2023-10-14
Tajani: «Arabi uniti contro i terroristi». E il Vaticano schiera la sua diplomazia
Antonio Tajani in Israele (Ansa)
Il vicepremier: «Isolare i violenti». Pietro Parolin: «Pronti a mediare». Antony Blinken in Giordania e Qatar. L’Ue si muove ma non tocca palla.Vladimir Putin si gode l’instabilità dell’area: «C’è un mercato nero anche se non penso vi sia dietro il governo di Kiev». «Israele ha diritto a difendersi, ma serve un cessate il fuoco».Lo speciale contiene due articoli.L’Italia cerca di acquisire un ruolo diplomatico significativo nella crisi israeliana. Ieri, il titolare della Farnesina, Antonio Tajani, si è recato nello Stato ebraico. «Ho ribadito al ministro israeliano degli esteri Cohen la solidarietà e la vicinanza del governo italiano e di tutta l’Italia alle vittime di questa tragedia e ho detto che faremo di tutto per liberare gli ostaggi nelle mani di Hamas», ha detto Tajani, equiparando Hamas all’Isis e alla Gestapo. «Israele ha diritto a difendersi e sono convinto che avrà una reazione proporzionata e farà di tutto per colpire solo Hamas», ha anche affermato, per poi aggiungere: «Credo che sia giusto che Hezbollah rimanga dentro i confini del Libano». Hezbollah è storicamente sostenuto da quell’Iran che fonti del New York Times hanno confermato ieri essere coinvolto nell’attacco di Hamas. La logica che sta seguendo Tajani è essenzialmente quella degli accordi di Abramo: cercare di giocare di sponda con i Paesi arabi considerati più moderati, per isolare Hamas e l’Iran: «Un’alleanza contro il terrorismo può e deve esserci ma deve coinvolgere i Paesi arabi». «Vogliamo che ci sia una de-escalation, perché non vogliamo che scoppi un’altra guerra di ampio raggio, fermo restando il diritto di Israele a difendersi. E contiamo anche sull’Arabia Saudita, contiamo sulla Giordania, contiamo sull’Egitto», aveva detto già domenica. Si tratta di una strategia ambiziosa e non facile da attuare: l’attacco di Hamas, spalleggiato da Teheran, era infatti principalmente finalizzato a far deragliare la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita, mediata dagli Usa: una normalizzazione che, secondo Reuters, Riad avrebbe appena congelato. Tuttavia il capo della Farnesina sta cercando di ricomporre tali fratture. È d’altronde in questo contesto che Tony Blinken ha incontrato ieri il re di Giordania Abd Allah II, il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani: ricordiamo che Doha intrattiene solidi legami con l’Iran e che ha anche opachi rapporti con Hamas. L’obiettivo del segretario di Stato Usa è quello di «aiutare a prevenire la diffusione del conflitto, garantire il rilascio immediato e sicuro degli ostaggi e identificare meccanismi per la protezione dei civili».Nel frattempo, l’Ue continua a rivelarsi spaccata. Il capo della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, si sono recate ieri in Israele per esprimere solidarietà. Il problema è che, al di là delle dichiarazioni di facciata, la Commissione si è di recente divisa sulla questione della sospensione degli aiuti ai palestinesi. Inoltre, al suo interno figurano alcuni fautori del controverso accordo sul nucleare iraniano, come Josep Borrell e Paolo Gentiloni. Tra l’altro, dopo un colloquio ieri a Pechino con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, proprio Borrell ha definito «irrealistica» l’evacuazione di circa un milione di palestinesi verso il Sud di Gaza, invocata dal governo israeliano. Eppure, nonostante queste spaccature, Borrell è riuscito a definire l’Ue una «potenza geopolitica». Tentativi di mediazione sono arrivati intanto dal segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che ha incontrato l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Raphael Schutz. «È diritto di chi è attaccato difendersi, ma anche la legittima difesa deve rispettare il parametro della proporzionalità», ha detto Parolin. «La liberazione degli ostaggi israeliani e la protezione della vita degli innocenti a Gaza sono il cuore del problema creatosi con l’attacco di Hamas e la risposta dell’esercito israeliano», ha proseguito, aggiungendo che «la Santa Sede è pronta a qualsiasi mediazione necessaria». Cresce nel frattempo la tensione tra Usa e Iran. Parlando da Israele, dove ieri ha incontrato Benjamin Netanyahu, il capo del Pentagono, Lloyd Austin, non ha lasciato spazio a dubbi. «Non c’è mai alcuna giustificazione per il terrorismo. E questo è particolarmente vero per la furia di Hamas», ha detto, per poi aggiungere: «Hamas non parla a nome del popolo palestinese, o delle sue legittime speranze di dignità, sicurezza, statualità e pace al fianco di Israele». «Abbiamo una sola parola per qualsiasi Paese, o qualsiasi gruppo o chiunque cerchi di trarre vantaggio da questa atrocità: non fatelo», ha concluso. Un avvertimento verosimilmente rivolto a Hezbollah e allo stesso Iran. D’altronde, poche