2019-07-30
Tra una settimana il tagliando gialloblù. Sul dl Sicurezza bis si va verso la fiducia
In Senato la maggioranza balla su due voti. Rischio imboscata dai M5s fichiani. Audio di Luigi Di Maio: «Lega a volte insopportabile».Una scadenza (vera) effettivamente rischiosa per il governo, e una ricostruzione (assai meno verosimile) su una presunta exit strategy attribuita alla Lega, per l'esattezza al sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che infatti si è affrettato a ridimensionarla, se non a smentirla seccamente. Procediamo con ordine: la scadenza rischiosa, come La Verità aveva spiegato già nei giorni scorsi, è quella del 6 agosto, quando si arriverà in Senato al voto finale sul decreto Sicurezza bis. Già alla Camera, su quel provvedimento, sono mancati all'appello ben 17 grillini (incluso il presidente Roberto Fico, punto di riferimento dei «dissidenti»). Al Senato basterebbe molto meno, visto il margine risicatissimo del governo a Palazzo Madama, per far venire giù tutto. I gialloblù hanno 163 voti, solo due in più rispetto ai 161 richiesti rispetto al plenum. Sono possibili diversi scenari. Primo: procedere con votazioni ordinarie, però in questo caso è matematico che un po' di grillini si sfilerebbero, e il provvedimento passerebbe sì, ma con i voti di Forza Italia e Fratelli d'Italia, di fatto certificando la nascita di una diversa maggioranza. In tempi normali, dopo un voto di quel tipo, il premier salirebbe al Colle in serata. Secondo scenario: per compattare in qualche modo la maggioranza, il governo potrebbe mettere la fiducia, evitando la lotteria degli emendamenti. Ma dovrebbe preventivamente garantirsi l'uscita dall'Aula sia dei senatori Fi-Fdi (favorevoli al provvedimento ma ovviamente non disposti a votare la fiducia) sia dei dissidenti M5s. L'esito più probabile è il secondo: le vacanze sarebbero più o meno garantite, il governo resterebbe vivo, sia pur indebolito, e la resa dei conti sarebbe rinviata all'autunno sulla manovra. Occorre tuttavia considerare anche l'ipotesi più negativa per il governo, e cioè la caduta. Anche perché, vista la balcanizzazione interna al M5s, nessuno è in grado di garantire che tutto vada nella direzione prevista. In caso di incidente parlamentare, ieri alcuni retroscena hanno attribuito al sottosegretario Giorgetti una tesi curiosa e abbastanza inverosimile: e cioè l'accettazione da parte della Lega di un governo Conte-bis, senza il Carroccio (che però benevolmente gli lascerebbe fare la manovra), ottenendo in cambio la promessa di elezioni a febbraio. Ma chi può credere a promesse simili nell'ingannificio dei palazzi romani? Una volta che un nuovo governo fosse insediato senza la Lega, l'esecutivo troverebbe matematicamente un'altra maggioranza parlamentare che lo farebbe durare ben più in là di febbraio: una maggioranza raccogliticcia formata dalla vastissima platea di deputati e senatori che sarebbero certi della loro non rielezione, e che dunque ogni giorno farebbero al Conte-bis donazioni di sangue e respirazioni bocca a bocca, pur di non tornare a casa. Non a caso, ieri, Giorgetti è apparso contrariato da quei retroscena: «Se dico qualcosa, vengo travisato. Se non parlo, dicono che ho il muso… Ho letto delle cose sui giornali che non so neanche definire», ha proseguito il sottosegretario: «È estate, i giornali devono essere riempiti… Paul Pogba è già arrivato alla Juventus quattro o cinque volte (ndr: evento che per ora, come si sa, non si è verificato)». Quanto a lui, sta davvero valutando le dimissioni? Qui Giorgetti è stato meno netto: «Io non valuto niente, faccio il mio mestiere fin quando riesco a farlo». E infine, un po' da Sibilla cumana, una chiusura misteriosa sul governo variabile come il meteo: «L'altro giorno c'era un temporale che sembrava venisse giù il mondo, ieri era nuvoloso, oggi è sereno».Ieri però un audio di Luigi Di Maio rubato durante un incontro con i militanti e diffuso dalla testata calabrese LaCnews24, dipinge uno scenario poco disteso: «A volte dobbiamo subire l'atteggiamento della Lega che è insopportabile», dice il capo pentastellato, che aggiunge come «ogni volta che si deve approvare un provvedimento ci dobbiamo sedere a un tavolo io, Conte e quell'altro là (Salvini, ndr) e dobbiamo fare un accordo».Per restare al calendario politico e alle sue insidie, vanno menzionati altri cinque punti. Primo: la mozione grillina sulla Tav (vale a dire: no Tav) è un punto di scontro più simbolico che reale. L'opera va avanti: i grillini vogliono solo salvarsi la coscienza certificando il loro «no» in sede parlamentare. Secondo: domani, mercoledì, occhio all'Istat, che dovrebbe rendere nota la sua stima preliminare sull'andamento del Pil nel secondo trimestre. Nel frattempo, terzo: oggi stesso dovrebbe tenersi un altro incontro sull'autonomia. Resta sul tavolo il dissenso sul fondo di perequazione preteso dai grillini. Quarto, la giustizia: il ministro Alfonso Bonafede si è detto pronto a portare in Consiglio dei ministri già questa settimana un suo provvedimento che avrebbe l'obiettivo di accorciare i tempi dei processi, ma la Lega gli ha chiesto di non eludere i nodi veri (intercettazioni e carriere di giudici e pm). E infine, quinto: il 9 agosto tocca all'agenzia di rating Fitch esprimersi. Sarà il vaticinio che potrebbe consentire, se fosse clemente e accettabile, di prevedere qualche bagno al mare più sereno per i vertici dell'esecutivo.