Il 2023 si è chiuso per Tod’s con numeri da gruppo solido: 1 miliardo e 126 milioni di euro di ricavi, un utile operativo di 94,7 milioni, un utile netto di 50 milioni e investimenti per oltre 55 milioni. Risultati che confermano la forza finanziaria della maison marchigiana. È proprio su questo sfondo che la Procura di Milano colloca quella che definisce una filiera «ad altissimo margine», basata - secondo l’accusa - su produzioni a costi minimi realizzate in una rete di opifici cinesi tra Lombardia e Marche.
E dentro questo scenario giudiziario va letto anche il clima di tensione crescente tra Diego Della Valle e il pubblico ministero Paolo Storari. Il patron della maison aveva già attaccato apertamente il magistrato in una conferenza stampa circa un mese fa, contestandone metodo e iniziative («Storari non può permettersi di dire certe cose»). Ieri, dopo il nuovo atto del pm e la pronuncia della Cassazione, lo scontro si riaccende.
La replica ufficiale dell’azienda è arrivata con una nota diffusa poche ore dopo l’annuncio dell’indagine per caporalato. Il messaggio è chiaro: la coincidenza temporale tra la decisione della Suprema Corte e la nuova richiesta di interdittiva presentata da Storari.
«Stiamo esaminando con tranquillità l’ulteriore materiale prodotto dal dottor Storari», scrive la società. «Prendiamo atto che la Corte di Cassazione ha rigettato ieri le richieste e il ricorso del dottor Storari. In merito alle nuove contestazioni sulla medesima vicenda, stiamo ora esaminando con la stessa tranquillità l’ulteriore materiale prodotto».
La Cassazione ha stabilito che il procedimento di prevenzione legato agli omessi controlli nella filiera non spettava a Milano, bensì ad Ancona, sede della società. Un punto cruciale per Tod’s, che in quel procedimento - distinto dal penale - non era indagata, ma rischiava l’amministrazione giudiziaria. La Suprema Corte ha respinto il ricorso del pm, confermando le decisioni di Tribunale e Corte d’Appello.
Poche ore dopo, però, è esploso il secondo fronte: quello penale, dove risultano indagati Simone Bernardini, Mirko Bartoloni e Vittorio Mascioni, figure interne che - secondo l’accusa - avrebbero ignorato ripetuti allarmi su sfruttamento, violazioni di sicurezza e lavoro a cottimo all’interno di sei opifici tra Milano, Pavia, Fermo e Macerata. Storari chiede per Tod’s una interdittiva di sei mesi dal pubblicizzare i propri prodotti, sostenendo che la condotta non sarebbe più omissiva ma dolosa. Gli audit degli ultimi anni, scrive il pm, «davano atto di numerosi indici di sfruttamento»: turni prolungati, paghe inferiori ai minimi, dispositivi di sicurezza assenti, condizioni abitative degradanti e «uso sistematico» del lavoro a cottimo.
Nel laboratorio Lucy Srls, subfornitore della Tomaificio Sofia - che a sua volta lavorava direttamente per Tod’s - gli operai percepivano salari dichiarati all’Inps pari a 3,93 euro lordi l’ora, contro un minimo contrattuale superiore ai dieci euro. Le buste paga, dicono gli investigatori, non rappresentavano l’orario reale: le verifiche sui consumi elettrici indicavano turni continui fino a notte. Nell’impresa Wang Junji, che ha prodotto tomaie per oltre 600.000 euro, i nove lavoratori dichiaravano retribuzioni lorde attorno ai 4,5 euro l’ora, con attività legata al numero di pezzi realizzati. Le testimonianze raccolte nei sei opifici descrivono dormitori sopra i laboratori, letti ammassati e l’obbligo - riferito da più persone - di pagare 150 euro per l’alloggio. Le foto agli atti mostrano 12 camere da letto e due servizi igienici in condizioni critiche. Gli investigatori segnalano oltre 50 lavoratori, una cinquantina di persone cinesi impiegate «a ciclo continuo, h24», con picchi notturni e nei festivi.
Già l’audit del maggio 2024 aveva indicato contributi «meno della metà» dei minimi, lavoro «a cottimo» e materiale infiammabile; l’auditor ha ricordato che «nel dicembre 2023» aveva segnalato le stesse violazioni. La Procura affianca questi rilievi ai conti della filiera: tomaie pagate 8-14 euro per mocassini da 690, salari tra 2,95 e 4,5 euro l’ora, e la differenza tra i 1,78 milioni fatturati da Ritaglio Magico e i 1,07 milioni di costi Maurel, pari a una plusvalenza di oltre 700.000 euro.
Su questo quadro - tra la decisione della Cassazione e lo scontro Della Valle-Storari - il gip dovrà ora pronunciarsi. Tod’s distingue il procedimento di prevenzione dal filone penale, mentre la Procura ritiene che i manager fossero consapevoli delle criticità. Sarà il giudice a valutare se vi siano i presupposti per l’interdittiva.







