2024-06-27
Gli svizzeri alzano la cresta: «L’Italia ci spia»
Rubati tre computer agli analisti tattici nell’hotel del ritiro elvetico, scatta l’accusa velata: «Se era un sabotaggio è fallito, non contengono dati del torneo». Il ct Murat Yakin fa il gradasso: «Non mi preoccupo degli Azzurri». Meglio così: da sfavoriti rendiamo.Lo spettro de L’allenatore nel pallone aleggia già su Svizzera-Italia di sabato prossimo. La rappresentativa elvetica, prossima avversaria degli azzurri agli ottavi di Euro 2024, denuncia infatti il furto di alcuni computer nella disponibilità del tecnico Murat Yakin e dei suoi match analyst. «Posso confermare che tre pc dei nostri collaboratori sono spariti dall’albergo, abbiamo informato la polizia», ha detto alla Bild Adrian Arnold, portavoce della federazione svizzera. Il furto è avvenuto a Düsseldorf, all’interno del quartier generale della nazionale che alloggia nell’hotel dell’aeroporto. «Sui tre computer non erano salvati dati che utilizziamo per questo torneo. Se si è trattato di un sabotaggio alla nostra nazionale, allora è andato male», ha aggiunto malignamente Arnold. E chi dovrebbe avere interesse a «sabotare» gli svizzeri, se non gli italiani - baffi neri - mandolino, che il vizietto di rubacchiare ce l’hanno nel dna? Lo scenario è appunto quello del famoso film con Lino Banfi, quando il pittoresco coach della Longobarda, Oronzo Canà, si infiltrava nel ritiro dell’Udinese per rubare un pallone calciato da Zico al fine di affidarlo alla suocera, esperta di macumbe. Ma, con tutto il rispetto per Xherdan Shaqiri e compagni - sin qui sicuramente più tonici e brillanti dei nostri ragazzi - c’è anche da dire che il tecnico Yakin, per quanto preparato, metodico e creativo, non è esattamente l’inventore del calcio totale olandese. Si tratta di un avversario tosto, certamente, ma che si può battere anche senza ricorrere allo spionaggio industriale. Del resto, sia detto per la cronaca sportiva e cinematografica, il sortilegio finiva male anche nel film di Banfi: Zico ne faceva comunque quattro. Se c’è qualche esperto di cinema nazionalpopolare nello staff azzurro, ci auguriamo che abbia sconsigliato sortite clandestine nel fortino nemico, non foss’altro perché porta male. Se invece nello staff svizzero c’è qualche esperto di mentalità collettive, speriamo che consigli ai suoi di tenere a freno la lingua. La storia, infatti, ci insegna che è meglio non stuzzicare il can che dorme sotto i baffi neri e dietro al mandolino. Non pare però che finora sia andata così, a sentire mister Yakin: «Abbiamo qualità a sufficienza per questa partita. Non vogliamo preoccuparci più di tanto dell’Italia. Penso sia vero il contrario perché le cose per noi stanno funzionando bene». Chissà come si dice «volare basso» in svizzero… Memo: c’è un motivo se sul petto abbiamo quattro stelle: un mondiale conquistato sulla scia di Calciopoli, uno smaltendo i postumi del calcioscommesse e due con gli occhi sospettosi del mondo addosso perché i calciatori prima della partita avevano uno strano modo di salutare il pubblico. È psicologia collettiva da quattro soldi, per carità. Ma i luoghi comuni sono tali perché spesso colgono qualcosa di autentico. Certo, scatenare l’orgoglio di Paolo Rossi, Marco Tardelli e Bruno Conti, far tirar fuori gli artigli a Francesco Totti, Alessandro Del Piero, Fabio Cannavaro non è proprio la stessa cosa che stuzzicare l’amor proprio di Gianluca Scamacca e Davide Frattesi. Insomma, va bene il ricorso agli archetipi, ma se poi questi si incardinano su una tecnica di base d’eccellenza, anche i miracoli riescono più facilmente. Il fatto che ci occorra sempre una Caporetto prima di riuscire a passare al contrattacco come un sol uomo è un limite, intendiamoci: significa che come nazione, prima che come nazionale, non abbiamo una forza strutturale, di sistema, che per valorizzare le nostre eccellenze dobbiamo affidarci all’umoralità. Ma tant’è. I nostri dirimpettai dell’altra parte delle Alpi, del resto, avranno qualche difficoltà in più ad attingere a miti collettivi mobilitanti, dato che a mezza squadra elvetica si scalda più il cuore per la battaglia della Piana dei Merli contro i serbi che non per Guglielmo Tell. È quello che potremmo chiamare il paradosso belga: riempi la tua nazionale di talenti cosmopoliti, scali le posizioni del ranking, mandi in brodo di giuggiole il commentatore collettivo progressista, ma poi torni a casa con un pugno di mosche perché mandi in campo 11 estranei che si capiscono a malapena. È anche per questo che Yakin si affida più alla meticolosa preparazione tattica delle partite che non alle narrazioni empatiche. Al nerd Julian Nagelsmann è riuscito a incartarla, fermando la favoritissima corazzata tedesca sull’1-1. Chissà se riuscirà a fare lo stesso con una squadra imprevedibilmente sgangherata come è apparsa finora la rappresentativa guidata da Luciano Spalletti. Come direbbero quelli bravi a fare meme: non puoi farti surclassare nel gioco, se non ne hai uno. Facile, no? Giova ricordare che, nel caso battessero l’Italia, i cittadini elvetici potranno scatenarsi in caroselli selvaggi per massimo un’ora. Le autorità della Confederazione hanno infatti stilato rigide regole per i festeggiamenti post partita. Oltre i 60 minuti i tifosi in festa verranno multati. Prevista tolleranza zero per le «persone che si sporgono dal finestrino dell’auto o sventolano bandiere “in modo selvaggio”». Suvvia, fratelli svizzeri: vale davvero la pena farci lo sgambetto, se poi dovete pure rispettare il decalogo per i caroselli educati?
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.