Roberto Gualtieri (Ansa)
Non bastano i cumuli di pattume e i roghi appiccati lungo le strade: nella Capitale i bollettini della tassa rifiuti arriveranno ai destinatari oltre la scadenza del pagamento. Per l’Ama la multa la devono liquidare i cittadini.
Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, gongola sui social per il ritrovamento (non il primo) di una testa di marmo in piazza Augusto Imperatore ma guadagna gli insulti dei romani esasperati dalla gestione dei rifiuti.
L’emergenza «monnezza» è diventata, ormai, una situazione ordinaria come neanche negli anni di Virginia Raggi. «Roma sarà pulita per il Giubileo, chiedo scusa ai romani» promette il sindaco dem come se la gestione dei rifiuti, da ora al 2025, non fosse un problema suo, visto che Ama è una società in house che gestisce per conto dell’ente Roma Capitale, suo socio unico, la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la nettezza urbana nel territorio di Roma e l’espletamento dei servizi cimiteriali.
Intanto nei quartieri romani, dall’Eur alla Casilina, da Prati al Tuscolano, da Torrevecchia ai Parioli, lungo i marciapiedi, vicino ai cassonetti stracolmi aumentano i cumuli di sacchetti abbandonati, i miasmi nauseabondi causati dal caldo torrido e i roghi appiccati da chi non sopporta più la puzza. È già scattata un’indagine sui rifiuti in fiamme, che fanno tornare in mente gli autobus che prendevano fuoco in mezzo alla strada. E, nel frattempo, per molti romani sta per arrivare un altro «regalo» dal Campidoglio: infatti, ad almeno 200.000 romani tra famiglie, commercianti e imprese, il bollettino della tassa dei rifiuti arriverà dopo la scadenza prevista del 31 luglio, con conseguente mora da pagare. «Speriamo che Ama non proceda con questo criterio visto che non è una morosità colpevole da parte dei cittadini» spiega il consigliere di Fdi Federico Rocca. «C’è da chiedersi con quale coraggio Ama chieda soldi per un servizio che non eroga ai cittadini senza considerare che, anche per la municipalizzata, c’è un problema perché incassa la Tari in ritardo e questo avrà conseguenze sul bilancio e, quindi, ulteriori problemi su una gestione dove è saltato tutto».
Nonostante tutto, Ama ha deciso di spedire contemporaneamente quasi 1,2 milioni di lettere ai romani e, di queste, 200.000 sono raccomandate per le utenze non domestiche. L’azienda sa bene che questi parte di questi utenti riceveranno l’avviso oltre la data del 31 luglio e le vigenti regole dicono che i consumatori, dopo la consegna, hanno un mese di tempo per pagare le rate della Tari nell’anno in corso e 60 giorni in caso di accertamento sul pregresso. Però, trattandosi di raccomandata, conta la data di notifica e, quindi, chi riceverà la cartella dopo il 31 luglio diventerà suo malgrado moroso e, oltre all’ammontare della tassa, dovrà pagare una mora.
Le opposizioni in Campidoglio premono per ottenere uno slittamento di questa scadenza che è un problema amministrativo non da poco. Ma neanche l’unico. Alcuni giorni fa, davanti alla sede di Ama in via Capo d’Africa, c’erano decine di romani che sventolavano le cartelle pazze della Tari, con tanto di polizia ad assistere. «Le cartelle continuano ad arrivare a persone trasferite, o che hanno già avviato una pratica di rateizzazione delle somme, oppure ai morti: e con la multa inclusa nell’importo», chiarisce il consigliere capogruppo leghista in Campidoglio, Fabrizio Santori. «Una vergogna che la Lega aveva già denunciato a maggio e che, invece di essere cancellata, si ripete e suona come l’ennesima beffa ai romani. Invece di risolvere il problema, all’Ama, venerdì 30 giugno, hanno chiuso gli sportelli per fare il ponte: quindi uffici chiusi per i cittadini con le cartelle in scadenza. Gli sportelli devono essere aperti il più possibile, anche oltre l’orario canonico di chiusura, per risolvere la questione nel minor tempo possibile. Nella città coperta di immondizia e di fronte alla paralisi del Campidoglio, capace solo di stare a guardare, i disservizi e l’inefficienza sembrano diventati ormai la vera e sola “mission” di un’azienda allo sbando e inutile, incapace di svolgere il ruolo per il quale è stata creata».
