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I formaggi Dop e Igp, un tesoro che l’Italia non valorizza appieno
(IStock)
  • Sarà forse perché all’alta qualità siamo abituati, ma solo un ristorante su dieci precisa nel menu che i suoi prodotti sono certificati. Eppure vantiamo il primato mondiale delle etichette di pregio.
  • Il presidente Afidop Antonio Auricchio: «Nei supermercati vorrei scaffali dedicati. Il Nutriscore va combattuto: all’estero non ci amano e cercano di boicottarci con iniziative come il bollino rosso sul Parmigiano o sul Pecorino».

Lo speciale contiene due articoli.

Nell’antica valle dei Celti cominciano i giorni del Bitto
Produzione del bitto in Valtellina (Getty Images)
In Valtellina sta per partire la produzione del rinomato formaggio lombardo, preparato col latte crudo ottenuto dalle mucche della zona. Ricco di acido a-linoleico, è adatto pure a chi è intollerante al lattosio. Oltre al Dop, esiste anche una versione (lo Storico Ribelle) che è presidio Slow Food.
La regina del cibo da strada ha un cavaliere
La piadina romagnola con lo scquacquerone (IStock)
Lo squacquerone «è identitario della Romagna contadina»: il nome deriva dal suo liquefarsi quando viene spalmato sulla piadina calda. Prime tracce scritte a inizio Ottocento. Oggi, sei produttori a marchio Dop e chef famosi ne rilanciano curiosi abbinamenti.
Quando la Callas cambiò la ricetta dei bigoli
Maria Callas a tavola. Nel riquadro, bigoli con le sarde di lago (Getty Images)
Il soprano era appassionato della cucina del Garda. Ma nel piatto tradizionale con le sarde volle venisse aggiunta l’uva sultanina. Per secoli le genti del piccolo mare avvolto dai monti si sono sfamate con trote, tinche, coregoni e persici. Per i quali ora si vuole la Dop.
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