
Un imprenditore italiano, Luciano Care, svelò di aver incontrato il leader di An nel principato.Quando nel 2010 saltò fuori la storia della casa di Montecarlo, di proprietà della Fondazione Alleanza nazionale e svenduta a un prezzo stracciato ai Tulliani, Gianfranco Fini, in quel momento leader della destra non berlusconiana, pensò di cavarsela giocando la debole carta della campagna di delegittimazione nei suoi confronti, affermando che suo cognato aveva preso in affitto quella casa a sua insaputa, sminuì l’imbarazzante scontistica sul prezzo di vendita e, probabilmente certo che il nome dei proprietari non sarebbe mai venuto fuori, garantì che si sarebbe dimesso se fosse stato provato che il rampollo dei Tulliani era il titolare della prestigiosa dimora. Non pago, con un piglio da Marchese del Grillo, ricordò a tutti la parabola della pagliuzza e della trave, chiudendo la sua arringa con un «il tempo è galantuomo». Riportando indietro la macchina del tempo, però, alcune scoperte già tracciavano un triste epilogo. «Ho incrociato il presidente della Camera in Boulevard Princesse Charlotte 14, ho chiacchierato a lungo con lui ed era piuttosto soddisfatto della casa da cui usciva», affermò, parlando con Stefano Filippi, all’epoca cronista del Giornale, nell’estate del 2010 Luciano Care, un imprenditore italiano che viveva a Monaco, dove gestiva una società di import-export. Tra le persone con le quali sosteneva di intrattenere buone relazioni nel Principato c’era proprio un vicino di Giancarlo Tulliani. Gli sherpa di Fini dissero che aveva le traveggole. Ma Care, oggi irrintracciabile (al suo numero di telefono risponde un cittadino straniero che non parla in italiano e che, con difficoltà, spiega di non aver mai incontrato il vecchio proprietario dell’utenza), in quell’intervista confermò di aver visto Fini attorno all’appartamento e di aver scambiato con lui anche qualche parola. Fornì anche dei dettagli temporali: era durante il ponte del primo novembre 2009, ovvero poche settimane prima che cominciassero i lavori di ristrutturazione. E dimostrò di conoscere bene lo stabile: «Di recente hanno rifatto l’ingresso a mattonelle bianche e nere ed è privo di ascensore. Si trova a fianco del palazzo di Radio Montecarlo», disse. Poi stimò anche il prezzo di vendita, 300.000 euro: «Un grandissimo affare. Quando ho letto di quella somma, pensavo si trattasse della valutazione fatta al momento del testamento (l’appartamento proveniva da un lascito testamentario, ndr). Se poi è stata fatta una radicale ristrutturazione, indubbiamente il compratore aveva fiutato un affare d’oro». Care dimostrò di essere ben informato anche sui restauri: «Il mio amico ricorda che l’impresa ha aperto il cantiere a gennaio e ha finito a giugno. I Tulliani sono entrati a luglio. Gli operai erano quasi tutti italiani». Ma cosa si dissero i due durante l’incontro? Care glissò: «Lei sa che la caratteristica del Principato è quella della riservatezza. Abbiamo chiacchierato un quarto d’ora. Gli ho parlato delle condizioni e degli interessi di noi italiani immigrati nel Principato e gli ho chiesto di fare qualcosa per noi». Di una cosa, però, sosteneva di essere certo: Fini si sarebbe mosso davanti a quell’appartamento con disinvoltura: «Non mi pareva che l’onorevole fosse così meravigliato, anzi era molto rilassato e disponibile». E ad accompagnarlo, stando al racconto di Care, c’era la sua famiglia: «Era con la signora Elisabetta e il cognato. Stavo accompagnando a casa il mio amico quando li abbiamo visti uscire. Ci siamo stretti la mano». Care svelò anche di essersi congedato con un «complimenti presidente, tenga duro». Ma il tempo è galantuomo.
Beppe Sala (Ansa)
Per «Italia Oggi», la città di Mr Expo è prima per reati commessi. Due sentenze della Cassazione riscrivono l’iter per le espulsioni.
Milano torna a guidare la classifica della qualità della vita ma, allo stesso tempo, è diventata la capitale del crimine. E, così, il primato che la vede in cima alle Province italiane svanisce subito quando si scorre la classifica sui reati, dove affonda come un sasso dritta alla posizione numero 107, l’ultima. Fanalino di coda. Peggio del 2024, quando era penultima. Un record di cui nessuno dovrebbe essere fiero. Ma che, anche quest’anno, il sindaco dem Beppe Sala ignorerà, preferendo alle misure per la sicurezza il taglio di nastri e la promozione di aree green. L’indagine è quella di Italia Oggi e Ital Communications, realizzata con l’Università la Sapienza, che ogni anno stila la classifica sulla qualità della vita.
Maurizio Gasparri (Ansa)
Il capogruppo azzurro Maurizio Gasparri tra ricordi e attualità: «Casini ha perso il Colle per colpa di Salvini. I giovani in politica devono imparare ad eseguire, quelli che rompono spariscono subito».
Elly Schlein (Ansa)
I cittadini hanno paura e il Pd improvvisamente si scopre «law and order»: dopo aver tifato accoglienza indiscriminata, oggi cavalca il tema legalità per attaccare la destra.
Palazzo Madama (iStock)
Il taglio alla tassazione sugli aumenti contrattuali aiuta 3,3 milioni di dipendenti che guadagnano meno di 28.000 euro, mentre con la riduzione Irpef ci sono vantaggi da 440 euro dai 50.000 euro in su. Fdi ritira l’emendamento sugli scioperi.
Una lettura attenta della legge di bilancio fa emergere altri argomenti che rivelano il carattere strumentale della narrazione data dalla sinistra su una manovra poco attenta alle fasce deboli e invece orientata a favorire i «ricchi». Dopo l’operazione «verità» effettuata dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, sulla natura della riforma delle aliquote dell’Irpef che, contrariamente alla tesi di Cgil e Pd, non va a favorire quelli che a sinistra considerano «ricchi», era rimasta in piedi la tesi che comunque questa manovra è squilibrata a vantaggio del ceto medio, poiché dei bassi redditi il governo si è occupato nelle precedenti leggi di bilancio. Ma guardando con attenzione al testo depositato in Senato e che comincerà l’iter di esame la prossima settimana, emergono una serie di misure proprio a favore dei ceti meno abbienti.