Già nel 2021, il Comune aveva registrato un ammanco di 9,5 miliardi di euro per tributi non riscossi e, negli ultimi cinque anni, ha incassato solo il 34% di quanto dovuto dai cittadini per la Tari. Problemi amministrativi ma non solo, per Ama: ci sono stati licenziamenti per comportamenti illeciti di ex dipendenti, riorganizzazione interna, vecchi bonus aziendali da cambiare, straordinari domenicali da far digerire.
Ci sarebbe anche il dg Andrea Bossola che risulta indagato per turbativa d’asta dalla Procura di Vicenza. E poi tra compattatori, volta-cassonetti, macchinari vari fuori uso o in manutenzione, non c’è all’orizzonte alcun impianto di smaltimento, mentre si dovrà attendere il 2026 per il termovalorizzatore tanto declamato da Gualtieri , che sottolinea: «Il Pd è al mio fianco». Per la verità, anche i consiglieri di maggioranza sono esasperati dalla situazione rifiuti, tanto da essersi sfogati con il futuro segretario del Pd di Roma Enzo Foschi (sarà eletto il 12 luglio). Nel frattempo, gabbiani, topi e blatte passeggiano tra i rifiuti con l’Ordine dei medici di Roma che ha già lanciato l’allarme sul rischio di emergenza sanitaria. Tutto con buona pace del danno d’immagine Capitale.
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Riduci
La denuncia di Pierpaolo Masciocchi, responsabile del settore Ambiente e servizi di pubblica utilità di Confcommercio. Nonostante la diffusione della raccolta differenziata, la Tari continua a crescere: a molti Comuni serve per fare cassa. L'esperto: «Spese alte in cambio di un servizio di bassa qualità. Prezzi aumentati del 68% dal 2010 al 2016».
La Tari si paga con un click, la raccolta differenziata fa diminuire la Tari... È sufficiente aprire un qualsiasi motore di ricerca per conoscere «i vantaggi» della Tari. Però la «pillola Tari», la tassa sui rifiuti, il bancomat dei Comuni italiani, pur indorata non corrisponde affatto alla realtà vissuta, su è giù per lo Stivale, da commercianti, artigiani, imprese, cittadini e famiglie. Le incongruenze sono tante e riguardano la qualità del servizio pagato che, molte volte, è scadente. Intanto il costo della Tari sale ancora, come attesta una nuova ricerca della Confcommercio nazionale che verrà pubblicata dopo la metà di maggio.
Il ministero dell'Economia e finanze (Mef) che ha studiato le caratteristiche di ogni Comune (dalla popolazione, alle attività economiche, all'orografia) avrebbe pure definito quanto, nel singolo Comune, si dovrebbe pagare di Tari. Ma se il Mef fissa «il giusto costo» della Tari, con tanto di legge di stabilità dello Stato che impone ai Comuni di adeguarsi alle indicazioni del ministero, la verità è un'altra: «La maggior parte dei Comuni fa spendere di più ai propri cittadini e alle proprie imprese di quanto offre, a livello quantitativo, come servizio di raccolta dei rifiuti. Che rimane, mediamente, di scarsa qualità rispetto a una spesa eccessiva», afferma il responsabile del settore Ambiente e servizi di pubblica utilità della Confcommercio nazionale, Pierpaolo Masciocchi.
C'è, poi, un altro punto su cui riflettere: smaltire il rifiuto differenziato costa circa un terzo in meno dello smaltimento del rifiuto indifferenziato. Se la raccolta differenziata cresce in tutti i Comuni italiani, come mai la Tari, pensata per finanziare i costi del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, è invece in costante aumento da anni? Una risposta potrebbe essere che la Tari, come scrisse Il Sole 24 ore nel novembre scorso, resta «liberamente manovrabile» da parte dei Comuni. I quali, ormai, la utilizzano per fare cassa a proprio piacimento: il suo aumento è facile da prevedere visto le difficoltà economiche di molte amministrazioni locali.
