2018-05-15
L’Appendino prova a farsi una legge da sola
Il prefetto di Torino trasmette all'avvocatura dello Stato le pratiche sui figli di coppie gay registrati all'anagrafe. È la mossa del sindaco per ottenere un parere favorevole alla sua decisione ed evitare di passare da un tribunale o dal Parlamento.Prima ha compiuto un atto illegittimo (quantomeno nel senso di non normato da legge vigente) e, solo dopo, ha chiesto al prefetto il nulla osta. Quest'ultimo, a sua volta, si è rivolto all'avvocatura dello Stato per un parere. Se il parere dovesse essere positivo, la forzatura del sindaco di Torino potrebbe risultare blindata.Il tema è l'identità anagrafica dei bambini figli di coppie gay. E quella illustrata è la strada scelta da Chiara Appendino per mettere in pratica la forzatura di registrarli come figli di coppie omogenitoriali, senza che la legge preveda questa possibilità.Lo scorso 25 aprile il sindaco ha registrato all'anagrafe il piccolo Niccolò Pietro, come figlio di Chiara Foglietta, consigliere comunale del Pd a Torino e della compagna Micaela Ghisleni.Lo stesso giorno altri tre bambini sono stati registrati nello stesso modo: due gemelli nati in Canada attraverso la pratica dell'utero in affitto da una coppia gay (dunque risulteranno avere due padri) e un quarto minore figlio di un'altra coppia omosessuale.Di fatto, il sindaco ha deciso di saltare a piedi pari le due autorità che, di norma, dovrebbero decidere su questo tipo di temi giuridico amministrativi: il tribunale da un lato, chiamato in casi normativi dubbi a orientare la giurisprudenza con una serie di sentenze, e anche il Parlamento, chiamato a normare tutti gli aspetti della vita dei cittadini.Invece, senza attendere altre formalità, il primo cittadino ha tirato il suo dado e ora la palla è passata nelle mani dei rappresentanti locali del ministero dell'Interno (il prefetto appunto) e dell'organo legale a cui spetta la difesa delle amministrazioni statali (l'avvocatura di Stato appunto).Contro un atto non normato da una legge compiuto da un pubblico funzionario il ministero dell'Interno sarebbe, infatti, chiamato ad intervenire attraverso una impugnazione, almeno in teoria. Per questo, probabilmente l'Appendino ha deciso di bruciare le tappe: inviando lei stessa al prefetto i documenti, ha di fatto evitato che il Viminale chiedesse gli atti al Comune di Torino per avviare una verifica.Così, chiamato direttamente in causa dal sindaco, prima di procedere il prefetto ha voluto ascoltare il parere dei legali. Ed è chiaro che se la consultazione non dovesse individuare nella registrazione forzata alcun profilo illecito, allora con ogni probabilità l'impugnazione non verrebbe messa in atto.La questione, evidentemente, è anche politica. Scegliendo una fase di transizione con il M5S e la Lega in pole per la formazione di un governo, il sindaco Appendino ha fatto una scommessa sul futuro. Che potrebbe essere diverso a seconda dell'orientamento politico della prossima guida del Paese. Interpellata da La Verità, la prefettura di Torino ha ha fatto sapere di non aver ancora optato per una scelta o per l'altra ma di essere, a sua volta, in attesa di risposte.Dopo Torino anche altri Comuni d'Italia (come Roma e Bologna) hanno seguito l'esempio. Per ora però la consultazione riguarda esclusivamente le registrazioni del capoluogo piemontese. E già la prossima settimana un primo parere potrebbe arrivare.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)