ore prima il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, si era incontrato a Beirut proprio con il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Lo stesso Abdollahian aveva inoltre lanciato delle minacce, affermando: «Se questi crimini di guerra organizzati commessi dall’entità sionista non si fermano immediatamente, allora possiamo immaginare qualsiasi possibilità». Nel frattempo, il vice capo di Hezbollah, Naim Qassem, ha detto che la sua organizzazione è «pienamente preparata» a unirsi ad Hamas contro Israele. L’Iran e i suoi proxy puntano a incrementare la tensione, per allontanare da Israele quei Paesi arabi che ci si stavano avvicinando. Per recuperare la logica degli accordi di Abramo è necessario che l’amministrazione Biden e la Commissione Ue abbandonino finalmente ogni tipo di appeasement verso i khomeinisti. Forse la Casa Bianca inizia a comprenderlo, visto che ha bloccato i sei miliardi di dollari di asset iraniani che aveva scongelato a settembre. Bruxelles invece quando lo capirà?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tajani-israele-diplomazia-2665964317.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="putin-ad-hamas-armi-per-lucraina" data-post-id="2665964317" data-published-at="1697234742" data-use-pagination="False"> Putin: «Ad Hamas armi per l’Ucraina» L’ammissione di Vladimir Putin, «Israele ha il diritto di difendersi, e a garanzie sulla sua esistenza pacifica», con il passare delle ore è finita stemperata da una serie di distinguo, compresa «la necessità di creare una Palestina indipendente». Fa gioco, al capo del Cremlino, deplorare il conflitto in corso distraendo l’attenzione dell’Occidente dall’Ucraina, nel suo primo viaggio all’estero da quando è stato incriminato dalla Corte penale internazionale. Parlando al vertice della Comunità degli Stati indipendenti a Bishkek, ha difeso l’invasione russa. «L’invio di truppe era giustificabile a causa degli anni di combattimenti tra l’esercito ucraino e le forze separatiste nell’est del Paese», è stata la sua dichiarazione ai giornalisti. «La nostra operazione militare speciale non è l’inizio di una guerra, ma un tentativo di fermarla», ha provato a spiegare. Quanto al drammatico conflitto in Medio Oriente, ha detto che «la cosa più importante», in questo momento, è un «immediato cessate il fuoco e la stabilizzazione della situazione sul terreno». Putin definisce «inaccettabili» gli appelli ad usare tattiche da «assedio di Leningrado» contro la Striscia di Gaza, ma soprattutto gioisce perché dai media, concentrati sugli orrori compiuti dai terroristi, sono quasi del tutto scomparse notizie sul fronte russo ucraino. E ci sarebbero le armi, fornite dall’Ucraina ad Hamas attraverso il mercato nero, ipotesi che il presidente russo sembra confermare. «Abbiamo informazioni sicure», ha affermato. Per poi correggere il tiro: «Non ho alcuna simpatia nei confronti dell’attuale leadership ucraina, ma dubito che ciò sia fatto a livello di governo. Il livello della corruzione in Ucraina è conosciuto, è molto alto». Certo, l'attacco subìto da Israele è «senza precedenti, non solo per dimensioni ma anche per il grado di brutalità», riconosce lo zar, convinto che l'obiettivo dei negoziati debba essere «l’attuazione della formula dei due Stati delle Nazioni Unite che implica la creazione di uno Stato Palestinese con Gerusalemme est come capitale», lavorando per risolvere queste questioni «con modalità pacifiche». Però, il capo del Cremlino ha rotto il silenzio solo per denunciare le «catastrofiche» morti civili e criticare i passi di Washington verso un accordo di pace in Medio Oriente. È salito in cattedra per proporsi anche come mediatore, dichiarando che Mosca «è pronta a coordinarsi con tutti i partner dalla mentalità costruttiva». Per Putin, gli Stati Uniti sarebbero causa integrante dell’attuale conflitto tra Israele e i terroristi islamici. «Non è stato utilizzato il quartetto di mediatori internazionali» formato da Nazioni Unite, Usa, Russia e Ue, ha accusato secondo quanto riporta la Tass. I legami di Mosca con la Siria, uno stretto alleato dell’arcinemico di Israele, l’Iran, non hanno impedito buoni rapporti tra Putin e Netanyahu. Più di un milione di persone dalla Russia e da altre parti dell’ex Unione Sovietica si sono trasferite in Israele, fattore importante nel consolidare le relazioni. Dopo l’invasione dell’Ucraina, le autorità israeliane hanno espresso sostegno a Kiev ma rifiutato di fornirle armi. Mosca ora sollecita una rapida fine dei combattimenti, senza attribuire colpe e sperando di agire come pacificatore, ma davvero vuole che si metta fine alla guerra? La destabilizzazione dell’Occidente è solo funzionale alla Russia, e se un nuovo conflitto si estende in tutto il Medio Oriente aiuti e sostegno all’Ucraina non sarebbero più una priorità.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)