«Dal 2010 al 2016», continua Masciocchi, «la tassa sui rifiuti è aumentata del 68%, corrispondente a un incremento complessivo di 3,7 miliardi di euro. Ed è passata dai 5,4 miliardi del 2010 ai 9,1 miliardi di fine 2016. Il nostro nuovo studio confermerà, purtroppo, questo trend di crescita ed evidenzierà una qualità del servizio di raccolta rifiuti, in molti Comuni, non adeguato. A preoccuparci soprattutto è il trend di crescita, vale a dire il costo della tassa che aumenta sempre e che non accenna né a stabilizzarsi, né tantomeno a diminuire».
La Confcommercio nazionale, dopo metà maggio, svelerà i nuovi dati. Da quest'anno ha istituito anche un osservatorio sulla Tari. L'ultimo studio di cui parla alla Verità Masciocchi, in via di completamento, ha riguardato circa il 60% della popolazione residente in oltre 2.000 Comuni. L'ennesimo salasso Tari è in arrivo e colpirà le famiglie più numerose e chi possiede attività come ristoranti, pizzerie, fiorai, fruttivendoli, pescherie, macellai, ossia quei commercianti che producono più rifiuti. «Nel 2018 l'aumento ci sarà», dichiara Masciocchi, «e sta assumendo dimensioni di vistosa criticità». Un problema per commercianti, imprenditori, artigiani. «Penso agli imprenditori stagionali: ci sono degli esercizi», precisa il responsabile del settore Ambiente di Confcommercio, «che lavorano solo cinque, sei mesi all'anno ma che pagano la Tari per l'anno intero. In uno Stato di diritto dovrebbero pagare la metà. Alcune imprese pagano due volte per lo smaltimento degli stessi rifiuti». E i Comuni, troppo spesso, sbagliano i calcoli. A loro vantaggio. Gli esempi non mancano: dalla ferramenta all'ingrosso di Milano che ha pagato una Tari di 1.032 euro mentre l'importo corretto era di 619 all'albergo di Brindisi che avrebbe dovuto pagare 4.492 euro invece di 8.941 euro.
Nel suo nuovo studio Confcommercio ha analizzato molti regolamenti comunali. «Oltre all'aumento ci sono troppe distorsioni da Comune a Comune», rimarca Masciocchi. «Lo stesso esercizio commerciale paga una cifra in un determinato Comune, mentre in quello accanto paga tre volte tanto. Noi abbiamo preso in considerazione Comuni simili per caratteristiche, confrontabili. Tuttavia permane, evidente, il grave problema delle asimmetrie del servizio, dei divari territoriali».
Un esempio: nel marzo scorso la Confcommercio lombarda aveva preso in esame tutti i 250 Comuni del territorio, escludendo Milano città, non confrontabile a causa del forte flusso dei pendolari: la ricerca aveva evidenziato che nei Comuni dell'area metropolitana di Milano, di Lodi, di Monza e della Brianza il costo della Tari registrava «differenze molto forti pur su territori con caratteristiche simili».
«Se la Tari aumentasse ma crescesse anche la qualità del servizio di raccolta dei rifiuti, quello che noi chiamiamo il livello quantitativo delle prestazioni (ossia i rifiuti venissero ritirati più spesso, più volte alla settimana o nella giornata) gli aumenti potrebbero essere giustificati, ma per come è la realtà», denuncia Masciocchi, «restano ingiustificati a fronte di un servizio non efficiente. Così i nostri commercianti percepiscono generalmente una bassa qualità del servizio e, di conseguenza, a fronte di scarse prestazioni, reputano i costi eccessivi».
Nel 2015 la Tari era aumentata rispetto all'anno precedente del 20% secondo un'indagine della Confesercenti; nel 2017 del 23%, stando ai dati forniti dalla Federconsumatori. Sempre lo scorso anno, lo stesso presidente nazionale della Confcommercio, Carlo Sangalli, aveva dichiarato: «Nonostante la riduzione nella produzione dei rifiuti, in soli cinque anni, la Tari è cresciuta del 48%. Qualcosa non torna». E aveva preso la Tari come esempio negativo di un sistema fiscale italiano «troppo oneroso, complesso e ingiusto».
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