2018-04-12
«Sull’aborto e la salute delle donne non ci possono essere ancora tabù»
Il centrodestra si schiera con l'associazione Provita: «Serve garantire che le donne siano informate delle conseguenze dell'aborto volontario sulla loro salute fisica e psichica». In prima linea Simone Pillon, senatore leghista e già membro del direttorio del Family day.Fare un tagliando alla legge 194 sull'aborto a quarant'anni dalla sua entrata in vigore. È l'esortazione che scaturisce dai parlamentari che ieri si sono riuniti al Senato per esprimere sostegno e solidarietà a Provita onlus, dopo la rimozione del suo manifesto apparso a Roma la scorsa settimana, che riportava l'immagine di un feto di 11 settimane e alcune didascalie che spiegavano che il cuore e tutti gli organi sono già presenti in quel momento della gestazione. L'isteria che ha animato femministe e progressiste di ogni risma ed ha portato il Comune di Roma ad ordinare la rimozione del cartellone, ha però offerto anche una visibilità senza precedenti alla campagna pro life. L'azione censoria ha infatti provocato una sana scossa alle coscienze non ancora intorpidite e ha richiamato alla coerenza le sensibilità più distanti ma provviste di un profondo senso del rispetto per le libertà politiche. Il senatore leghista, già membro del direttorio del Family day, Simone Pillon, ha riunito numerosi colleghi, tra i quali diverse donne, in una conferenza stampa in cui è stato detto chiaramente che non saranno tollerate ulteriori violazioni della libertà di espressione e che le conseguenze drammatiche dell'aborto non devono essere un tabù ma un tema messo al centro di nuove campagne informative rivolte a tutte le donne. Concetti ribaditi dagli altri senatori della Lega, Raffaella Marin, Maria Saponara, Massimiliano Romeo ed Emanuele Pellegrini; dalla senatrice di Fratelli d'Italia, Isabella Rauti, e dal deputato del Carroccio, Tullio Patassini. Il ragionamento dei parlamentari del centrodestra parte dal presupposto della mancata applicazione dell'articolo 2 della legge 194, che ordina la rimozione di tutti le condizioni materiali e immateriali che inducono una donna ad optare per l'aborto. La legge, nell'articolo 1, dice anche che l'interruzione volontaria della gravidanza «non è mezzo per il controllo delle nascite» e che lo Stato deve promuovere «servizi sociosanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». In questa cornice, Pillon ha quindi ricordato che la norma non prevede un diritto all'aborto ma alcune cause di giustificazione. I parlamentari presenti hanno inoltre evidenziato che la 194 è carente di una qualsiasi menzione sulle responsabilità ascrivibili alla figura paterna. Tutte istanze che dovrebbero essere gradite proprio a coloro che difendono l'autodeterminazione della donna.Lorenza Perfori, autrice del libretto Per la salute delle donne (edito da Provita), ha quindi ricordato che «non c'è informazione nemmeno nelle relazioni del ministero della Salute sull'applicazione della 194».Hanno poi aiutato a riflettere i dati di uno studio britannico esposti dalla senatrice Raffaella Marin, psicologa, secondo cui le donne che hanno avuto un'interruzione volontaria di gravidanza presentano un tasso di depressioni più alto del 37% e di utilizzo di sostanze illegali e psicofarmaci maggiore del 230% rispetto a quelle che hanno subito un aborto non voluto. Da qui l'appello di tutti parlamentari intervenuti a firmare la petizione di Provita «affinché garantisca che le donne vengano informate delle conseguenze dell'aborto volontario sulla loro salute fisica e psichica».
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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