Ecco #DimmiLaVerità del 28 novembre 2025. Il deputato di Fdi Andrea Di Giuseppe spiega i dettagli della nuova legge sulla tessera sanitaria per gli italiani all'estero.
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2024-05-30
Tre milioni di italiani residenti all’estero rischiano di restare senza diritto di voto
Imagoeconomica
Chi vive fuori dall’Unione (quindi anche nel Regno Unito) non potrà esprimersi per corrispondenza: monta la protesta.
È stato detto che quelle che si stanno per svolgere saranno le elezioni europee più importanti della storia dell’Unione. Si tratta di un dato di fatto che nessuno ha contestato, e il tono della campagna elettorale, in passato mai così tesa e densa di temi dirimenti per il futuro del continente, sta a dimostrarlo. Ebbene, ci sono più di tre milioni di nostri connazionali residenti al di fuori dell’Ue, che non potranno dire la propria, se non affrontando un viaggio talvolta proibitivo e costosissimo. L’attuale normativa, risalente all’anno di istituzione delle Europee (il 1979), non ammette per gli italiani residenti al di fuori dell’Unione il voto per corrispondenza, come invece previsto per i referendum e per le Politiche da una legge del 2001. Una situazione paradossale, dunque, che se in passato è stata tollerata dai diretti interessati, forse a causa della rilevanza secondaria di questo tipo di consultazione, ora ha fatto scoppiare una protesta generalizzata che si sta esplicando sotto forma di diverse petizioni. L’aspetto fortemente illogico (per non dire grottesco) in tutta questa vicenda, è la disparità di trattamento tra Politiche ed Europee: un italiano iscritto all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) e residente ad esempio in Australia può eleggere senatori e deputati, ma se vuole dire la propria sui rappresentanti italiani da mandare a Strasburgo, non ha alternativa al prendere l’aereo e tornare nel Belpaese. Un’ipotesi lunare, considerando i tempi e soprattutto i costi del viaggio, per i quali lo Stato mette a disposizioni degli sconti sulle tariffe che sono largamente insufficienti.
Alla base di questa anomalia, che riguarda una piccola minoranza dei 27, e nessuno dei grandi Paesi dell’Unione, c'è il fatto che nessuno degli esecutivi degli ultimi decenni, in primis quelli che si sono sempre dichiarati europeisti, hanno fatto qualcosa per allargare la partecipazione su base globale. Il malumore degli elettori, stavolta, è esploso anche in virtù del fatto che la platea degli esclusi è aumentata: i tanti italiani residenti nel Regno Unito, infatti, sono divenuti extra-Ue e non potranno votare, come fatto le scorse volte, nel seggio allestito nel consolato italiano più vicino. Sul sito della Farnesina, nelle sezioni dedicate al voto degli italiani all’estero, dove è possibile scaricare le brochure-guida al voto relative anche alle elezioni del 2019, quanto scritto non lascia spazio a interpretazioni: «A differenza delle consultazioni elettorali regolate dalla L. 459/2001, alle elezioni del Parlamento europeo possono partecipare solo i connazionali residenti in un Paese membro dell’Ue».
Stesso discorso per chi vive o lavora in Svizzera, Paese che non ha mai fatto parte dell’Ue e che – data la vicinanza – può consentire un viaggio sostenibile in treno o in auto solo a chi proviene dal Nord Italia e non ai meridionali. Lo conferma in maniera anche un po’ brusca l’ambasciata italiana in Svizzera, nel suo sito: «Alle elezioni europee», si legge, «non si applica il sistema del voto per corrispondenza per gli elettori italiani non residenti nei Paesi dell’Unione europea. Gli elettori italiani residenti in Svizzera potranno esercitare il loro diritto di voto solo in Italia, usufruendo di agevolazioni tariffarie nei viaggi per il loro comune di residenza».
Le agevolazioni sono il frutto di convenzioni stipulate da Trenitalia, Italo e Ita Airways, che comportano, soprattutto per ciò che riguarda i voli intercontinentali, comunque un esborso rilevante. Per ciò che riguarda i treni, gli sconti oscillano tra il 60 e il 70% delle tariffe base (la prima classe è ovviamente esclusa), mentre per i voli Ita l’ammontare delle agevolazioni non viene specificato. Inoltre, agli sconti si può accedere solo esibendo la tessera elettorale e la cartolina con le indicazioni delle modalità e della sezione in cui votare, ma da più di una segnalazione che ci è giunta in redazione, quest’ultimo documento risulta non ancora arrivato a molti italiani extra-Ue. In particolare, molti nostri lettori residenti in Svizzera e provenienti da Milano, hanno fatto presente ai competenti uffici di Palazzo Marino che la cartolina-avviso che indica in quale seggio meneghino recarsi ancora non è giunta, quando mancano una decina di giorni al voto. Il che comporterà, tra le altre cose, delle difficoltà per eventuali acquisti di biglietti in tempo utile.
Interpellate dal nostro giornale, fonti della Farnesina ammettono che si tratta di una «aporia» legislativa a cui sarebbe opportuno porre rimedio in modo sollecito, come stanno appunto chiedendo le diverse petizioni promosse online dai nostri expat. Anche perché non è più sostenibile il vecchio principio su cui si basa la legge del 1979, e cioè che chi non vive nell’Unione non ha il diritto di esprimersi sui suoi indirizzi politici. Un principio ampiamente superato, anzitutto dall’interconnessione tra le diverse parti del pianeta, e poi dal fatto che agli stessi italiani è stato riconosciuto il diritto di inviare propri rappresentanti a Montecitorio e Palazzo Madama.
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Andrea Costantino (Ansa)
Il dato arriva da Katia Anedda, presidente della onlus Prigionieri del Silenzio. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva annunciato nel 2020 il ritorno di Chico Forti, ma il velista trentino è ancora rinchiuso nelle carceri della Florida. L'imprenditore milanese, invece, è riuscito a passare finalmente il Natale a casa dopo aver pagato una multa di 275.000 dollari.
Andrea Costantino è un cittadino libero. Fino al 23 sera, l''imprenditore milanese era ancora bloccato nell’ambasciata italiana di Abu Dhabi. Poi la situazione si è sbloccata. Nei giorni scorsi, infatti, è stata pagata la multa di 275.000 euro richiesta dagli Emirati Arabi Uniti per il rilascio del passaporto. A quanto risulta alla Verità, a pagare è stato lo stesso Costantino tramite un prestito dilazionato in 2 anni. L'importante è che sia tornato a casa. «La Presidenza del Consiglio esprime soddisfazione perché, in questa vigilia di Natale, l'imprenditore italiano Andrea Costantino è rientrato in Italia e ha potuto riabbracciare i suoi cari. Ringrazia in particolare il ministro degli Esteri e la rete della Farnesina, i Servizi di informazione e sicurezza e le Autorità degli Emirati per il buon esito della vicenda» ricordava due giorni fa palazzo Chigi.
Nelle ultime settimane per lui si erano mobilitati in molti, tra cui anche i Radicali Italiani che avevano indetto uno sciopero della fame ricordando come da mesi Costantino fosse di fatto un prigioniero politico, un ostaggio. «Dopo aver subito l’onta di una carcerazione ingiusta e ingiustificabile, Andrea è oggi ristretto in pochi metri quadrati all’interno di una dependance della nostra ambasciata di Abu Dhabi, quindi tutt’ora prigioniero. Ma se hanno imprigionato il suo corpo di certo non si può dire altrettanto della sua mente», ha scritto il segretario dei Radicali Lucani Maurizio Bolognetti. «Chissà che bella la mia Milano a Natale. La prima della Scala, le feste…», spiegava nei giorni scorsi proprio Costantino in un’intervista spiegando come invece al momento si trovasse «ai domiciliari sepolto vivo da sei mesi in un tugurio di 16 metri quadri» dopo essere stato in carcere con la falsa accusa di avere venduto gasolio in Yemen. Tra il 23 e il 24 finalmente è stato dato il via libera. E nelle notte un aereo da Abu Dhabi l'ha riportato a Milano per fargli trascorrere il Natale con la sua famiglia. Ma se la sua situazione è finalmente risolta, quella di molti altri italiani è ancora bloccata.
«Ringrazio tutti quelli che hanno lavorato per riportarmi a casa» - ha detto Costantino - «dal direttore generale per gli italiani all'estero della Farnesina Luigi Maria Vignali, l'ambasciatore italiano Lorenzo Fanara, a Matteo Salvini: alla fine è stata trovata questa soluzione tecnica che mi ha permesso di essere a casa alla vigilia di Natale e riabbracciare i miei affetti". Il futuro? "Voglio passare più tempo possibile con la mia famiglia, poi mi dovrò rimettere in piedi e lavorare. Intanto mi godo questi momenti di pura gioia».
«Chico Forti tornerà in Italia». Era il 22 dicembre del 2020 quando l’allora ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio annunciava in pompa magna il rientro in Italia dell’italiano condannato e incarcerato in Florida per un delitto per cui si è sempre dichiarato innocente. A distanza di 2 anni Chico Forti passerà anche quest’anno il Natale in cella. Di lui si parla poco, ma tra i famigliari c’è ancora speranza. La scorsa settimana si sono dati appuntamento in oltre 200, in piazza Duomo a Trento, per la tradizionale corsa dei babbi natale, la Christmas run con il gazebo degli Amici di Chico Forti, in piazza per attirare l'attenzione sulla vicenda dell'ex velista trentino da 22 anni in carcere negli Stati Uniti Tanto che lo zio Gianni Forti, nei giorni scorsi, ha annunciato di essere fiducioso del ritorno a casa del nipote. La madre di 94 anni lo aspetta. Ma Chico non è il solo a passare un Natale ancora lontano dai suoi famigliari.
Come noto negli ultimi mesi è tornata in Italia Alessia Piperno, incarcerata in Iran, ma è bene ricordare che gli italiani bloccati all’estero sono ancora 2069, come ricordava nei giorni scorsi a Radio 1 Katia Anedda, presidente della onlus Prigionieri del Silenzio e autrice lo scorso anno del libro «Prigionieri dimenticati. Italiani detenuti all’estero tra anomalie e diritti negati». Una situazione che non è cambiata nel corso degli anni. «Fino a qualche anno fa erano più di 3000» spiega Anedda. Insomma ci sono migliaia di italiani bloccati in carcere, spesso ingiustamente, una questione che diventa soprattutto economica per le famiglie, che devono sobbarcarsi le spese legali, spesso anche le spese per i traduttori. Insomma, è una situazione che dimostra come possa essere molto facile anche per un normale cittadino trovarsi al posto dei nostri connazionali ingiustamente detenuti, innocenti o colpevoli che siano. Ci sono persone che si ritrovano in situazioni davvero difficili, anche in paesi, dove i consolati sono quasi inesistenti, senza poi considerare che negli ultimi tempi alcune ambasciate sono state chiuse. Persone implicate in vicende giudiziarie e finite dietro le sbarre che non sanno come muoversi e sulle quali scende sempre una coltre di silenzio. Anche a Natale.
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Luigi Di Maio (Ansa)
Da Chico Forti a Andrea Costantino, il ministro degli Esteri aveva promesso di riportarli a casa. Invece hanno passato il Natale in carcere. Anche Marco Zennaro è ancora in attesa di sapere se potrà tornare in Italia.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva promesso a fine novembre di risolvere il caso di Andrea Costantino, l’imprenditore italiano in carcere negli Emirati Arabi Uniti senza accuse formali. A distanza di più di un mese Costantino ha passato il Natale ancora in cella. E’ ormai rinchiuso da marzo, non ha ancora visto il suo avvocato emiratino e gli sono concesse telefonate di pochi minuti con la famiglia durante la settimana. Costantino non è l’unico italiano bloccato all’estero. A passare il Natale lontano da casa è stato anche Marco Zennaro, fermato in Sudan ma almeno uscito dal carcere nelle ultime settimane: ora si trova chiuso in ambasciata.
E in attesa di ritornare è anche Chico Forti, l’italiano condannato all’ergastolo nel lontano 2000 e ancora in carcere a Miami nonostante sempre Di Maio avesse detto il 20 dicembre scorso che sarebbe ritornato a casa. Forti fu accusato dell'assassinio di Dale Pike, figlio dell’imprenditore Anthony Pike, col quale Forti era in contatto per acquistare il suo hotel di Ibiza. La situazione di Costantino è senza dubbio quella più grave. Di risposte non ne sono ancora arrivate, nonostante gli slogan rassicuranti della Farnesina e nonostante anche il colloquio tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e Mohammed bin Zayed Al Nahyan (principe ereditario e di fatto comandante delle forze armate emiratine). Costantino è in carcere senza accuse. Spesso è costretto a dormire e mangiare per terra. A quanto pare ora potrebbe esserci un’udienza per la metà di gennaio. Ma non è chiaro perché sia stata convocato e perché se ne parla. Non lo sa lo stesso Costantino e non lo sa la compagna Stefania che continua a seguire l’evolversi della situazione. Non lo sa nemmeno l’avvocato che non lo ha ancora incontrato. Il punto è che anche per l’udienza di gennaio vale il condizionale, anche perché di udienza se ne era ipotizzata un’altra nelle scorse settimane che poi però era saltata. L’avvocato emiratino continua ad avere difficoltà ad accedere al fascicolo. E in 9 mesi ha incontrato Costantino solo una volta, meno di un mese fa, solo perché chiamato direttamente dal ministero e dal procuratore capo.
Eppure le accuse non sono state ancora formulate. Come già spiegato su questo giornale, al momento ci sarebbe stata solo un’informazione di garanzia del tutto verbale, non pubblica, sul fatto che gli Emirati starebbero indagando su un’operazione del 2015, relativa alla vendita lecita di gasolio allo Yemen. La vicenda, insomma, continua a essere avvolta nel mistero. Nel frattempo l’embargo sui contratti della difesa, varato da Di Maio a gennaio, non è stato ancora del tutto eliminato. E questo accade mentre i rapporti tra i due paesi sembravano finalmente migliorare. Nel frattempo è ancora fermo in Sudan Zennaro, che attende da metà giugno di sapere se potrà prima o poi tornare in Italia. In più nel Paese africano c’è un golpe in atto e la situazione a livello di governo è davvero confusa. A quanto pare la situazione potrebbe sbloccarsi nel 2022.
Infine non va dimenticata la situazione di Forti. Era il 23 dicembre 2020 quando Di Maio esordì con questo annuncio. «Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia. L’ho appena comunicato alla famiglia e ho informato il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio». Sui social aggiunse. «Il Governatore della Florida ha infatti accolto l’istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia». E’ passato un anno. Non è cambiato nulla. E il Natale lo ha passato ancora lontano dall’Italia.
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Ansa
- Ci sono due nostri connazionali infetti alle Canarie: la polizia isola hotel con mille ospiti. Il Kuwait taglia i collegamenti aerei con Roma, Iraq e Giordania ci mettono al bando. A Lione il sindaco non lascia entrare in città i pullman con i tifosi della Juve.
- Rinviato il Salone del mobile, a rischio altre fiere di primo livello: balla il 30% del Pil.
Lo speciale contiene due articoli.
Il medico italiano di 69 anni in vacanza a Tenerife, risultato positivo al test del coronavirus e trasportato per 90 chilometri da un centro all'altro dell'isola spagnola, su un'ambulanza non attrezzata per le emergenze. I connazionali del Nord Italia, rispediti indietro come potenziali untori dagli africani delle Mauritius. Pure l'altro paradiso delle vacanze, le Seychelles, che chiude le frontiere agli italiani. Improvvisamente siamo diventati il pericolo numero uno, gli appestati da tenere ben distanti. Noi, che accoglievamo tutti e che se pensavamo a qualche saggia quarantena venivamo tacciati di essere fascioleghisti, praticamente non possiamo più uscire dal Paese. Costretti in casa, nei Comuni delle zone infette, o a non lasciare la Regione di appartenenza per non finire isolati per giorni al Centro o al Sud. Quasi impossibile considerare un viaggio all'estero per studio, lavoro, figuriamoci se per divertimento.
La Quaresima è iniziata con largo anticipo, abbiamo dovuto mandare giù il blocco del bus a Lione proveniente dall'Italia settentrionale perché secondo una passeggera l'autista tossiva in modo sospetto. L'hanno ricoverato con urgenza, assieme a un altro italiano con sintomi influenzali. La polizia francese aveva addirittura stabilito un perimetro di sicurezza intorno al pullman, raccolto informazioni su tutti i passeggeri. Per fortuna il tampone è risultato negativo, ma quando ci muoviamo questo è ormai il panico che provochiamo. I sindaci di Meyzieu e Décines, le due circoscrizioni che comprendono il Groupama Stadium dove oggi si svolgerà la sfida di Champions League, hanno chiesto alle autorità di impedire l'arrivo a Lione dei 3.000 tifosi della Juventus. Giordania e Iraq hanno vietato l'ingresso agli italiani, il Kuwait non vola più da e per l'Italia, Arabia Saudita, Israele, Serbia, Croazia sconsigliano di viaggiare nel nostro Paese, infinitamente più bello del loro ma, ahimè, considerato ora un lazzaretto da cui stare alla larga. Siamo diventati pericolosi come i cinesi che ci hanno portato il virus. Scoraggiano viaggi nel Nord Italia, l'Olanda, l'Irlanda, perfino l'Australia.
La Spagna, che si trova a fronteggiare i primi casi positivi di coronavirus (un'italiana giunta a Barcellona che avrebbe contratto il virus nel Nord Italia e una coppia di italiani in vacanza a Tenerife), ha ripetuto per bocca del ministro della Salute, Salvador Illa, «che sono importati» dal nostro Paese. Lunedì pomeriggio il medico piacentino, alle Canarie da una decina di giorni, si era presentato all'ospedale privato Quirón del Sur di Tenerife, distante un paio di chilometri dall'hotel in cui alloggiava, accusando una febbre persistente. Risultato positivo al test del coronavirus, è in isolamento nell'ospedale universitario Nuestra Señora de Candelaria, una struttura che si trova a una novantina di chilometri dal luogo di soggiorno del medico. «L'hanno trasportato con un'ambulanza non attrezzata per una persona altamente infetta. Qui non ne abbiamo», commenta un sanitario che vuole restare anonimo. Un secondo campione prelevato al turista di 69 anni è stato analizzato ieri dal Centro nazionale di microbiologia dell'Istituto di Sanità Carlos III, a Madrid. Anche la moglie del medico è da martedì pomeriggio nell'ospedale universitario, dopo essere risultata positiva al Covid-19.
Più di 1.000 clienti dell'hotel H10 Costa Adeje Palace, dove la coppia di italiani stava trascorrendo una breve vacanza, sono stati messi in quarantena. Nessuno può entrare e uscire dalla struttura, un 4 stelle con 467 camere affacciato sulla spiaggia La Enramada, a Sud di Tenerife. Fa parte della catena alberghiera fondata agli inizi degli anni Ottanta, una delle prime dieci della Spagna. Ieri su Twitter circolava il video di Chris Betts, un cliente inglese dell'hotel, che raccontava di come fossero stati messi tutti in quarantena «perché un medico italiano è risultato positivo al coronavirus». Spiegava: «Non possiamo muoverci, abbiamo poliziotti davanti a ogni porta, stiamo bene ma il personale utilizza mascherine, noi non ne abbiamo». Per giorni la stampa spagnola aveva sottolineato che gli unici due contagiati dal coronavirus, un tedesco che soggiornava nella piccola isola di La Gomera nelle Canarie - e un inglese che vive a Maiorca, nelle Baleari, erano stati infettati all'estero. Il primo in Germania, l'altro in Francia. E che dopo essere risultati positivi al primo test, vennero dimessi perché le analisi erano negative. Ieri invece una prima donna spagnola, di Barcellona, è risultata contagiata. La coppia di italiani in isolamento getta nel panico le Canarie, paradiso dei turisti, più di 13 milioni quelli stranieri nel 2019, 455.383 dei quali provenienti dal nostro Paese. L'arcipelago è la terza destinazione preferita, dopo la Catalogna e le isole Baleari. Lunedì sera il presidente delle Isole Canarie, Ángel Víctor Torres, aveva comunicato su Twitter che era scattato il protocollo di sicurezza dopo aver trovato positivo al test un italiano al Sud di Tenerife. Nelle ore successive, a parte un richiamo alla tranquillità e un ripetere che «tutto era sotto controllo», a parte chiudere le strade d'accesso all'hotel nella zona marittima, nulla è stato fatto per rassicurare la popolazione e i turisti sull'isola. «Si tratta di un virus contagioso ma con mortalità molto bassa», spiegava ieri il direttore del collegio dei biologi delle Canarie, Matías Fonte-Padilla, invitando a non adottare misure estreme perché «il blocco delle attività pubbliche o la limitazione dei movimenti possono recare danno alla cittadinanza e a settori economici di vitale importanza per la società canaria». Fino al primo marzo qui il carnevale è un altro business, nemmeno la tempesta di sabbia proveniente dal Sahara e che per giorni ha costretto alla chiusura lo scalo di Tenerife Sud, ha tenuto lontane dalle piazze migliaia di turisti in maschera. Adesso, quelli che hanno soggiornato all'hotel H10 stanno tempestando di chiamate il numero verde attivato dal ministero spagnolo della Salute.
