2021-12-17
I no vax erano soltanto un alibi
Macché «garanzia»: i contagi sono schizzati da quando è stato introdotto il green pass. Però i focolai non dipendono solo dai renitenti: si diffondono tra «immuni» non sottoposti a screening. È inutile, quindi, discriminare ancora in base ai Qr codeC’è un grafico che dovrebbe far riflettere chi sostiene l’utilità del green pass e del super green pass. Lo ha pubblicato la fondazione Gimbe, ma prima del centro studi presieduto da Nino Cartabellotta, seppur usando dati meno recenti, lo avevamo riprodotto la scorsa settimana anche noi della Verità, a corredo di un articolo di Patrizia Floder Reitter. Tuttavia, cediamo volentieri il passo all’elaborazione opera dell’istituto indipendente a cui per primi si abbeverano giornalisti ed esperti. Il monitoraggio mostra che il dato più basso dei contagi Covid è stato raggiunto nella settimana tra il 13 e il 19 ottobre scorso, con 17.870 nuovi casi. Poi, giorno dopo giorno il virus ha fatto nuove vittime, infettando decine di migliaia di italiani, fino ad arrivare ai 124.568 nuovi casi registrati nella settimana che va dall’8 al 14 dicembre. In pratica, in due mesi i contagi sono settuplicati. L’andamento del flusso, secondo alcuni, potrebbe far ritenere che sia necessario un nuovo giro di vite, per evitare che l’epidemia si espanda ancora di più. Ma si dà il caso che ormai siano stati introdotti tutti i controlli e i divieti possibili, rendendo sempre più complicata la vita di chi non si è ancora vaccinato, al quale è negata la possibilità di salire sui mezzi pubblici, di soggiornare in albergo e di accedere a bar e ristoranti. Il fatto che dovrebbe far riflettere però è costituito proprio dalla data da cui, secondo Gimbe, risalgono i contagi. Fra il 13 e il 19 ottobre, due mesi fa, il governo ha reso obbligatorio il green pass per accedere ai luoghi di lavoro e ha giustificato il provvedimento come una misura per impedire che la pandemia rialzasse la testa. Il concetto sottinteso era il seguente: costringiamo chi non è vaccinato a farlo, così azzereremo i contagi. Purtroppo, la previsione del ministero della Salute si è rivelata sbagliata, perché nonostante molti si siano affrettati a sottoporsi all’iniezione anti Covid e i renitenti al farmaco siano stati indotti a fare ogni 48 ore un test antivirus, l’epidemia ha continuato a correre. Anzi: ha preso a correre di più. Se poi si considera che il 15 ottobre la popolazione vaccinata era pari a 43 milioni 640.000 persone, ovvero al 73,65% degli italiani, e oggi gli immunizzati sono 46 milioni, 13 milioni dei quali per di più con una terza dose, si capisce che nella narrazione governativa c’è qualche cosa che non torna. Al 15 dicembre risultava parzialmente protetto l’88,37% della popolazione dai 12 anni in su, e dal 6 di dicembre, i sei milioni di italiani che ancora non si sono rassegnati al vaccino sono stati privati di una vita sociale e di relazione: ma questo non è servito a fermare i contagi.Vi chiedete come ciò sia possibile? Se si dà retta a qualche talebano del vaccino, la colpa è di chi non si è vaccinato. Gli untori sono i no vax, i quali non essendosi rassegnati a porgere il braccio, continuano a diffondere il virus. La variante di questa teoria ovviamente non risparmia i bambini, anche loro considerati diffusori di Covid e dunque candidati a essere sottoposti al vaccino. In realtà, se ci si ferma a studiare i dati, si capisce che le persone non ancora vaccinate e i minori non sono i principali responsabili. Se il virus circola è perché i farmaci non solo non garantiscono di non infettarsi e infettare le persone vicine, ma con il passare dei mesi perdono efficacia. Tuttavia, a 46 milioni di vaccinati, tra i quali mi ci metto anche io, non solo si è fatto credere di essere immuni, ma si è data anche una patente verde per poter circolare senza preoccupazioni, consentendo ai possessori del green pass di rinunciare a ogni precauzione. Certo, fino a ieri era facile dire che i contagi aumentavano perché i no vax manifestavano a Trieste o a Milano senza garantire il distanziamento, ma oggi si capisce che i focolai hanno poco a che fare con i cortei di protesta e molto con il mancato tracciamento. Non so se qualcuno ricorda la sciagurata esperienza dell’app Immuni. Doveva servire a segnalare di essere entrati in contatto con una persona positiva al Covid, inducendo il potenziale contagiato a mettersi in isolamento e sottoporsi a un test. Ma quell’avviso che doveva arrivare via sms sul telefonino di ogni italiano non c’è mai stato. Così, mentre in altri Paesi il tracciamento esiste e serve a prevenire, anche perché poi c’è chi controlla che si rispetti la quarantena e si facciano i test, da noi si fa finta di niente. Anzi, da noi oltre ai green pass falsi, ai green pass hackerati, cioè modificati, si scopre che il lasciapassare verde rimane valido anche se un vaccinato si scopre positivo, consentendo a chi è contagiato di contagiare altri, ma con la patente di immune. In altre parole, l’idea che il green pass sia una garanzia di stare fra persone che non hanno il virus e non lo possono trasmettere, si rivela giorno dopo giorno una stupidaggine. E infatti, ora ai vaccinati il governo chiede, prima di entrare in Italia, un tampone. Come dire: il vostro green pass non vale niente. E allora perché discriminare gli italiani sulla base di un pezzo di carta o un Qr code che non garantisce nulla?
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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