Lo ammetto: speravo che l'arrivo di Mario Draghi avrebbe consentito di cambiare in fretta la strategia anti Covid. Nelle prime settimane del nuovo governo, a farmi ben sperare erano state tre decisioni prese in rapida successione. La prima di queste è stata la rimozione del capo della Protezione civile Angelo Borrelli, sostituito a tempo di record con Fabrizio Curcio. Poi è arrivata la destituzione del commissario all'emergenza, quel Domenico Arcuri di cui a lungo, e soprattutto a ragione, in tanti si sono lamentati. Quindi è stata la volta del Comitato tecnico scientifico, il cui coordinatore è stato fatto sparire dagli schermi televisivi in cui imperversava con un incarico al ministero dell'Istruzione. In tre mosse, Draghi sembrava intenzionato a dare scacco matto anche a Roberto Speranza, prendendo personalmente in mano la lotta alla pandemia. Ma poi, quando già sognavo, se non le dimissioni del ministro della Salute, quantomeno un suo ridimensionamento, qualche cosa si è inceppato, al punto che il segretario di Articolo 1, il partitino nato dalla scissione del Partito democratico, è più che mai attivo.
Gli effetti, tanta dinamicità è sotto gli occhi di tutti. Non alludo al famoso accordo sui vaccini, che già dalla scorsa estate avrebbe dovuto ricoprirci di farmaci contro il coronavirus. Dall'annuncio di un'intesa che in realtà non è mai stata firmata, sono ormai trascorsi nove mesi e tutti sanno quanti milioni di dosi manchino all'appello per completare il piano vaccinale. Né sto parlando del potenziamento delle strutture sanitarie di emergenza. Nonostante nel suo libro Speranza abbia raccontato di aver battuto i pugni sul tavolo, slogandosi quasi un polso pur di sbloccare decisioni per aumentare il personale e gli investimenti, siamo ancora molto lontani da ciò che serve ed era stato promesso. I soldi per la riorganizzazione della rete ospedaliera nazionale non sono arrivati, e prima che i nuovi progetti siano dunque realizzati serviranno anni. In pratica, i posti letto in terapia intensiva annunciati non ci sono e se ci sono li si trova solo sulla carta, perché non si è agito d'urgenza ma, nonostante l'emergenza, con la massima calma.
Comunque, al ministro della Salute oggi non ho intenzione di rimproverare di essersi mosso poco e male, sia per quanto riguarda i vaccini che per ciò che attiene ai posti letto. Ciò che di lui mi colpisce è la testardaggine con cui insiste nell'adottare misure incomprensibili, ma soprattutto contraddittorie. Nessuno, infatti, è ancora riuscito a spiegarmi che male possa fare tenere aperto un negozio di scarpe dove, se non in tempi di saldo, nessuno registra affollamenti. Un luogo dove si comprano mocassini o décolleté può essere più virale di una profumeria? Intendiamoci, non ce l'ho con chi vende creme o dopobarba: semplicemente mi chiedo quale differenza ci sia in fatto di virus tra una bottega di cosmetici e una di sneakers. Esiste forse una ragione scientifica per vietare a un commerciante di abbigliamento da uomo di tirar su la serranda e un motivo altrettanto valido per permettere che chi vende abiti da bambino possa tranquillamente farlo? Quando le decide Speranza queste norme? Quando ha mangiato pesante e non riesce a prendere sonno?
Ma più di tutti gli esempi di proibizioni incomprensibili, quella che mi stupisce maggiormente è l'interdizione degli spostamenti. Per impedire che il virus viaggi, Speranza ha infatti negato il permesso agli italiani di uscire dal proprio Comune senza una valida ragione. La misura dovrebbe evitare il propagarsi del contagio. Peccato che, mentre da un lato si neghi a chiunque di andare a trovare un amico o una fidanzata che abiti a qualche decina di chilometri di distanza, dall'altro si consenta a chi ne abbia voglia di prendersi una vacanza all'estero. Non si può andare a sciare in Italia, ma se qualcuno vuole andarsene in Svizzera, dove gli impianti sono aperti, non c'è Speranza che abbia qualche cosa da obiettare. Alla frontiera, nessuno pretende di sapere dove si stia andando e al rientro, dopo una giornata trascorsa sulle piste, non c'è nessuno che controlli. Sì, in teoria sarebbe necessario un tampone all'andata e uno al ritorno, fatto 72 ore prima, ma in realtà nessuno ci fa caso. Del resto, se qualcuno vuole volare all'estero, chi può impedirlo? Se lo si desidera si può viaggiare e godersi una vacanza in albergo alle Baleari, salvo poi presentarsi in aeroporto con un test anti Covid eseguito. Il senatore semplice di Scandicci insegna: in Bahrein non è certo andato in missione per alti incarichi politici, ma solo per godersi il Gran premio.
Insomma, ci siamo capiti: non si può chiedere agli italiani di fare la quaresima per un anno, quando per alcuni continua il carnevale. In particolare, non lo può chiedere un tizio che, dopo tanti errori, la speranza la trasmette solo con il cognome.





