2024-07-12
Il ceo di Axon, azienda produttrice delle pistole elettriche, smentisce le correlazioni tra uso del dispositivo e attacchi cardiaci: «Lo strumento lavora a livello neuromuscolare. Le cartucce? Sono sempre più efficaci».«Uomo colpito da una scarica di Taser, accusa un malore e muore per arresto cardiaco». È il titolo che va per la maggiore sui siti dei quotidiani nazionali e locali in merito a quanto accaduto mercoledì scorso a Colle Isarco, in Alto Adige, dove i carabinieri nel tentativo di fermare un uomo in stato confusionale, probabilmente sotto effetto di droghe e alcol, hanno dovuto ricorrere alla pistola a impulsi elettrici, dopo che questo si era lanciato da una finestra da un’altezza di circa due metri e mezzo per poi rialzarsi e tentare l’aggressione ai militari. Immediatamente è montata la polemica sull’utilizzo del Taser, in particolare con Avs che per voce del capogruppo in commissione Affari costituzionali alla Camera Filiberto Zaratti ha chiesto di ritirare lo strumento in dotazione alle forze dell’ordine e alle municipali. In attesa che indagini e autopsia chiariscano quanto accaduto, con la procura di Bolzano che ha aperto un’inchiesta per accertare le cause del decesso e avviato un procedimento penale a carico di ignoti, la divisione italiana di Axon, società americana che produce i Taser, ha subito precisato che «oltre 800 studi indipendenti e più di 8 milioni di impieghi in 25 anni hanno escluso una correlazione tra attacchi cardiaci e l’uso del dispositivo». La nota dell’azienda sottolinea inoltre che «il Taser è certificato come l’arma meno letale al mondo, che provoca l’immobilizzazione neuromuscolare del soggetto per cinque secondi e che è importante che venga accertato quanto accaduto prima che le autorità intervenissero». Non è la prima volta che ci si interroga sull’utilizzo di tale strumento e sulla sua efficacia, dopo i due recenti episodi accaduti a Milano lo scorso maggio, quando un agente di polizia era stato accoltellato dopo che il Taser non aveva immobilizzato un malvivente, e un collega aveva dovuto ricorrere all’arma da fuoco. Per approfondire la questione e chiarire i dubbi a riguardo, abbiamo raggiunto il ceo di Axon, Rick Smith, cui abbiamo posto qualche domanda.Dottor Smith, quali possono essere le ragioni per cui il Taser non ha funzionato in quelle circostanze? Con il nuovo modello T10 sarebbe potuta andare meglio?«Non possiamo dire nulla sul caso specifico perché c’è ancora un’indagine in corso. Però possiamo ricordare che a livello di statistica mondiale il T10 è decisamente più efficace perché passa dal 70 al 98% di successo».In generale, invece, quando non funziona?«Le ragioni per cui non funziona possono essere i vestiti troppo pesanti, oppure il bersaglio mancato o, in alcuni casi, i dardi che si connettono troppo vicino e non creano il circuito. I due dardi devono essere almeno a 20 centimetri di distanza».Quanto incide lo spessore dei vestiti?«Questa rimane ancora la nostra più grande sfida. Già dal modello X2 al 7 c’è stata una riduzione dal 14 al 4% di casi di insuccesso a causa di un abbigliamento molto imbottito. Un altro grosso miglioramento c’è stato con il T10 e ora stiamo sviluppando una nuova cartuccia che sarà pronta tra un anno e che è specificamente pensata per trapassare i vestiti più pesanti».E se il soggetto è sotto sostanze stupefacenti?«Il fatto di assumere droghe non incide. Non c’è nessuna relazione, perché il Taser lavora a livello neuromuscolare».In Italia la polizia di stato ha il Taser X2, alcune locali l’X2, altre il T7 e dal 3 luglio la municipale di Ventimiglia il T10. Quanto è più efficace?«Nelle altre versioni partivano due dardi contemporaneamente ed entrambi dovevano andare a segno altrimenti non si avevano altre opportunità, quindi in caso di malfunzionamento o di colpo non perfetto il Taser diventava uno strumento inefficace. Per migliorare l’affidabilità abbiamo aumentato il numero di dardi a 10, in modo che anche se uno non va a segno l’agente ha la possibilità di continuare a sparare, portato la distanza da 7 a quasi 14 metri».L’anno scorso, con il lancio di T10, vi siete posti l’obiettivo di ridurre del 50% le morti per scontri con armi da fuoco tra polizia e civili. A che punto è?«Noi lo chiamiamo moonshot goal. Non c’è ancora un volume di dati per avere un’evidenza statistica. Quello che stiamo facendo è investire nel dispiegamento delle tecnologie necessarie a raggiungere i nostri obiettivi su vasta scala. In base alle informazioni raccolte finora, possiamo dire che ci sono decine e decine di casi in cui l’utilizzo dei nostri mezzi permette di evitare l’utilizzo dell’arma da fuoco per raggiungere la de-escalation».Quanto può aiutare la tecnologia in questo?«L’utilizzo delle armi da fuoco non è mai volto all’uccisione della persona che si sta tentando di fermare. Il poliziotto però a volte non ha alternative all’uso della pistola e il fatto di uccidere qualcuno è un incidente che spesso avviene per mancanza di alternative tecnologiche».Il Taser potrà sostituire l’arma da fuoco?«Migliorando l’affidabilità e raggiungendo standard altissimi si può. È assurdo che ancora oggi si utilizzino dei proiettili, inventati 900 anni fa, per fermare dei malviventi quando invece la tecnologia ci permette di farlo senza avere un esito fatale».
Leone XIV (Ansa)
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