2021-11-24
Terza dose, corsa contro un muro. La Lombardia frena: «Date incerte»
Con l'anticipazione del richiamo e il taglio alla durata del pass si va verso l'ingorgo per tantissime persone «scoperte»: già oggi oltre 6 milioni. Guido Bertolaso: «Calendario da definire». A rischio fragili, anziani e sanitari.La narrazione sulla pandemia dei non vaccinati sta andando in cortocircuito. Perché chi continua a invocare la caccia agli untori no vax (con il mantra «se ci richiudono è solo colpa loro») già ora potrebbe ritrovarsi accanto qualcuno ancora più «vaccinato» di lui grazie alla terza dose. Che, dice l'ultima circolare del ministero della Salute, si potrà fare a cinque mesi dal completamento del primo ciclo. Il problema, come ha fatto notare nei giorni scorsi Federico Punzi su Atlantico, è che ci sono oltre 6 milioni di italiani (tra cui anche molti operatori sanitari e docenti) che hanno ricevuto la seconda dose prima della metà di maggio e che sono potenzialmente assimilabili ai non vaccinati rispetto alla possibilità di far circolare il virus. Senza contare che comunque, anche i migliori vaccini, hanno alcuni punti percentuali di «fallimento» come scudo contro l'infezione sin da subito. La somministrazione delle terze dosi è partita tardi e sta procedendo lentamente. Tardi, perché è vero che le evidenze scientifiche hanno stabilito solo di recente che l'efficacia del vaccino cala progressivamente dopo oltre sei mesi dalla somministrazione, ma dell'ipotesi del booster si parla ormai da fine maggio. «Sarà molto probabile un richiamo che sarà probabilmente modificato per coprire le varianti», aveva detto in tv il 31 maggio il ministro della Salute, Roberto Speranza. Prima di lui a evocare la terza dose era stato già il 20 maggio il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro («sarà molto probabile un booster») e il 27 maggio anche il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, in un'intervista a La Verità aveva detto che il ministero ci stava «già pensando» e che «ci saranno tutte le condizioni per partire fin da subito a ritmi sostenuti». Quindi, al netto che la copertura durasse cinque, sei o più mesi, la necessità del richiamo era già prevista. Eppure, siamo già col fiato corto anche per la scelta di chiudere molti hub vaccinali pensando di poter gestire i richiami con farmacie e medici di famiglia. La circolare del ministero che consente di fare il richiamo a cinque mesi dal completamento del primo ciclo, e l'eventuale riduzione della durata del green pass (vedremo cosa deciderà oggi il cdm) rischiano di creare un collo di bottiglia nelle somministrazioni a gennaio-febbraio con un mega imbuto tra fragili, over 80, Rsa, operatori sanitari, docenti e anche i richiami a persone vaccinate con seconda dose a luglio-agosto. Gente che ora, rispetto al primo giro di somministrazioni, ha bisogno del pass per andare a lavorare. Cui potrebbero aggiungersi anche i bambini tra i cinque e gli undici anni se arriverà il via libera dell'Ema nelle prossime settimane. Il tutto, continuando con la strategia degli open day e comunque senza prenotazione che, come abbiamo visto in passato, non consente di pianificare adeguatamente le scorte di vaccini nei magazzini delle regioni. Se i centri vaccinali sono scarichi il metodo può funzionare, ma se l'affluenza registra picchi improvvisi il rischio è quello di alimentare il caos. Proprio ieri il coordinatore della campagna vaccinale in Lombardia, Guido Bertolaso, ha scritto in una nota che l'Unità di Crisi della Regione «dopo l'improvvisa decisione assunta dal ministero è al lavoro per riorganizzare e ridefinire gli slot per poter accedere alla somministrazione» ma «ad ora non è ancora stata definita alcuna data a partire dalla quale il sistema di prenotazione di Poste consentirà l'accesso con le nuove tempistiche». E parliamo della Lombardia, la cui macchina vaccinale garantisce comunque 30.000 somministrazioni di terze dosi al giorno. Per correre ai ripari il commissario Figliuolo ha già deciso di riaprire 70 hub (sono molto meno se si escludono quelli mobili, poco più di un'ambulanza) della Difesa da aggiungere a quelli rimasti attivi. «Per incrementare nel Lazio e a Roma le terze dosi riaprirà l'hub della Cecchignola», ha annunciato ieri il generale. Che sempre ieri ha prorogato fino al 31 luglio 2022 l'Accordo Quadro con le Agenzie per il lavoro relativo al personale sanitario «a seguito della necessità di proseguire nella somministrazione dei richiami, garantendo alle regioni/province autonome il necessario supporto da parte di personale sanitario appositamente contrattualizzato per l'esigenza». Lunedì «abbiamo fatto il record delle terze dosi, sono oltre 164.000 e speriamo che le cose procedano così», ha poi sottolineato Figliuolo. Ai dati aggiornati a ieri pomeriggio alle 14.30, però, solo il 7,3% della popolazione vaccinabile (4.341.632 di persone) ha fatto la terza dose. A che punto siamo con la somministrazione nelle singole categorie cui, qualche mese fa, è stata data la priorità (pazienti immunocompromessi, over 60, Rsa, operatori sanitari, over 18 con elevata fragilità)? Non è facile saperlo. Andando a cercare i dati sul contatore Github del ministero della Salute, infatti, si scopre che sono state eliminate (anche nel pregresso) tutte le categorie diverse dalle fasce d'età. Idem nel report settimanale diffuso dalla struttura commissariale. E al momento si può solo vedere che, per esempio, tra gli over 80 ha fatto la terza dose il 42,9% della platea, mentre tra i 70-79 la percentuale scende al 12,3% e tra i 60-69 al 9,3.
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputata della Lega Anna Maria Cisint, dopo la votazione alla commissione sulla pesca a Bruxelles, riguardo la vittoria sulla deroga delle dimensioni delle vongole, importante aspetto per l'impatto sul settore ittico.
L'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri Kaja Kallas (Ansa)