2023-09-07
Supertoga di sinistra perde con «La Verità»
Giuseppe Cascini (Imagoeconomica)
Il magistrato di Area Giuseppe Cascini ci aveva querelati perché avevamo scritto che aveva fatto pressioni per farsi eleggere al Csm e piazzare il fratello. Milano archivia tutto: «Diritto di critica congruo e pertinente».«Le comunicazioni fra me e Luca Palamara sono state utilizzate con una tecnica manipolatoria e per questo ho sentito il dovere di dare una spiegazione rispetto ai sospetti adombrati sulla mia persona». Con queste parole, pronunciate il 7 giugno 2020 alla trasmissione Mezz’ora in più di Lucia Annunziata, alla presenza di un incredulo Paolo Mieli, l’allora consigliere del Csm Giuseppe Cascini aveva accusato il nostro quotidiano di aver falsato, con l’articolo pubblicato il 16 maggio 2020, il contenuto delle conversazioni Wathsapp intrattenute con l’ex presidente dell’Anm Palamara e, per tale supposta falsificazione, aveva presentato, il 22 maggio 2020, querela alla Procura di Roma, che, però, aveva dovuto trasmetterla per competenza alla Procura di Milano, ufficio ormai non più così organico alla «sinistra storica» della magistratura italiana, della quale Cascini è uno dei più illustri esponenti, dopo le note vicende dei processi flop contro il management dell’Eni, e dove la querela di Cascini è finita in archivio. Il gip Angela Laura Minerva, accogliendo la richiesta dell’avvocato della Verità Valentina Ramella e di Cristiana Roveda, pm della Procura di Milano diretta dal moderato Marcello Viola, ha infatti, con un motivatissimo provvedimento, rilevato che non soltanto tutto ciò che aveva scritto il nostro giornale era perfettamente conforme al contenuto delle chat, senza quindi alcuna manipolazione o falsificazione, ma che il diritto di critica esercitato dal giornalista nel valutare tali conversazioni, è stato congruo e pertinente, «posto che la critica muove da un nucleo fattuale rappresentato dal contenuto delle chat, questo mai messo in discussione tanto che è citato anche dall’opponente a sostegno delle proprie conclusioni; che pacificamente sussiste l’interesse pubblico (requisito mai contestato) e che, da ultimo, ricorre il requisito della continenza che, come noto, trova il suo limite esclusivamente nell’aggressione gratuita, pretestuosa ed immotivata della sfera morale altrui non potendosi invece condannare i toni aspri, pungenti, polemici, quali certamente sono quelli utilizzati». Nel nostro articolo del 16 maggio 2020, dal titolo «Cascini a Palamara: “Basta Davigo su La7. Dillo a Mentana”», e con sottotitolo «Il giudice di Area, corrente di sinistra, chiedeva aiuto per farsi eleggere al Csm e piazzare il fratello al Tribunale di Roma», avevamo, infatti, interpretato in modo corretto il contenuto delle conversazioni rilevando quindi l’affiatamento e la condivisione delle logiche correntizie degli interlocutori rivolta non solo alla futura elezione di Cascini, ma anche al rientro, con manovre poco chiare, del fratello Francesco, collocato fuori ruolo da circa un decennio, alla Procura di Roma, preferendolo rispetto ad altri candidati. E pensare che dopo la perquisizione subita da Palamara il 30 maggio 2019 e la pubblicazione delle intercettazioni dell’hotel Champagne, Cascini, proprio con riferimento a Palamara, aveva parlato addirittura di fatti più gravi della P2, la famosa loggia Propaganda due di Licio Gelli. Peccato che dalle chat con Palamara è poi paradossalmente risultato che l’intransigente consigliere Cascini avesse anche chiesto a Palamara medesimo come fosse «messo» il collega Stefano Pesci, stretto amico di Cascini e appartenente alla sua stessa corrente, per il posto di procuratore aggiunto di Bologna, ricevendo, per risposta, una segnalazione di difficoltà («è dura»), e qualche mese dopo, nel febbraio 2018, un messaggio più positivo: «Anche Stefano ok. Lo porto unanime la prossima settimana». E sempre dalla «messaggistica» risultava «documentato», come noi avevamo scritto nel nostro articolo del 16 maggio 2020 e ora riconosciuto dal gip di Milano dottoressa Minerva, che Palamara si è dovuto preoccupare anche del fratello minore di Giuseppe Cascini, Francesco. Quest’ultimo, alla fine dell’estate del 2017, dopo essere stato fuori ruolo per quasi 11 anni al ministero, sta provando ad andare come pm alla Procura di Roma anziché tornare a Napoli. Fortuna vuole che i tempi del suo rientro si allunghino sino alla pubblicazione del bando per un posto da pm nella Capitale. «Luca, ho mandato l’integrazione (documenti per aumentare il punteggio, ndr), sai qualcosa? […] Secondo te come si mette?», scrive Francesco Cascini che in quel momento si contende la poltrona con il collega Carlo Villani. Palamara: «Sto cercando di rimetterla a posto. Sono fiducioso». Cascini jr: «Luca grazie speriamo bene al plenum […] Grazie davvero senza di te non avevo speranze». Palamara: «Devo tenere a bada la San Giorgio (Maria Rosaria, una delle esponenti di punta di Unicost, ndr)». Qualche giorno dopo Palamara informa Francesco Cascini che «sta andando bene in commissione (la terza, quella che si occupa dei trasferimenti, ndr)». Cascini jr: «Meno male, grazie. Ma sai quando va in plenum?». Palamara: «Non ancora, è combattuta». Cascini jr: «Ma non è già passata 3 a 3?». Palamara: «Stanno discutendo di nuovo». Ma della vicenda si interessa anche l’attuale inflessibile consigliere Giuseppe Cascini a cui Palamara scrive: «Ora in terza (commissione, ndr) a difendere tuo fratello». Dopo poche ore la battaglia è vinta. «Francesco ok» scrive Palamara. «Grazie Luca», digita il rigoroso consigliere Giuseppe. «Grazie Luca», gli fa eco il fratello minore.Nei nostri articoli avevamo raccontato anche come, il 3 aprile 2018, Cascini aveva chiesto a Palamara di partecipare, senza giocare, ad una trasferta per una partita di calcio: «Hai già fatto la squadra per Lecce? Io verrei per bieche ragioni elettorali». Nella memoria di opposizione all’archiviazione i legali del magistrato avevano sostenuto il carattere diffamatorio del nostro racconto, affermando che «poiché vi erano solo quattro candidati per quattro posti», l’elezione del loro assistito era «assolutamente certa» senza «bisogno dell’aiuto di nessuno». Una tesi che ignorava totalmente un elemento basilare di ogni competizione elettorale, ovvero il «peso politico» che avrebbe dato ai candidati il numero di voti raggranellati e che il gip ha liquidato definendola «inconferente». Un magistrato, Giuseppe Cascini, sempre al centro di polemiche come quella, altrettanto famosa, che emergeva sempre dalle chat con Palamara dei biglietti gratis per il figlio, tifoso romanista, allo stadio Olimpico (oggetto anche di interrogazione parlamentare e citata nell’articolo), alle più recenti vicende processuali relative alla cosiddetta «loggia Ungheria»: il gip di Roma Nicolò Marino il 18 gennaio 2023, nella sentenza che ha prosciolto Marcella Contrafatto, la segretaria di Davigo al Csm, ha individuato altri reati e altri responsabili e ha ordinato alla Procura di Roma di indagare su Giuseppe Cascini e su un altro consigliere del Csm, ipotizzando il reato di omessa denuncia.
Sergio Mattarella e Giorgia Meloni (Ansa)