2018-04-24
Svelato il Berlusconi di Sorrentino: è una maschera piena di stereotipi
Presentato alla stampa il primo capitolo di «Loro», in cui il regista Paolo Sorrentino racconta l'Italia del bunga bunga. Pesante come un mattone, è risollevato dalla comparsa di Silvio Berlusconi. Ma resta un film pensato per gli stranieri.Il più dotato e attraente dei registi italiani oggi in attività, Paolo Sorrentino, ha intuito sin troppo bene il corso futuro del cinema. Innanzitutto la durata dello spettacolo. C'era una volta il lungometraggio: un'ora e mezza, massimo due. Ora il tempo si è dilatato, anche a dismisura. Poi l'Italia. Un film italiano (almeno che non sia una commedia, più o meno riuscita) non si deve rivolgere agli italiani. Deve allargare l'orizzonte alla società globale, rassicurandola e fornendogli l'immagine che essa ha dell'Italia. Inoltre il protagonista del racconto deve riassumere nella sua fisionomia vizi e virtù dello stereotipo. Infine l'evento. Il film deve essere protetto, celato, nascosto fino alla presentazione: se ne pala molto senza rivelarne nulla. Ed eccoci arrivati a Loro 1, prime due ore scarse (su un totale di quattro, divise in due parti: la seconda in uscita fra due settimane) del film che ha per protagonista Silvio Berlusconi. Spazziamo subito il campo dagli equivoci. Non è il ritratto (almeno per adesso) delle pagliacciate della sinistra girotondina di Draquila o del Caimano. Loro 1 è un film autentico, complesso, ridondante, metafisico, barocco. Un film che purtroppo spreca un'ora abbondante con una premessa che sembra il prolungamento del film che ha spianato la strada del successo internazionale a Sorrentino: La grande bellezza. Si parte dallo scenario provinciale e scollacciato di Taranto, per arrivare nel cuore della eterna Babilonia, Roma. Culi e tette in abbondanza. Cocaina come se piovese. Puttane in quantità industriale. Feste aristocratiche dissolute, con uno sceicco ammirato dalla danza delle fanciulle. Ma c'è anche spazio per l'eterno romano affarista dalla battuta irresistibile. Del resto Sorrentino segue le orme di Federico Fellini nel XXI secolo. La vita a Roma è ancora dolce, anche se dai risvolti amari. È esclusiva e al tempo stesso volgare. Quando cala la notte diventa sfrenata e dissoluta. Il peggio, naturalmente, spetta alla politica. Ecco un ministro (ex-ministro, di centro-destra): è vecchio, stempiato, ma indossa camicie giovanili sgargianti, arricchite da elefantini e farfalle. Declama penose poesie. Emette anche un assegno scoperto alla zoccola di turno. Soprattutto trama. È un semidio che vuole diventare dio (leader del centrodestra). Esiste anche un dio oscuro, dal volto nascosto dietro l'asciugamano. In una sauna riceve per regalo una ragazza splendida, che però deve solo sfiorarlo, per pochi secondi. È il dio dietro le quinte, perché il dio terreno è un altro. E a questo dio dal potere assoluto, un giovane e spregiudicato tarantino lancia l'esca per accalappiarlo. Affitta una villa in Sardegna e la riempie di allegre ragazze. Fin qui il film è pesante come il marmo. Poi di colpo, ecco materializzarsi il dio sole, Silvio, nel volto dell'attore feticcio di Sorrentino, Tony Servillo. Miracolosamente il mattone prende quota, in un susseguirsi di battute, vere e verosimili. Silvio è in vacanza con Veronica. Il ménage familiare va male, ma non malissimo (è il 2006). Il marito in vacanza forzata nel paradiso sardo, tra belanti e bianche pecorelle, erbe officinali, vulcano pronto ad esplodere per festeggiare ma freddo, con la moglie impegnata a leggere libri troppo intellettuali, si rompe. Ma è un corteggiatore nato. Veronica lo accusa di non ricordare la canzone di quando si sono baciati per la prima volta. Silvio finge di averla dimenticata. Colpo ad effetto: si materializza Fabio Concato che accompagna alla chitarra la sua Domenica bestiale, con lo spodestato Michele Apicella sul fondo frastornato. Applausi. Un capolavoro di astuzia. C'è altro da dire? Aspettiamo la seconda parte per il verdetto finale. Loro 1 è il ritratto dell'Italia postmoderna ad uso e consumo del villaggio globale. Un tempo eravamo latin lover, suonatori di mandolino, mafiosi. Ora ci siamo evoluti. Siamo sempre latin lover (essendo diventati ricchi, nel frattempo, non seduciamo più, paghiamo), continuiamo a cantare allegramente, siamo mafiosi e corrotti. L'icona del Messico è Pablo Escobar. Quella dell'Italia è la corruzione politica, simpatica e canagliesca. Non scorre sangue: basta lo champagne, la polvere bianca e le ragazze dalle gambe lunghe e i glutei scolpiti nel marmo. È l'Italia del bunga bunga. Questa Italia racconta Sorrentino. Non gli interessa capire né denigrare (vedremo la conclusione) il fenomeno Berlusconi. Ad attirarlo è la maschera. Così è stato per il letterato decadente, che galleggia sul nulla ma non sbaglia un completo di sartoria di La grande bellezza. O il giovane pontefice solitario e arrogante, sospeso tra l'arcaismo di Pio XII e il neomodernismo di Francesco, della serie The Young Pope. La realtà è un caleidoscopio di luci e ombre nel quale l'artista è chiamato a scegliere. Compito difficile. Oppure c'è la scorciatoia della maschera. Loro 1 si apre con una frase: «Tutto documentato». Ci permettiamo di dubitare.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.