2023-01-29
        Tamponi, green pass, distanziamento. Le restrizioni sopravvivono al virus
    
 
Viaggio surreale nell’Italia aggrappata alle restrizioni: in varie Regioni, ci sono ospedali che chiedono il test pure per visitare i moribondi. In certi uffici postali si entra due alla volta. E alcuni atenei impongono le Ffp2.Strutture ospedaliere che richiedono ancora il green pass camuffato da modulo, con le stesse richieste di un tempo, nonostante il certificato verde sia stato mandato in soffitta; reparti che impediscono la visita ai moribondi senza il tampone; supermercati che trasmettono l’alert audio con le misure precauzionali della distanza di sicurezza; uffici postali che lasciano entrare solo due persone per volta. Esiste un’Italia ancora ferma alla fase acuta della pandemia. Il partito delle restrizioni a oltranza conta tra i suoi proseliti anche i bed and breakfast. La casa vacanze di Stella Eymann a Caorle, il «Caorle for you», è tassativamente vietato a chi non si è vaccinato: «Non accetto no vax». La signora è particolarmente agguerrita e se qualcuno pensa di venire a patti o di avere deroghe, è meglio che cerchi altrove: «Evitiamo litigi, discussioni sgradevoli, lezioni di vita, teorie scientifiche da social media, non innervositemi che quando perdo la pazienza, alzo la voce, non controllo il linguaggio e divento molto, molto scurrile». Raggiunta al telefono, taglia corto: «La casa è mia, ho fatto una scelta. Io non andrei mai dove non sono benvenuta».Su un b&b si può anche passare sopra. La questione cambia nel caso di uffici pubblici. Le poste di via Mameli 73, a Verona, fanno entrare ancora due alla volta nonostante, nelle ore di punta, una lunga fila si snodi all’esterno, con anziani costretti ad attendere in piedi al freddo, o sotto la pioggia. I casi più eclatanti riguardano però le strutture sanitarie. Al Comitato sana e robusta costituzione arrivano segnalazioni di ogni genere. Ecco quello che riferisce il presidente, Raffaele Varvara: «In alcuni istituti sono obbligatori i tamponi e i moduli di avvenuta vaccinazione, non solo per visitare i parenti ma anche per eseguire esami diagnostici. La Asl 6 Euganea di Padova richiede ai familiari il test con risultato negativo, fatto a spese dell’interessato. Se la persona dovesse risultare positiva, seppur asintomatica e dopo quattro dosi di vaccino, allora perde il diritto di visitare il proprio familiare, anche nel caso di un fine vita». Eppure, è la legge adesso a stabilire che il green pass non è più obbligatorio per accedere a ospedali e Rsa. Per aggirare l’ostacolo alcune strutture sanitarie pretendono la compilazione di moduli ad hoc con le stesse indicazioni del certificato verde. «È quello che accade nel Savonese, nella Asl Liguria 4, che ha stabilito un apposito questionario da compilare prima dell’ingresso, in cui si richiede il completamento del ciclo vaccinale o l’avvenuta guarigione», riferisce Varvara. C’è dell’altro: «Ospedale di Vicenza, gennaio. Un anziano, vaccinato tre volte, ricoverato il 25 dicembre per problemi di deambulazione, confusione mentale e difficoltà a parlare, è stato sottoposto a un tampone ed è risultato positivo, perciò è stato sistemato nel reparto Covid. Deceduto di lì a pochi giorni, i medici hanno riferito ai familiari che non avrebbero potuto vederlo un’ultima volta, post mortem, perché era contagiato dal virus. La direttrice generale dell’ospedale si è appellata a una legge del 1990 che regolamenta i contatti con i deceduti quando questi hanno una malattia infettiva. Il familiare si è quindi rivolto alla polizia e quando dall’alto è arrivata una chiamata e la situazione si è sbloccata, così i figli hanno potuto vedere il loro papà per l’ultima volta».Sono arrivate segnalazioni anche dell’ospedale San Lorenzo di Carmagnola, che chiede ancora il tampone per entrare, e del