2022-05-18
Terminato l’assedio dell’acciaieria ma è giallo sulla sorte dei soldati
Fuori da Azovstal 264 militari ucraini, tra cui diversi feriti. Probabilmente saranno inseriti in qualche scambio di prigionieri, anche se in Russia c’è chi li vorrebbe processare. Al fianco di Kiev arrivano pure i georgiani.Dopo una lunghissima trattativa tra russi e ucraini che l’hanno negata fino all’ultimo, 264 militari tra i quali ci sono anche gli appartenenti al battaglione Azov, sono usciti dall’acciaieria Azovstal di Mariupol e dovrebbero essere scambiati con dei prigionieri russi. Tra coloro che sono stati oggetto della trattativa ci sono 53 feriti, alcuni dei quali (38) sono in gravi condizioni. I feriti si trovano a Novoazovsk, sulla punta Sud orientale dell’Ucraina (vicino al confine con la Russia), controllata dai russi, mentre gli altri 211 sono stati trasferiti a Olenivka, località del distretto di Donetsk da tempo filo russo. Una trattativa lunga e molto complessa che Vladimir Putin ha dovuto necessariamente fare per due ragioni molto semplici: la prima è di carattere puramente opportunistico, infatti l’acciaieria Azovstal nella Mariupol russa che lui si immagina, è uno dei pochi asset ancora in piedi che possono essere utili ai russi; la seconda è che le immagini satellitari delle fosse comuni che hanno provocato lo sdegno unanime in tutto il mondo, sono state un durissimo colpo all’immagine già compromessa della Russia e molto probabilmente si è preferito evitare una strage in diretta Facebook di coloro che si erano asserragliati nelle viscere della fabbrica. Allo stato attuale i russi non hanno parlato oppure documentato che tra coloro che sono usciti dalla fabbrica vi siano combattenti occidentali oppure di armi chimiche, due ipotesi che erano state avanzate anche da qualche commentatore occidentale. «I nostri eroi ci servono vivi» ha scritto su Telegram il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha anche ringraziato «i militari delle forze armate ucraine, dell’intelligence, della squadra dei negoziati, del Comitato internazionale della Croce Rossa, e dell’Onu». Il presidente ucraino ha poi aggiunto che «è iniziata l’operazione per far tornare i nostri militari a casa. È un lavoro che richiede attenzione e tempi lunghi». Il Comando militare supremo dell’Ucraina ha commentato così l’evacuazione dei soldati: «I difensori di Mariupol sono gli eroi del nostro tempo. Sono per sempre nella storia, mantenendo le posizioni ad Azovstal, non hanno permesso al nemico di trasferire fino a 17 gruppi tattici di battaglione (circa 20.000 membri del personale ndr) e in altre aree. Ciò ha impedito l’attuazione del piano per la rapida cattura di Zaporizhzhia, l’accesso al confine amministrativo delle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia e ci ha dato l’opportunità di preparare e creare linee difensive, dove si trovano oggi le nostre truppe». I russi naturalmente non parlano di trattative né tanto meno di scambio di prigionieri e questo proposito il ministro della Difesa russo, Sergei Lavrov, ha affermato che «i militari ucraini si sono arresi alle forze russe». E adesso cosa accadrà? Meglio non essere ottimisti perché - secondo la Bbc - all’interno dell’acciaieria ci sarebbero alcuni combattenti che hanno ignorato l’ordine di evacuazione per i quali è difficile essere ottimisti; poi attenzione a cosa accade sul fronte politico russo, perché la Duma potrebbe vietare lo scambio di prigionieri di guerra russi con i membri catturati del reggimento ucraino Azov. A tal proposito, Vyacheslav Volodin, portavoce della Duma, ha affermato che non vanno scambiati con i prigionieri russi «i suoi membri sono criminali nazisti. Sono criminali di guerra e dobbiamo fare di tutto per assicurarli alla giustizia». A tal proposito il sito Web della Duma ha reso noto di aver chiesto alle commissioni di Difesa e sicurezza di preparare un’istruttoria in merito.Intanto si è appreso dai media britannici, citando fonti militari occidentali anonime, che ora «il presidente Vladimir Putin è coinvolto nella spinta della Russia per conquistare l’Ucraina orientale a livello tattico», in particolare Putin starebbe lavorando con il generale Valerij Gerasimov alla strategia per circondare le città sotto il controllo di Kiev nelle regioni di Luhansk e Donetsk dopo aver abbandonato il loro piano iniziale che prevedeva la conquista della capitale ucraina a fine febbraio. Il fatto è singolare perché Vladimir Putin non è un militare e non ha mai combattuto da nessuna parte ma probabilmente questo serve anche a motivare i militari che devono affrontare, oltre alle difficoltà sul terreno, i numerosi casi di diserzione e i suicidi sul campo. Mentre l’Associated Press ha reso noto «di aver individuato, per il momento, 57 bombardamenti deliberati contro strutture educative», accuse che si vanno a sommare alle oltre 8.000 denunce per crimini di guerra che i russi avrebbero commesso in Ucraina. In Russia, del resto, continuano gli attentati incendiari contro i centri di reclutamento e nelle ultime ore è accaduto nella città di Gukovo, nella regione di Rostov, nella Russia meridionale, nella regione di Ryazan a Sud Est di Mosca, e nella filiale di Volgograd del ministero delle Emergenze russo che ha denunciato un incendio nel suo seminterrato di un ufficio di arruolamento militare nel distretto cittadino di Sovetskiy. Infine, fino ad oggi nessuno aveva parlato del coinvolgimento nel conflitto della Legione nazionale georgiana, fondata dal veterano georgiano Mamuka Mamulashvili, che avrebbe tra le sue file molti stranieri, tra i quali anche cittadini americani. Adesso si apprende che almeno nove georgiani sono morti in Ucraina dall’inizio della guerra, probabilmente il più grande numero di vittime tra qualsiasi contingente straniero che combatte dalla parte ucraina. I volontari georgiani includono oltre agli stranieri, ex soldati georgiani, poeti, blogger e persino due ex ministri della Difesa.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco