2019-09-10
Thuram attacca la «cultura bianca». Ma ora gli antirazzisti lo scaricano
L'ex difensore se la prende con la xenofobia delle curve italiane. Stavolta, però, raccoglie solo critiche. La Licra gli imputa odio alla rovescia, l'ex Milan Dugarry accusa: «Nel 1998 volle una foto con soli neri».La narrazione giornalistica del calcio si nutre di suggestioni semplici e ripetitive: l'Italia va ai Mondiali? Si intervista Marcello Lippi per fare un paragone con la nazionale azzurra campione del mondo del 2006. Le nostre squadre escono malamente dalle coppe? Si fa uno squillo ad Arrigo Sacchi per deplorare il risultatismo che infesta la nostra cultura calcistica. C'è un episodio di vero o presunto razzismo? Ci si rivolge naturalmente a Lilian Thuram, l'ex fortissimo difensore di Parma, Juventus e Barcellona che, da tempo, si è autoinvestito del ruolo di portabandiera dell'antirazzismo militante. Il copione si è ripetuto puntuale anche dopo gli ululati che hanno accompagnato la prestazione del gigante nero dell'Inter, Romelu Lukaku, nella sfida dei nerazzurri contro il Cagliari. Letta la notizia, l'ex difensore francese originario della Guadalupa ha cominciato a scaldare i muscoli della retorica, che in effetti gli sono serviti per dire la sua sul caso al Corriere dello Sport, al quale Thuram ha detto: «Quando si parla del razzismo bisogna avere la consapevolezza che non è razzista il mondo del calcio, ma che c'è razzismo nella cultura italiana, francese, europea e più in generale nella cultura bianca. I bianchi hanno deciso che sono superiori ai neri e che con loro possono fare di tutto. È una cosa che va avanti da secoli purtroppo. E cambiare una cultura non è facile». Stavolta, però, qualcosa non è andato per il verso giusto e le sue dichiarazioni non sono state accolte dal consueto unanimismo. Una prima scomunica è arrivata addirittura dalla Licra, la Ligue internationale contre le racisme et l'antisémitisme che, dal 1927, fa il bello e il cattivo tempo in fatto di antirazzismo in Francia. Ebbene, in un comunicato dedicato alle parole di Thuram, l'associazione ha preso le distanze da quella che ha definito una «deriva della battaglia antirazzista». Si precisa infatti che «l'universalismo repubblicano» non tollera generalizzazioni etniche, né riguardo ai neri, né riguardo ai bianchi: «Non è possibile essenzializzare un gruppo, in questo caso i “bianchi", definendolo globalmente con delle caratteristiche uniche che varrebbero per l'insieme dei suoi membri». Per la Licra, «questa assegnazione, che crea un mondo con i “bianchi" da una parte e i “neri" dall'altra, non è accettabile se si pretende, come intende fare Lilian Thuram, di combattere il razzismo». La bordata è pesante: la principale associazione antirazzista di Francia accusa Thuram di fare del razzismo al contrario, di usare contro i bianchi degli argomenti non dissimili rispetto a quelli utilizzati dai razzisti contro i neri. Ma non è tutto: diversi media hanno rilanciato, in questi giorni, una polemica che coinvolge anche un'altra vecchia conoscenza del calcio italiano, Christophe Dugarry, attaccante che negli anni Novanta fece una non indimenticabile stagione al Milan. Nel 2011, quando Thuram lanciò un'altra delle sue crociate contro il presunto razzismo del ct della nazionale francese, Laurent Blanc, Dugarry ricordò un episodio relativo alla sera della finale dei Mondiali del 1998, vinta dai bleus contro il Brasile. Nel mezzo dei festeggiamenti, con i fotografi intenti a raccogliere scatti della gioia transalpina, Thuram se ne uscì così: «Forza neri, facciamoci una foto tutti insieme». Dugarry racconta di aver lasciato cadere la cosa senza darle peso. Non così fece Franck Leboeuf, difensore all'epoca in forza al Chelsea, che replicò: «Lilian, ma cosa dici? E se io dicessi “forza bianchi, facciamoci una foto tutti insieme!"?». Chiosava Dugarry, raccontando il battibecco: «Lilian non deve dimenticare che capita a tutti di dire cose che vanno oltre il proprio pensiero o che possono essere male interpretate». Ora queste parole dell'ex attaccante rossonero tornano a rimbalzare sui media, stimolando interventi fuori dagli schemi come quello di Pierre Ménès, consulente sportivo e autorevole giornalista sportivo, ex firma dell'Équipe e presenza fissa nei talk show sportivi di Francia. Ménès ha replicato duramente a Thuram: «Il problema nel calcio, in Francia, è il razzismo antibianco. Invito la gente a prendere la macchina e ad andare a fare il tour delle partite nelle banlieue parigine del fine settimana e a contare i bianchi sul campo da gioco: al limite c'è solo il portiere e il terzino destro». Per poi rincarare la dose: «Ho provato a mandare mio figlio a calcio, alla seconda volta mi ha detto: “Papà, non vado più, non mi parlano, non mi dicono buongiorno, non mi passano la palla, non si fanno la doccia con me"». Ménès aveva già raccontato comportamenti simili anche nel calcio francese ai massimi livelli. Secondo quanto riportato due anni fa dal giornalista, alla disastrosa spedizione francese al Mondiale 2010, quello sudafricano, avrebbero anche contribuito diverse tensioni razziali nello spogliatoio, in particolar modo ai danni di Yoann Gourcuff, giocatore con un passato al Milan, che per un certo periodo fu indicato come il nuovo Zidane, senza mai dimostrarsi all'altezza di questa impegnativa aspettativa. Secondo quanto rivelato da Ménès, prima del match dell'Uruguay, Florent Malouda avrebbe detto, nello spogliatoio: «Io sono disposto a difendere per Zidane, ma non voglio farlo per Gourcuff». Chiosava il giornalista: «Quello che questo gruppo o una parte di esso ha fatto a Gourcuff è ingiusto, non ci sono parole. È stato razzismo anti-bianco». Un razzismo che il superman delle battaglie etiche, Lilian Thuram, non sembra aver mai percepito.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)