2022-02-14
Dottori umiliati e Speranza non se ne va
Lo Stato volta le spalle agli «angeli delle corsie», che hanno affrontato la prima ondata senza protezioni contando tantissime vittime. Neanche questa volta, però, Roberto Speranza trova la dignità di lasciare la poltrona.Vito Lattanzio era un politico di seconda fila, che, dopo aver trascorso, senza infamia e senza gloria diverse legislature fra i banchi della Dc, fu nominato ministro della Difesa nel governo Andreotti. Restò in carica appena un anno, giusto il tempo di essere travolto dal caso Kappler, ovvero dalla fuga del criminale di guerra che predispose il massacro delle Fosse Ardeatine. A dire il vero, Lattanzio non aveva una responsabilità diretta nell’evasione del comandante delle Ss dall’ospedale militare dove era ricoverato per un tumore. Tuttavia, di fronte allo scandalo e all’indignazione dei parenti delle vittime della strage sentì, o gli fecero sentire, la necessità di fare le valigie e di mollare la poltrona. Cosa che fece all’istante.Certo, l’uccisione a sangue freddo di 335 persone, come rappresaglia per l’attentato di via Rasella, ha poco o nulla a che fare con la storia odierna. Tuttavia, è fuor di dubbio che il Covid è stato una strage, che in due anni ha sterminato 150.000 italiani, lasciando anche tra chi si è salvato strascichi gravi, con danni permanenti o comunque non facilmente risolvibili. Tutto ciò per dire che chi aveva il compito di vigilare sulla salute dei cittadini non può cavarsela sempre facendo spallucce o nascondendosi dietro agli esperti, soprattutto se nelle prime settimane della pandemia ha minimizzato gli allarmi.Probabilmente, avete già capito dove ho intenzione di andare a parare. Più passa il tempo e più ritengo insopportabile che Roberto Speranza rimanga tranquillamente al suo posto come se niente, negli ultimi due anni, fosse accaduto. La Prima Repubblica aveva molti difetti, tuttavia i politici che ricoprivano incarichi pubblici avevano una sensibilità istituzionale e un senso dello Stato che non li portava a fare spallucce, ma ad assumersi le proprie responsabilità e a trarre le conseguenze anche quando, pur non avendo avuto un ruolo diretto, erano chiamati a rispondere.Ecco, io penso a Vito Lattanzio, un politico, ribadisco, di terza fila, che ebbe la dignità (non cito a caso questo sostantivo, visto che è stato di recente rispolverato da Sergio Mattarella) di dimettersi. E poi penso a Roberto Speranza, un politico di quarta o quinta fila, che se non ci fosse stata la necessità di puntellare una legislatura traballante, che rischiava di essere sciolta mandando a casa tutti i parlamentari, nessuno avrebbe mai nominato neppure sottosegretario alle pulizie di casa e invece, nella stagione più tragica del Paese, quella di una pandemia, si è trovato a gestire un’emergenza senza pari, con milioni di contagiati e decine di migliaia di vittime.Certo, nessuno poteva immaginare che un virus avrebbe sconvolto le nostre vite. Al massimo si poteva pensare che il ministro della Salute avrebbe dovuto conquistare il favore del personale sanitario trattando con i sindacati per qualche aumento in busta paga, concedendo loro alcuni vantaggi normativi. Invece, pochi mesi dopo essere stato nominato nel posto sbagliato, l’ex assessore all’Urbanistica di Potenza si è ritrovato a gestire la peggiore pandemia mondiale dopo la Spagnola. In principio, Speranza si è distinto per aver sottovalutato il problema, rassicurando i connazionali con le misure prese e contrastando l’uso delle mascherine. Fin qui alcune dichiarazioni possono anche essere comprese, in quanto nessuno, a cominciare da Roberto Burioni, borioso professore che farebbe meglio a tacere per non incorrere in altre gaffe, fra gennaio e febbraio di due anni fa poteva immaginare che cosa sarebbe accaduto. Tuttavia, il problema è ciò che è successo dopo, ovvero i mancati provvedimenti di chiusura in Val Seriana e l’ostinata resistenza a difesa della terapia basata su tachipirina e vigile attesa. Non lo diciamo noi, ma lo lasciamo dire alla professoressa Maria Rita Gismondo, responsabile del laboratorio di microbiologia dell’ospedale Sacco di Milano. Quante vite sarebbe stato possibile salvare con un diverso approccio? Quanti decessi si sarebbero evitati se, anziché lasciare morire in casa le persone, lo Stato, cioè il ministero della Salute, avesse deciso di curare quegli italiani prima che le loro condizioni di salute peggiorassero? La risposta ovviamente non c’è, ma chiunque è in grado di immaginarsela e il primo che dovrebbe farlo, tirandone le conseguenze politiche, è proprio Roberto Speranza, il quale, se non avesse trascorso l’estate del 2020 a scrivere un libro sui propri discutibili successi, ma avesse riflettuto sui propri meno discutibili errori, forse avrebbe sentito l’esigenza di seguire l’esempio di Vito Lattanzio.Ovviamente, per dimettersi ci vuole coraggio. Ma soprattutto ci vuole un senso delle istituzioni, che purtroppo è difficile ritrovare nel comportamento di Roberto Speranza. Infatti, come si fa a restare impassibili e incollati alla poltrona quando viene respinto un indennizzo ai famigliari dei medici vittime del Covid? Nei mesi in cui le terapie intensive erano affollate di pazienti e le bare delle vittime venivano portate via con i camion militari, tutti, nessuno escluso, parlavano degli angeli in camice bianco e verde. Medici e infermieri pronti a sacrificarsi e a sacrificare la propria vita per salvare quella degli altri. In questi anni abbiamo raccontato le storie di chi, avendo giurato di curare le persone, non si è tirato indietro, rischiando la propria incolumità. Ma poi, giunto il momento di risarcire, almeno in parte e post mortem, chi ha avuto coraggio, lo Stato, quello stesso Stato che il ministro della Salute dovrebbe rappresentare, si è voltato dall’altra parte. Anzi, ha voltato le spalle ai medici e agli infermieri, negando un indennizzo ai famigliari di chi non c’è più.Ribadisco: Lattanzio, politico di terza fila, ebbe il coraggio e la dignità di dimettersi dopo la fuga del responsabile della strage delle Ardeatine. Speranza, politico di quarta o forse quinta fila, quando avrà il coraggio e la dignità di lasciare dopo la strage del Covid, dovuta spesso alle carenze del Servizio sanitario nazionale a cui egli ha contribuito? Quando il ministro della Salute riterrà che si sia passato il segno della decenza? Negare un risarcimento ai familiari dei medici e degli infermieri che sono morti per la vita degli altri, per il segretario di un partito nato per difendere i diritti e la giustizia sociale non è un motivo sufficiente per dire basta e fare le valigie? Che altro deve succedere perché un miracolato dalla politica abbia uno scatto d’orgoglio e rinunci alla poltrona? Quanto ancora dovranno essere umiliati medici e infermieri prima che Speranza si renda conto di non essere all’altezza e ne tragga le conclusioni?
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