Un saggio di qualche tempo fa ricostruisce la vita turbolenta dell’attivista romagnolo che trasmetterà la passione per la politica radicale al figlio.
Formazione, solo l’1% delle aziende è in grado di stimare il ritorno dell'investimento
È quanto emerso durante la seconda edizione di Digit’Ed Fast Forward, l’evento che si è tenuto nello spazio La Lanterna di Roma e ha riunito alcuni tra i più importanti top manager del panorama industriale italiano: Fabrizio Palermo di Acea, Stefano Donnarumma di Ferrovie dello Stato, Nicoletta Luppi di MSD e Maximo Ibarra di Engineering.
La formazione è un elemento cruciale per garantire la competitività delle imprese, come evidenziato anche da Mario Draghi nel suo rapporto sul futuro economico europeo. A oggi, però, soltanto l’1% delle aziende italiane è in grado di stimare il ritorno sull’investimento in formazione.
L’Italia ha investito oltre 2 miliardi di euro in formazione nel 2023. Tuttavia, il 99% delle aziende non ha sviluppato adeguati sistemi in grado di misurarne l’efficacia. Per questo Digit’Ed, il più grande polo della formazione in Italia e uno dei maggiori a livello europeo, ha deciso di investire in percorsi di ricerca che consentano di fornire alle aziende strumenti di misurazione efficaci, supportati anche dall’enorme mole di dati, derivata dalla leadership di mercato, con oltre 600.000 persone formate ogni anno e 5.000 contenuti formativi. «Sempre più Ceo sono consapevoli di quanto sia cruciale il legame tra le competenze delle persone e le performance aziendali- ha dichiarato Gianandrea De Bernardis, Chairman Digit’Ed- È per questo che il ruolo degli HR director si sta affermando come alleato fondamentale dei Ceo per il raggiungimento degli obiettivi di business. Crediamo fermamente che valorizzare il capitale umano sia la chiave per affrontare con successo le sfide del futuro, e siamo pronti ad accompagnare le aziende e le organizzazioni in questo percorso di crescita e innovazione».
A chiudere i lavori il sottosegretario al ministero del Lavoro, Claudio Durigon, che ha annunciato l’arrivo, nel giro di una settimana, del decreto attuativo del ministero del Lavoro che sblocca il nuovo fondo competenze da 700 milioni di euro. Le aziende che attuano progetti di formazione interna per i propri dipendenti anche quest’anno potranno ottenere un contributo a fondo perduto fino al 60% del valore del costo del lavoro impiegato.
Il vicedirettore Martino Cervo modera la tavola rotonda con il direttore di Skuola.net Daniele Grassucci, il Ceo di Openjobmetis Rosario Rasizza, il Ceo di Multiversity Fabio Vaccarono e il prorettore del Politecnico Giuliano Noci.
A chiusura del panel dedicato a Lavoro, formazione e innovazione, che ha visto l’intervento del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara intervistato dal vicedirettore della Verità Francesco Borgonovo, è Martino Cervo. Sul palco insieme al vicedirettore della Verità, il direttore di Skuola.net Daniele Grassucci, il Ceo di Openjobmetis Rosario Rasizza, il Ceo di Multiversity Fabio Vaccarono e il prorettore del Politecnico Giuliano Noci.
Creare opportunità di lavoro e non fare elemosina. È questo l’incipit della tavola rotonda moderata da Martino Cervo. Il vicedirettore della Verità ha chiesto al direttore di Skuola.net Daniele Grassucci di approfondire quelle che sono le difficoltà a far incontrare la domanda e l'offerta di lavoro osservando questo tema dal punto di vista privilegiato del mondo della scuola. «Esiste un mismatch particolarmente pesante, perché da 15 anni a questa parte le famiglie e gli studenti privilegiano i licei e di conseguenza gli istituti tecnici e professionali si sono spopolati, quindi si fa fatica a rispondere alle esigenze e alla richiesta di questo tipo di lavori. Ciò accade non solo per motivi vocazionali, ma anche per ragioni legate alla discriminazione di alcuni mestieri che ha fatto sì che si venisse a creare la mancanza di molte figure di mestieri tradizionali. Dobbiamo innanzitutto riformare e rilanciare la formazione tecnica e poi portare l'intelligenza artificiale dentro le scuole, perché non è un avversario da temere ma un compagno di lavoro».
Quando si parla di formazione e lavoro, qualcuno oggi mette in discussione e in dubbio il ruolo dell'università. In merito a questo, il prorettore del Politecnico Giuliano Noci ha le idee chiare: «Partirei da una considerazione di fondo. Il vero tema che dobbiamo considerare è il divario di competenze come fattore discriminante nello sviluppo di un territorio. Rispetto a questo è evidente che l'Italia gioca una partita di rincorsa, siamo quartultimi in Europa per competenze digitali. Abbiamo un gap molto importante che dobbiamo colmare. Il secondo elemento è che manca un disegno che noi vogliamo portare avanti come sistema Paese. Le famiglie non sanno dove iscrivere i propri figli, c’è un tema enorme di orientamento e non parlo solo del laureato ma anche dell’artigiano che è elemento distintivo del Made in Italy che oggi stiamo perdendo. Dobbiamo indirizzare le famiglie e far capire che esistono anche arti e mestieri nobili che faranno il futuro del nostro Paese e far capire dunque che siamo un Paese manifatturiero. In Cina sono ossessionati dal punto di vista dell’educazione, in altri Paesi come la Francia si fanno passi in avanti significativi. Quello che serve, quindi, è semplificare il processo di alternanza scuola lavoro tra scuole e imprese. Inoltre, facciamo in modo che ci sia una maggiore autonomia ai territori. In Italia ci sono 76 università e non è vero che sono tutte uguali, ognuna deve avere una propria specializzazione anche in base al territorio».
A prendere la parola è poi Rosario Rasizza, Ceo di Openjobmetis, la più grande azienda italiana di somministrazione di lavoro. I temi di discussione sono la formazione, i legami tra scuola e lavoro, i salari e il passaggio dall'uscita del reddito di cittadinanza che ha contribuito a creare un mismatch tra domanda e offerta di lavoro. «Oggi siamo in una condizione paradossale, abbiamo più offerta di lavoro di quella che riusciamo a coprire» - afferma Rasizza - «Mancano le figure, mancano le persone. I nostri giovani hanno un rapporto con il lavoro un po’ particolare e la colpa è di noi genitori che non insegniamo loro la fatica di cercarsi un posto di lavoro. A scuola bisognerebbe insegnare come fare un colloquio, come stare davanti a un imprenditore. Siamo in una fase particolare, ma il lavoro deve essere veloce, serve meno burocrazia, solo così possiamo fare qualcosa di buono».
Infine, con Fabio Vaccarono, Ceo di Multiversity, uno più grandi player in ambito di formazione di università telematiche, si parla della contrapposizione tra le università digitali e quelle tradizionali: «Il ritardo italiano sulle competenze è molto grave rispetto agli altri Paesi europei» - dice Vaccarono - «Dobbiamo unire le forze delle eccellenze universitarie tradizionali e digitali per aiutare il nostro Paese a uscire da questa condizione e tenere il passo degli altri Paesi, oppure avremo un’ecatombe sociale. La contrapposizione è solo formale, perché tre quarti dei nostri studenti sono studenti lavoratori che hanno quindi la possibilità di fare quella che chiamiamo alternanza scuola-lavoro».