dl dignità

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Il ministero del Lavoro il lavoro lo dà alla Cgil
Nunzia Catalfo (Ansa)
  • Il dicastero, che esclude il sindacato di destra dal vertice di oggi, è feudo di dirigenti legati alla confederazione rossa: dalla segreteria tecnica al dg per l'Inclusione, amico del comunista Paolo Ferrero. E la titolare grillina medita di umiliare Luigi Di Maio, azzerando il dl Dignità.
  • Il leader leghista dopo l'attacco alla sede di Bologna: «Le altre associazioni dormono».

Lo speciale contiene due articoli.

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La disoccupazione continua a mordere e non si combatte con bonus assunzioni
Ansa
Per l'Istat aumentano anche i contratti a termine. Il decreto Dignità deve tagliare il cuneo fiscale, uscendo dalla logica degli incentivi.
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I grillini scoprono la fronda di Fico. A farne le spese è il decreto Dignità
Ansa
  • Il presidente della Camera e il capo della commissione Finanze hanno stoppato vari emendamenti gialloblù. I battibecchi hanno peggiorato il testo finale. Prove tecniche di opposizione interna a Luigi Di Maio e a Laura Castelli.
  • Prossimo banco di prova: le pensioni. I due vicepremier sono d'accordo nel muovere la pedina degli assegni d'oro. Servirà a fare gettito e avviare l'eliminazione della legge Fornero. In Parlamento sarà battaglia.
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Il decreto Dignità lascia a casa soltanto Boeri
Ansa

Da quando Matteo Renzi lo ha nominato presidente dell'Inps, nel 2014, Tito Boeri si occupa di tutto tranne che dell'Inps. In rete si possono trovare numerosi suoi interventi in difesa dell'immigrazione, nonostante gli sbarchi dei clandestini non siano una questione di stretta competenza dell'istituto di previdenza. Note sono pure le sue numerose prese di posizione contro i vitalizi dei parlamentari, che sebbene rappresentino uno scandalo, non paiono essere una questione che debba riguardare l'Inps e il suo presidente, in quanto la pensione agli onorevoli la pagano Camera e Senato, senza incidere sui conti dell'ente gestito da Boeri.

Quando Renzi lo installò ai vertici dell'Inps, sottraendolo al tranquillo mestiere di opinionista e insegnante, il docente della Bocconi si attendeva una carriera sfavillante, pronto a usare l'ente come un trampolino di lancio per più alti e prestigiosi incarichi. Già si vedeva ministro del Lavoro al posto di quel giuggiolone di Giuliano Poletti. Considerando il responsabile del dicastero meno di zero, nel miglior caso due braccia sottratte all'agricoltura in quel di Imola, Boeri si sentiva adatto a succedergli nella guida delle politiche dell'occupazione. E infatti, in quegli anni, più volte l'ufficio stampa dell'Inps si è sostituito ai pr del ministero del Lavoro nel commentare i tassi di occupazione, istituendo addirittura una specie di osservatorio che cominciò a sparare numeri a raffica, rischiando l'incidente con l'Istat, unico ente abilitato a censire assunzioni e licenziamenti. Intendiamoci, prendere il posto di Poletti per Boeri non sarebbe stato un punto d'arrivo, ma solo uno di partenza, perché credo che lui giudichi offensiva l'offerta di qualsiasi altro incarico che non sia quello di presidente del Consiglio. Eh, già. Quando Renzi lo nominò all'Inps nella speranza di tacitarne le critiche e levarselo dai piedi, in realtà non si rese conto di essersi messo al fianco un pericoloso concorrente. Dal giorno dopo aver preso possesso del nuovo ufficio, il professore di economia prestato alla politica cominciò infatti a martellare Palazzo Chigi con le sue prese di posizione. Via via sono state bocciate tutte le misure escogitate dal governo per creare nuova occupazione o per limitare le proteste dei pensionati. Dall'Ape alla riforma della Fornero, tutto è passato al severo vaglio di Boeri, che, ovviamente, non ha lesinato le critiche.

Sopravvissuto all'era Renzi e organico al circolo di Repubblica e degli intellettuali progressisti che gravitano attorno a De Benedetti, Boeri sa di avere i giorni contati e per questo recentemente ha alzato i toni, giungendo a scontrarsi direttamente con il ministro dell'Interno. Visto che con i 5 stelle e la Lega al governo per lui non ci sono possibilità di diventare ministro e men che meno esiste l'ipotesi di essere nominato presidente del Consiglio, il professore deve aver pensato che al suo calibro meglio si addice il ruolo di martire. Figurare tra i perseguitati del nuovo fascismo, deve aver valutato, può valere una medaglia per il futuro. Fare la vittima, del resto, è un mestiere che in passato ha reso molto, in Rai e anche altrove, consentendo ai presunti epurati di tornare di lì a qualche anno in grande spolvero e con avanzamenti di carriera. Dunque, anche Boeri si prepara a fare l'esodato, ma ovviamente di lusso. In principio, quando Salvini gli replicò a brutto muso dopo averlo sentito raccontare la solita bufala degli immigrati che pagano le pensioni agli italiani, Luigi Di Maio lo difese facendo intendere come la riconferma del presidente dell'Inps non fosse in discussione. Ma ora, dopo le previsioni farlocche sugli effetti che il decreto Dignità creerebbe sul mercato del lavoro, anche il pentastellato lo ha mollato. Anzi: il vicepremier e ministro del Lavoro sospetta che alle origini delle notizie diffuse ci sia proprio lui, Boeri, e così, dopo un iniziale sbandamento che lo aveva portato a prendersela con il ministero dell'Economia, ha messo nel mirino il bocconiano. Che a questo punto pare ormai avere le valigie in mano. Ma il licenziamento non deve preoccupare i suoi estimatori. Privato dello scranno di presidente dell'Inps torneremo presto a vedere il professore nei talk show come esperto di economia. Perché Boeri può forse perdere d'occhio le statistiche sulle politiche del lavoro, ma di certo non perde d'occhio le prospettive della sua carriera politica.

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