2018-11-04
Tegola per Confindustria: Mansi indagata
Dopo la vicenda di Antonello Montante e i guai del «Sole», anche la vice presidente, già capo della Fondazione Mps, finisce in un'inchiesta a Vasto. Coinvolti gli ex vertici locali dell'Agenzia delle entrate e il socio dell'imprenditrice che è accusata di concorso in abuso d'ufficio, in qualità di eventuale beneficiaria della condotta.Nuova tegola sulla Confindustria di Vincenzo Boccia, già travolta dall'inchiesta sulle copie gonfiate del Sole 24 Ore di Roberto Napoletano e quella sull'ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante, che ha toccato di striscio pure il direttore generale Marcella Panucci, come raccontato dalla Verità. Antonella Mansi, vicepresidente da ben due mandati, nell'advisory board di Unicredit, presidente del Centro di Firenze per la moda italiana, già numero uno della Fondazione Mps e consigliere di Bassilichi, è indagata in un'inchiesta della procura di Vasto assieme ad altre otto persone, tra cui i vertici dell'Agenzia delle entrate della regione Abruzzo. Nella lista c'è l'ex direttore dell'agenzia Federico Monaco (oggi alla direzione centrale dei servizi fiscali), l'ex direttore provinciale di Chieti, Roberto Nannarone, e Gianni Guerrieri, già direttore centrale dell'Omise, l'Osservatorio del mercato immobiliare e dei servizi estimativi dell'Agenzia delle entrate di Roma. Le accuse sono di abuso d'ufficio e tentata concussione. L'imprenditrice dovrà solo rispondere, in quanto eventuale beneficiaria della condotta, di concorso in abuso d'ufficio. Contattata dalla Verità, la Mansi ha spiegato: «Sono totalmente estranea alla vicenda e attendo di poter chiarire la mia posizione nelle sedi opportune. Ho piena fiducia nella magistratura». Il capo della procura abruzzese Giampiero Di Florio ha chiuso le indagini due settimane fa e nei prossimi giorni le difese dovranno rispondere prima del rinvio a giudizio. La vicenda, raccontata anche dal quotidiano Il Centro, ruota intorno a presunti favori che l'ente che monitora l'andamento delle nostre entrate tributarie avrebbe fatto a una società del gruppo Solmar, la Hadry tanks, un'azienda che si occupa dello stoccaggio e della commercializzazione di acido solforico e fosforico, amministrata proprio dalla Mansi (è presidente) insieme con Mario Puccioni, anche lui indagato. In pratica, stando all'accusa, Puccioni avrebbe ceduto a sé stesso, cioè alla Hadry tanks, un ramo della sua vecchia azienda a un prezzo dimezzato rispetto a quello stabilito successivamente dall'Agenzia delle entrate. Nel 2013 il prezzo della cessione veniva fissato in 7.960.000 euro, di cui 4.140.000 per l'avviamento, 1.100.000 per attrezzature e impianti, e 2.760.000 per l'immobile, come ricorda il quotidiano abruzzese. Ma nel febbraio del 2015 il direttore dell'agenzia delle entrate di Chieti Maurizio Franceschini rompe le uova nel paniere e notifica un avviso di rettifica alle parti, perché la stima di vendita sarebbe nettamente superiore: il valore economico per il fisco è di 19 milioni e mezzo di euro, non di 8. Nel capo di imputazione si legge: «Nannarone, previa intesa con Monaco si presenta presso la sede di Vasto e, abusando della sua qualità, compiva atti idonei e diretti a costringere il direttore Franceschini ad annullare l'avviso di accertamento per far conseguire indubbi vantaggi patrimoniali agli amministratori della Hadry tanks, senza fornire alcuna giustificazione, senza addurre alcuna spiegazione plausibile, esibendo documenti comprovanti un eventuale errore di valutazione a riguardo, affermando semplicemente che «la perizia era sbagliata». Non solo. Nei giorni successivi, per telefono, Nannarone avrebbe riferito a Franceschini «che aveva ricevuto a sua volta», come prosegue l'accusa, pressioni dal vicepresidente di Confindustria che, essendo toscano, era vicino all'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi», reiterando l'illegittima e indebita pretesa di annullamento dell'atto». A questo punto, dal momento che Franceschini non aveva ceduto, i due si sarebbero rivolti all'Omise per una stima «con la finalità di “assicurare un'efficace difesa degli interessi erariali nella controversia in questione"». Dall'unità nazionale di valutazione dove era presente lo stesso Guerrieri arrivava quindi un nuovo parere che, «fondandosi su criteri di stima inesatti e comunque non rispettosi sia del dato normativo di riferimento sia dell'effettiva consistenza del ramo d'azienda», calcolava il valore complessivo in 9 milioni e 680.000 euro. Alla fine il prezzo veniva determinato «in assenza di Ctu, in 8 milioni e 757.000 euro». Qui le carte e le accuse. La questione però sta già toccando i piani alti della presidenza di Confindustria, dove da tempo c'è chi si interroga sulle prossime elezioni. Il prossimo anno sarà decisivo per viale dell'Astronomia, dal momento che a maggio sarà nominato il nuovo consiglio generale che designerà poi nel marzo del 2020 l'assemblea che eleggerà ilnuovo presidente. In viale dell'Astronomia non è passata inosservata la scelta della chiamata a raccolta degli iscritti. Sarà a Milano dal 7 all'8 febbraio, dove ci sarà la presentazione di Connext, progetto di partenariato industriale diretto proprio dalla Mansi. La scelta del capoluogo lombardo non è casuale, perché a quanto pare il prossimo presidente di Confindustria dovrebbe arrivare proprio dal Nord Italia, una figura più vicina ad Assolombarda, capace di rialzare le quotazioni dell'associazione di industriali, soprattutto dal punto di vista politico, dopo la fallimentare decisione di appoggiare l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi al referendum costituzionale del 4 dicembre del 2016. Nel frattempo, le inchieste continuano.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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