2020-11-30
Sono in ritardo
sui vaccini, quindi ripartono gli apocalittici
Mentre Regno Unito e Usa sono già pronti con la profilassi, l'Italia partirà solo nel 2021. E i cittadini che escono a fare shopping vengono presi di mira dagli esperti, che diffondono il panico sulla terza ondata. In Giappone i suicidi superano i morti da Covid.Ancora continua a sfuggire, dopo tutti questi mesi, che il virus non colpisce soltanto i polmoni, il petto o l'addome. Si insinua anche nel cervello, inquina i pensieri, rimescola la carte del cuore e le confonde. E ciò non dipende dalle sue mutazioni, bensì dal modo in cui è stato e viene raccontato, interpretato politicamente e poi vissuto dalla popolazione. Giorgio Palù, professore emerito di microbiologia e virologia all'università di Padova, lo ha detto in tempi non sospetti: si rischia di morire più di lockdown che non di Covid. E i dati che si vanno raccogliendo in giro per il mondo non sono dei più confortanti. La Cnn, ad esempio, riporta che in Giappone, soltanto a ottobre 2.153 persone si sono suicidate: il loro numero è superiore a quello dei morti per il virus dall'inizio della pandemia (2.050). Si tratta soprattutto di donne (tra cui l'aumento dei sucidi è dell'83% a fronte di un 22% tra gli uomini), cioè la fetta della popolazione che più ha dovuto farsi carico dei figli dopo la chiusura delle scuole e che più facilmente ha perso il lavoro poiché precaria o impiegata in ristoranti, hotel e simili. Chiaro, stiamo parlando di un caso estremo, eppure anche in Italia il disagio si avverte non poco. Non per nulla gli psicologi sono addirittura scesi in piazza la settimana scorsa onde chiedere maggiore attenzione per i soggetti più deboli. Come esiste il distanziamento a protezione del contagio, come esistono mascherine, disinfettanti e mille altre precauzioni a salvaguardia del corpo, non si vede perché non debba esistere anche un contegno verbale e politico, utile a difendere le persone dai danni psichici e morali che la malattia sta provocando. Concretamente, basterebbe iniziare con un po' di silenzio. Una piccola tregua di Natale, una finestra senza allarmismo sfrenato e senza proclami apocalittici. Il governo ci ha aperto la gabbietta in modo che possiamo uscire e spendere soldi, come se fossimo bancomat a due zampe. L'unico aspetto delle festività che ci è permesso di conservare è il bruto consumo, poiché spetta a noi «fare girare l'economia», dato che l'esecutivo ne è totalmente incapace. Bene: almeno ce lo lasciassero fare in pace. E invece no. Già ieri, quando nelle zone diventate arancioni i negozi dovevano ancora riaprire dopo settimane di serrande abbassate, sui giornali già tuonavano i virologi e gli espertoni con parole di morte. Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità, e il suo omologo al Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, avvertivano un'aria troppo rilassata e ringhiavano: «Se così fosse nel giro di due-tre settimane i contagi ripartirebbero». Sulla stessa linea Fabrizio Pregliasco: «Se si riapre troppo a Natale c'è il rischio della terza ondata dopo qualche settimana». Ma scusate: non abbiamo ancora finito la seconda ondata e già ci parlate della terza? Non abbiamo ancora messo piede fuori di casa per fare queste benedette compere e già ce la menate che c'è troppa gente in giro? E poi, scusate, ma di che cosa vi state lamentando, esattamente? Sappiamo già che, dopo la tornata di acquisti verremo di nuovo barricati. Il 25 e il 26 dicembre e a Capodanno sono già pronte chiusure e restrizioni. Dunque diteci: che senso ha insistere? Abbiate pietà e soprattutto rispetto dei cittadini: fate silenzio. Almeno per qualche giorno. Fateci sentire nell'aria qualche trita canzoncina natalizia sulle note del consumismo e smettetela con la tortura e le minacce. Fateci respirare, insomma, liberare la mente da questa pandemia che opprime gli occhi e la testa. Avete trattato gli italiani come bambocci irresponsabili fino a ieri, ebbene consentiteci di avere dei bambini anche i lati positivi: qualche frammento di spensieratezza. Ma niente: il virologo deve dichiarare, fa parte della sua professione, a quanto pare. E lo stesso fanno i politici. La sensazione che ne risulta è che dalle nostre parti tecnici e governanti sappiano anticipare soltanto il lamento. Quando c'è da predire la catastrofe sono lestissimi, ma mai che riescano a prevenirla o a predisporre per tempo adeguate contromisure. Un esempio? Il governo italiano ha mollato su tutto, si è arreso alla pandemia e ha fatto sapere che il vaccino è l'unica via di uscita. A questo proposito, come notava giustamente ieri Il Messaggero, tocca notare un fatto: «Regno Unito e Usa partono con le vaccinazioni a fine dicembre, l'Italia e l'Unione europea devono aspettare fine gennaio». Complice il rallentamento di Astrazeneca su cui abbiamo puntato quasi tutto, complici le forniture mancanti, siamo in ritardo pure sulle vaccinazioni dopo aver tardato sulle mascherine, sulle scuole, sui trasporti pubblici, persino sul vaccino antinfluenzale che il governo ci invitava a fare quanto prima. Meraviglioso. Medici e politici riescono a stigmatizzare i comportamenti dei cittadini prima ancora che li compiano, e intanto restano al palo su tutto il resto, vaccino compreso. Tanto poi potranno dare la colpa a noi, dirci che siamo stati cattivi e non li abbiamo ascoltati, che abbiamo voluto uscite a fare shopping e abbiamo fatto aumentare i contagi, bestie che siamo. Ci allungano la catena e subito ci mortificano, ci fanno sentire in colpa, incuranti delle conseguenze sulla psiche e la salute dei più. Poi potranno darci la nuova mazzata accusandoci delle loro mancanze.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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