Sacco di Milano, dove le visite ai familiari avvengono dietro il vetro e con il limite di 20 minuti, uno per volta a giorni alterni. Varvara riferisce poi il caso eclatante avvenuto nell’hospice della Fondazione Ado a Ferrara: «C’è voluto l’intervento della Questura per sbloccare l’accesso di una donna che rifiutava il test, in visita a una parente». Non si entra senza la verifica della negatività nemmeno all’ospedale di San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia. All’Esselunga di Moncalieri, in provincia Torino, è ancora in funzione l’alert della voce registrata che invita a mantenere il distanziamento, mentre da Roma, un tirocinante come operatore socio sanitario, riferisce che per seguire il corso è richiesta la vaccinazione.Drammatica la situazione nelle case di riposo. Rosa Lo Greco dell’associazione Io di Vicenza racconta. «Per il ricovero nelle Rsa è richiesto il ciclo vaccinale completo e i parenti in visita devono fare i tamponi. Negli ospedali può accadere che, se un paziente muore ed è positivo al Covid, i familiari non possano porgergli nemmeno l’ultimo saluto».Antonietta Di Renzo, presidente dell’Associazione giustizia sociale di Genova, ha raccolto le segnalazioni che arrivano dai parenti di anziani ricoverati nelle Rsa. «Senza il tampone non fanno entrare. E a chi obietta che le restrizioni sono finite, dicono che siccome sono enti privati decidono come vogliono». Rilancia un video che riferisce di un caso avvenuto il 17 gennaio scorso. Nel post su TikTok, un uomo racconta la vicenda di un amico finito nell’ospedale Micone di Sestri a seguito di una caduta dallo scooter. Poi mostra il referto in cui si dice che il paziente ha rifiutato il tampone rapido come da procedura aziendale e pertanto non può essere sottoposto a indagini radiologiche. L’infortunato allora si reca nell’ospedale di Voltri, ma la risposta è la stessa, come testimoniato dal video. Anche lì chiedono il tampone antigienico per l’accesso al pronto soccorso. A Roma, al Policlinico Umberto I, l’Agi raccoglie lo sfogo di una signora: «Ancora osservano restrizioni per il Covid e mi hanno chiesto il green pass anche se non è più obbligatorio». A Vicenza, in alcuni Caf si entra con la mascherina. Stessa situazione nei supermercati, che espongono ancora i cartelli del lockdown. Sempre a Vicenza, nell’ufficio postale di via Baracca, all’ingresso, c’è l’insegna per la rivelazione di temperatura corporea con termometro e l’indicazione di «mantenere la distanza interpersonale anche in fase di misurazione». Un negozio di scarpe sulla strada Marosticana mantiene il banchetto con il gel igienizzante e il cartello con l’avvertenza: «Obbligatorio». E non è una eccezione, tiene a precisare Rosa Lo Greco. Nella vetrina di un negozio Vodafone in centro città, c’è attaccato un foglio con le vecchie indicazioni, a cominciare dall’esibizione del green pass. La mascherina sopravvive anche in alcune università. Alla Sapienza di Roma, nell’aggiornamento sul sito, c’è scritto che «la protezione va usata obbligatoriamente in tutti i luoghi chiusi e all’aperto dove non si possa garantire la distanza interpersonale minima di un metro». La Ffp2 è «fortemente raccomandata» in una serie di casi quali le riunioni in presenza, per il personale a contatto con il pubblico, in fila per l’accesso alla mensa, negli ascensori, per le attività didattiche in aula e in laboratorio e per gli esami. Inoltre, giornalmente, prima di accedere agli spazi universitari, i lavoratori e gli studenti devono provvedere all’automonitoraggio delle proprie condizioni di salute, verificando se ci sono sintomi Covid. Stessa situazione negli Atenei di Parma e Cosenza. Il tempo sembra essersi fermato ai momenti bui della pandemia.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 29 ottobre con Carlo Cambi
        Ernesto Maria Ruffini (Ansa)