliato speciale. La disoccupazione è in leggero ma costante calo, ma un greco su cinque rimane ancora senza lavoro. L'economia reale ristagna, con i consumi fermi e il credito al settore privato in calo ormai dal 2011. Ma il vero problema per la Troika rimane il debito. Pur non sbilanciandosi troppo sul futuro, William Murray, portavoce del Fondo monetario internazionale, ha osservato che la soluzione al problema del debito greco rimane determinante per emettere un verdetto definitivo sul piano di aiuti. Secondo l'ultima rilevazione, il rapporto debito/Pil ellenico è al 177,4%, il più alto d'Europa e ben lontano dai livelli dei primi del decennio. Un'eventuale nuova crisi del debito sovrano rimane il peggior incubo per i tecnocrati europei. Lo dimostra l'avvertimento lanciato venerdì a Lubiana da Benoît Cœuré, membro del board della Banca centrale europea. «Senza ulteriori riforme, la prossima crisi potrebbe portare la Bce ai limiti estremi del proprio mandato», ha affermato Cœuré, che ha inoltre lodato la proposta di riforma franco-tedesca dell'euro della quale La Verità ha parlato nelle scorse settimane. Parole che confermano ancora una volta il giro di vite che Francoforte intende esercitare sui paesi con il debito più alto. Un club del quale l'Italia fa parte a pieno titolo.