2018-05-01
«Nel 2018 la tassa sui rifiuti salirà ancora»
La denuncia di Pierpaolo Masciocchi, responsabile del settore Ambiente e servizi di pubblica utilità di Confcommercio. Nonostante la diffusione della raccolta differenziata, la Tari continua a crescere: a molti Comuni serve per fare cassa. L'esperto: «Spese alte in cambio di un servizio di bassa qualità. Prezzi aumentati del 68% dal 2010 al 2016».La Tari si paga con un click, la raccolta differenziata fa diminuire la Tari... È sufficiente aprire un qualsiasi motore di ricerca per conoscere «i vantaggi» della Tari. Però la «pillola Tari», la tassa sui rifiuti, il bancomat dei Comuni italiani, pur indorata non corrisponde affatto alla realtà vissuta, su è giù per lo Stivale, da commercianti, artigiani, imprese, cittadini e famiglie. Le incongruenze sono tante e riguardano la qualità del servizio pagato che, molte volte, è scadente. Intanto il costo della Tari sale ancora, come attesta una nuova ricerca della Confcommercio nazionale che verrà pubblicata dopo la metà di maggio.Il ministero dell'Economia e finanze (Mef) che ha studiato le caratteristiche di ogni Comune (dalla popolazione, alle attività economiche, all'orografia) avrebbe pure definito quanto, nel singolo Comune, si dovrebbe pagare di Tari. Ma se il Mef fissa «il giusto costo» della Tari, con tanto di legge di stabilità dello Stato che impone ai Comuni di adeguarsi alle indicazioni del ministero, la verità è un'altra: «La maggior parte dei Comuni fa spendere di più ai propri cittadini e alle proprie imprese di quanto offre, a livello quantitativo, come servizio di raccolta dei rifiuti. Che rimane, mediamente, di scarsa qualità rispetto a una spesa eccessiva», afferma il responsabile del settore Ambiente e servizi di pubblica utilità della Confcommercio nazionale, Pierpaolo Masciocchi.C'è, poi, un altro punto su cui riflettere: smaltire il rifiuto differenziato costa circa un terzo in meno dello smaltimento del rifiuto indifferenziato. Se la raccolta differenziata cresce in tutti i Comuni italiani, come mai la Tari, pensata per finanziare i costi del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, è invece in costante aumento da anni? Una risposta potrebbe essere che la Tari, come scrisse Il Sole 24 ore nel novembre scorso, resta «liberamente manovrabile» da parte dei Comuni. I quali, ormai, la utilizzano per fare cassa a proprio piacimento: il suo aumento è facile da prevedere visto le difficoltà economiche di molte amministrazioni locali. «Dal 2010 al 2016», continua Masciocchi, «la tassa sui rifiuti è aumentata del 68%, corrispondente a un incremento complessivo di 3,7 miliardi di euro. Ed è passata dai 5,4 miliardi del 2010 ai 9,1 miliardi di fine 2016. Il nostro nuovo studio confermerà, purtroppo, questo trend di crescita ed evidenzierà una qualità del servizio di raccolta rifiuti, in molti Comuni, non adeguato. A preoccuparci soprattutto è il trend di crescita, vale a dire il costo della tassa che aumenta sempre e che non accenna né a stabilizzarsi, né tantomeno a diminuire». La Confcommercio nazionale, dopo metà maggio, svelerà i nuovi dati. Da quest'anno ha istituito anche un osservatorio sulla Tari. L'ultimo studio di cui parla alla Verità Masciocchi, in via di completamento, ha riguardato circa il 60% della popolazione residente in oltre 2.000 Comuni. L'ennesimo salasso Tari è in arrivo e colpirà le famiglie più numerose e chi possiede attività come ristoranti, pizzerie, fiorai, fruttivendoli, pescherie, macellai, ossia quei commercianti che producono più rifiuti. «Nel 2018 l'aumento ci sarà», dichiara Masciocchi, «e sta assumendo dimensioni di vistosa criticità». Un problema per commercianti, imprenditori, artigiani. «Penso agli imprenditori stagionali: ci sono degli esercizi», precisa il responsabile del settore Ambiente di Confcommercio, «che lavorano solo cinque, sei mesi all'anno ma che pagano la Tari per l'anno intero. In uno Stato di diritto dovrebbero pagare la metà. Alcune imprese pagano due volte per lo smaltimento degli stessi rifiuti». E i Comuni, troppo spesso, sbagliano i calcoli. A loro vantaggio. Gli esempi non mancano: dalla ferramenta all'ingrosso di Milano che ha pagato una Tari di 1.032 euro mentre l'importo corretto era di 619 all'albergo di Brindisi che avrebbe dovuto pagare 4.492 euro invece di 8.941 euro. Nel suo nuovo studio Confcommercio ha analizzato molti regolamenti comunali. «Oltre all'aumento ci sono troppe distorsioni da Comune a Comune», rimarca Masciocchi. «Lo stesso esercizio commerciale paga una cifra in un determinato Comune, mentre in quello accanto paga tre volte tanto. Noi abbiamo preso in considerazione Comuni simili per caratteristiche, confrontabili. Tuttavia permane, evidente, il grave problema delle asimmetrie del servizio, dei divari territoriali». Un esempio: nel marzo scorso la Confcommercio lombarda aveva preso in esame tutti i 250 Comuni del territorio, escludendo Milano città, non confrontabile a causa del forte flusso dei pendolari: la ricerca aveva evidenziato che nei Comuni dell'area metropolitana di Milano, di Lodi, di Monza e della Brianza il costo della Tari registrava «differenze molto forti pur su territori con caratteristiche simili».«Se la Tari aumentasse ma crescesse anche la qualità del servizio di raccolta dei rifiuti, quello che noi chiamiamo il livello quantitativo delle prestazioni (ossia i rifiuti venissero ritirati più spesso, più volte alla settimana o nella giornata) gli aumenti potrebbero essere giustificati, ma per come è la realtà», denuncia Masciocchi, «restano ingiustificati a fronte di un servizio non efficiente. Così i nostri commercianti percepiscono generalmente una bassa qualità del servizio e, di conseguenza, a fronte di scarse prestazioni, reputano i costi eccessivi».Nel 2015 la Tari era aumentata rispetto all'anno precedente del 20% secondo un'indagine della Confesercenti; nel 2017 del 23%, stando ai dati forniti dalla Federconsumatori. Sempre lo scorso anno, lo stesso presidente nazionale della Confcommercio, Carlo Sangalli, aveva dichiarato: «Nonostante la riduzione nella produzione dei rifiuti, in soli cinque anni, la Tari è cresciuta del 48%. Qualcosa non torna». E aveva preso la Tari come esempio negativo di un sistema fiscale italiano «troppo oneroso, complesso e ingiusto».