2023-09-16
Thuram-Mkhitaryan illuminano il derby. L’Inter ne fa cinque e domina Milano
Il francese spacca la partita con un eurogol, per l’armeno doppietta e assist nel 5-1 finale. Stefano Pioli deve ripartire da zero. A San Siro piove, ma sul bagnato. Ormai per l’Inter vincere una stracittadina è diventata prassi, un po’ come per una massaia comprare le michette dal prestinaio, e forse quella che scendeva dal cielo a fiotti torrenziali non era neanche pioggia, erano le lacrime dei tifosi rossoneri, sbalorditi, ma forse nemmeno poi tanto, di trovarsi di fronte la squadra accreditata a vincere lo scudetto in carrozza: 5-1 il punteggio, una manita che somiglia a un’amanita, falloide, fungo velenosissimo per lo stomaco del Milan. L’Inter beneficia del fattore T e del fattore P, due bonus che i rossoneri non possiedono. Il fattore T risponde al nome di Thuram: veloce, con le movenze da ghepardo, si diceva non avesse molti gol in carniere in stagione ma se l’andazzo è quello visto ieri sera, grasso che cola con la stessa intensità della pioggia meneghina. Il francese figlio d’arte, compagno d’attacco di Lautaro Martinez, ha confezionato un secondo gol da antologia: Dumfries parte dalla fascia destra, Thuram si defila rapido, punta il diretto avversario, si accentra, lascia partire un bolide all’incrocio dei pali e per il connazionale Maignan, portiere prodigio di un Diavolo scornato, non c’è niente da fare. L’altro fattore, oltre a quello T, è il fattore P, si diceva. La panchina. Beppe Marotta nel ruolo della volpe e Piero Ausilio in quello del gatto, hanno regalato a Simone Inzaghi una generosa fetta di paese dei balocchi. Vuoi far rifiatare Barella? C’è Frattesi. Hai bisogno di linfa in copertura? Ecco Carlos Augusto, calciatore molto interessante proveniente dal Monza. La difesa a tre, tutta italiana con Darmian, Acerbi e Bastoni, può essere rimpiazzata all’occorrenza da De Vrij e Pavard. Insomma, le alternative fioccano. Sebbene pure il Milan abbia imbastito una campagna acquisti coerente, finanziata dalla cessione di Sandro Tonali al Newcastle, allestendo una rosa muscolare, composta da corridori nerboruti e con piedi buoni, ha lasciato un tallone scoperto molto più di quello d’Achille: la difesa. O meglio: quando la banda Pioli è costretta fronteggiare una squadra che sa come attaccarla colpendo i gangli scoperti e affondando il colpo con giocatori giusti, i centrali annaspano e Maignan perde protezione. Un po’ perché le assenze di Tomori e Kalulu (buoni difensori, comunque poco avvezzi a comandare il reparto) si sono fatte sentire, un po’ perché Simon Kjaer, nobile cavaliere di ventura al servizio della causa e deputato ad affiancare il giovane Malick Thiaw, negli anni ha smarrito rapidità. Mister Pioli poi, mantiene una sua coerenza di fondo nell’impostare le trame, ma la coerenza, diceva quello là, è l’ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione. L’allenatore rossonero pecca di sapienza nel leggere le partite in itinere. Il Milan si è affidato alla spinta di Theo Hernandez e di Rafa Leao sulla sinistra, al talento di Reijnders sul versante creativo, alla fisicità di Loftus-Cheek e al dinamismo di Pulisic, apparso in giornata poco feconda. Olivier Giroud si è battuto come un leone davanti, pur a mezzo servizio perché reduce da un infortunio con la nazionale francese, rimpiazzato a metà gara da un Luka Jovic ancora ectoplasma in cerca d’autore. Già dopo cinque minuti si è capito che aria tirasse. Il solito Thuram scappava via sulla destra, passava al centro verso Di Marco che tirava verso la porta, con l’armeno Mkhitarian svelto nel ribadire in rete, siglando l’1-0. Sembra un incidente di percorso, ma col passare del tempo si capisce come stanno le cose. L’Inter è Ivan Drago, il Milan Apollo Creed, pugile talentuoso e zeppo di qualità, che quando ha affrontato il colosso sovietico è apparso impotente. La sinfonia dei padroni di casa suona le percussioni per una decina di minuti, fino a quando la compagine di proprietà Redbird prova a uscire dalle corde con sortite baldanzose di Theo e Leao, i più pericolosi. Il punto è che Inzaghi, stratega niente affatto sprovveduto, bilancia al dettaglio le ripartenze, consentendo ai suoi di distendersi nella controffensiva e forzando i difensori avversari a commettere fallo. Minuto 24: viene ammonito Thiaw. Giroud e un’iniziativa di Calabria scuotono i diavoli, poi arriva il trentottesimo e Thuram incornicia un capolavoro che avrebbe condotto Gianni Brera a scrivere pagine di letteratura: è 2-0. Il primo tempo finisce con l’evidenza della realtà terribile: il Milan deve sistemare la retroguardia o rischia imbarcate. La ripresa sancisce un’intensità mai doma, le due formazioni si fronteggiano quasi alla garibaldina, concedendosi falli tattici per placare le azioni. I milanisti gettano nella mischia Chukwueze in luogo dell’opaco Pulisic, ma il Robben nigeriano appare velleitario, sebbene volonteroso. Fino al minuto 58: Giroud, sempre lui, sempre vivo, imbuca per Leao, il portoghese sfrutta la sua esperienza sotto porta per uccellare un Sommer non proprio elettrico e accorciare sul 2-1. Speranze riaccese per gli ospiti. Inzaghi decide di scatenare il già citato fattore P: fuori Barella, Dimarco e Thuram, dentro Frattesi, Carlos Augusto e Arnautovic. Proprio i nuovi entrati, soprattutto Frattesi, eroe martedì scorso con la Nazionale di Spalletti, innescano movimenti repentini e al sessantanovesimo Calhanoglu lancia Lautaro dopo aver recuperato il pallone, il capitano interista serve di nuovo Mkhitarian che si inserisce in area e batte Maignan per la seconda volta. L’armeno, calciatore d’esperienza, giunto a Milano col fardello lipidico di aver già dato il meglio, smentisce le previsioni: si sta rivelando un valore aggiunto prezioso. A nulla valgono i cambi disperati milanisti. Entrano Florenzi, Okafor, ma il fattore P per ora è a senso unico. Al punto che, dopo un contatto tra Theo e Lautaro in area, l’arbitro Sozza opta per l’assegnazione del rigore. Il turco Calhanoglu tira dal dischetto e non sbaglia: 4-1, una colata di piombo fuso nel vecchio cuore rossonero. C’è tempo pure per l’ovazione a Frattesi: il solito Mkhitarian, lasciato libero di pascolare nelle praterie bagnate, serve un confetto al centrocampista ex Sassuolo. È 5-1 con assist al bacio. In questo derby, il bacio, è stato per il Milan un apostrofo nerazzurro sulle parole «L’abbiamo perso male».
Jose Mourinho (Getty Images)