2021-07-06
Tra Mattarella e Macron il patto dei misteri
Sergio Mattarella ed Emmanuel Macron (Ansa)
Il presidente francese: «Avanti con il Trattato del Quirinale» Ma per ora si sa solo che ci sarà un «servizio civile comune».Accolto con gli stessi onori che Roma riservò a Xi Jinping, Sergio Mattarella è stato ieri all'Eliseo per stringere la mano a Emmanuel Macron e celebrare l'imminente firma del Trattato che prende appunto il nome dal Quirinale. Per il Colle la visita è servita ad archiviare l'incidente politico dei 5 stelle in trasferta parigina pro gilet gialli e al tempo stesso ad archiviare le tensioni sul terrorismo con la dottrina Mitterand finita definitivamente in cantina. I due protagonisti non hanno saputo nascondere la gioia per la ritrovata amicizia celebrando l'importanza dell'Ue e della missione congiunta in Libia e nel resto del Magreb. «Non basta mettere il cartello divieto di ingresso dall'Africa», ha sintetizzato Mattarella toccando il tema dei flussi migratori. La passerella parigina, in pratica, punta a riprendere le fila interrotte dalla pandemia. A febbraio 2020 si era infatti tenuto a Napoli l'ultimo bilaterale durante il quale Italia e Francia spinte dal Colle riavviarono i contatti per non abbandonare i lavori datati 2017. Bisogna tornare infatti indietro a quasi quattro anni fa quando il governo di Paolo Gentiloni riunì 6 saggi (per l'Italia Paola Severino, Franco Bassanini e Marco Piantini). In quell'occasione si gettarono le basi per un accordo bilaterale mirato ad avviare canali economici diretti con due distinti effetti collaterali: rendere i contatti con la Germania estremamente secondari e al tempo stesso legarci mani e piedi con Parigi in una partnership in cui il ruolo dominante sarebbe spettato ai francesi. A distanza di 4 anni a Roma le cose sono drasticamente cambiate. È vero il presidente della Repubblica è sempre lo stesso, ma a Palazzo Chigi c'è Mario Draghi. Il suo nome porta nuove relazioni con Berlino e soprattutto con Washington. A questo punto, al di là dei fronzoli e del cerimoniale, resterebbe da capire che cosa contiene questo nuovo Trattato del Quirinale. In realtà il contenuto è top secret. Sappiamo solo quattro cose. Primo, che i saggi incaricati nel 2017 sono usciti di scena. E questa è una buona notizia. I tre avrebbero, infatti, indossato la maglia tricolore ma giocato per la squadra avversaria. Secondo, che il governo vuole mantenere rapporti aperti con la Germania anche dal punto di vista industriale e militare. Terzo, che gli americani hanno imposto a Francia e Italia di trovare un accordo in Libia. Quarto e ultimo punto, che al momento c'è stata solo una riunione formale tra i dicasteri degli Esteri. Viste le premesse del 2017 (basti pensare ai fatti di Fincantieri e a come si è comportata la Francia con Stx), il timore che sia in arrivo una fregatura è elevato. Sia Macron che il ministro per gli Affari Ue Clement Beaune, hanno confermato che l'accordo sarà firmato ad ottobre, in occasione del prossimo bilaterale. Alla data mancano poco più di tre mesi e mezzo. Di cui uno è il mese di agosto. Il tempo stringe e il Parlamento dovrebbe essere edotto dei contenuti. Invece a oggi non c'è nulla. Non ci sono tavoli di discussione né coinvolgimento dei player fondamentali, quelli della grande industria e delle partecipate di Stato. Non si tratta di dettagli ma di elementi fondamentali. Bisogna evitare che il trattato blocchi il nostro sviluppo aerospaziale o quello dell'industria cantieristica. Al tempo stesso, qualunque cosa venga concordata, l'indotto di Stellantis in Italia non potrà essere sacrificato. Tutto ciò dalla parole di Mattarella non si comprende. «Sono lieto di poter dire che il nostro rapporto di personale amicizia rafforza il legame che stiamo esprimendo. Questo è il mio primo viaggio all'estero dopo la pandemia che ha fatto soffrire molto Francia e Italia e dalla quale stiamo cercando di uscire con grande impegno, siamo stati in tutto il mondo accomunati da questi lutti e sofferenze e la collaborazione è stata esemplare», ha detto durante la conferenza stampa congiunta. «La nostra partnership è davvero essenziale bilateralmente, lo è per l'Ue e per la comunità internazionale e questo coordinamento rafforzato è emerso evidente anche a Bruxelles in occasione del Recovey fund con la posizione comune e particolarmente preziosa del presidente Macron». I due hanno ribadito: «Siamo impegnati nella definizione di un trattato e speriamo di portarlo a compimento velocemente. L'Italia», ha aggiunto Mattarella, «ha accolto con grande favore la proposta per un servizio civile comune franco-italiano, dove i nostri giovani collaboreranno insieme, scambiando esperienze e operando in comune. L'attenzione per i giovani sta alla base della visione che Francia e Italia hanno, le sfide importanti che dobbiamo affrontare hanno come oggetto la condizione delle nuove generazioni». Insomma, passi così importanti meriterebbero una discussione parlamentare. I tempi così rapidi devono fare accendere una lampadina. Tuttavia, alcuni osservatori suggeriscono l'ipotesi che il trattato non sia scritto a oggi e che non siano state prese decisioni di natura industriale. Potrebbe essere l'indizio di un ingresso all'ultimo del premier in grado di sterzare l'intesa verso la Germania. Sarebbe complesso immaginare che Draghi sia d'accordo con il chiudere il testo così come lo immaginava Gentiloni. Vogliamo sperare che non lo sia. Potrebbe così verificarsi il tentativo di uno schema di massima simile al Trattato di Aquisgrana ma con la possibilità di valutare i dossier economici in modo individuale. D'altronde un po' l'aria è cambiata. Cartina al tornasole è il fatto che stavolta a spingere di più è Macron. Il quale in patria è in difficoltà e in Europa teme concretamente Draghi, emissario americano destinato a prendere il posto di Angela Merkel.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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