Se si fermano Veneto e Lombardia la recessione tecnica è una certezza
L'effetto del coronavirus continua a farsi sentire sui mercati, anche se a Piazza Affari l'ondata di vendite ha già tirato il freno. L'azionario milanese ha chiuso in calo la seduta, con una prestazione leggermente migliore delle altre Borse in Europa, dove Parigi ha perso l'1,94%, Francoforte l'1,88% e Londra l'1,94%. Le piazze europee hanno accelerato al ribasso a un'ora dalla chiusura in scia al peggioramento di Wall Street. Il Ftse Mib ha segnato un ribasso dell'1,44% a 23090 punti, un valore comunque migliore rispetto a quelli di chiusura di lunedì 24, quando l'asticella si era fermata a -5,4%. L'effetto dell'epidemia sul Pil italiano del primo trimestre «sarà probabilmente elevato», affermano da Citigroup.
Anche sul fronte obbligazionario la situazione non è confortante. I rendimenti dei titoli di Stato dell'eurozona si sono mostrati nuovamente in calo per via dei timori legati alla diffusione globale del Covid-19. Il Btp italiano ieri è rimasto sotto pressione, con il rendimento del decennale in rialzo di tre punti base allo 0,98% e lo spread attorno a 149,209 punti base.
I disagi innescati dal virus riguardano soprattutto gli eventi pubblici. Ieri i vertici del Salone del Mobile si sono riuniti e hanno comunicato la decisione di rinviare la manifestazione - che doveva tenersi a Milano dal 21 al 26 aprile - al mese di giugno. In caso di cancellazione dell'evento, il danno stimato sarebbe stato intorno ai 120 milioni di euro. Ora bisogna capire se l'ordinanza del Comune sarà ancora in vigore e se espositori e visitatori saranno comunque disposti a partecipare, eventualità che al momento pare improbabile.
È di ieri anche la notizia per cui Assogestioni starebbe valutando di far slittare a fine giugno il Salone del Risparmio, importante manifestazione del mondo finanziario. «In seguito all'emergenza epidemiologica da Covid-19 e in linea con le recenti disposizioni emanate dalla Regione Lombardia», si legge in una nota, «il comitato di presidenza di Assogestioni sta infatti valutando la possibilità di posticipare le date dell'undicesima edizione del convegno a mercoledì 24, giovedì 25 e venerdì 26 giugno. L'eventuale conferma dello spostamento sarà comunicata venerdì 28 febbraio».
Questi due grandi eventi si uniscono a quelli già saltati come il Mido, la maggiore fiera mondiale dell'occhialeria, prevista a Milano dal 29 febbraio al 2 marzo e il concerto in Duomo (doveva essere il 28 febbraio) pensato per celebrare i 50 anni della manifestazione: il maestro Ennio Morricone per l'occasione aveva composto un brano inedito, ma tutto è stato rimandato a maggio.
Giù le serrande anche per molte sfilate della settimana della moda, che si sono tenute a porte chiuse o che sono state annullate.
Nonostante sia presto per valutare i danni causati dalla diffusione del virus, le province lombarde più colpite (Pavia, Lodi, Cremona e Milano) rappresentano da sole il 12% del prodotto interno lordo italiano e il 2% dell'area euro. Se poi aggiungiamo anche l'apporto del Veneto, l'altra delle due regioni più colpite - stando agli analisti di Equita Sim - nella loro interezza queste realtà valgono circa il 30% del Pil nazionale. Sono bastati pochi giorni dallo scoppio dell'epidemia all'interno dei confini, insomma, per dare l'Italia subito in recessione tecnica. Se, dopo il -0,3% segnato nell'ultimo trimestre del 2019, il Pil dovesse subire una nuova contrazione nel primo trimestre 2020, il nostro Paese entrerebbe tecnicamente in recessione, marchiando due trimestri consecutivi con il segno meno.
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