2022-04-10
Sulla fiducia alla delega fiscale l’ultima fermata del centrodestra
Mario Draghi sembra sempre più insofferente e rivendica decisioni che non possono includere le richieste dei partiti. Se Lega, Fdi e Fi cedono sulla difesa di casa e risparmi la pagheranno alle urne. Mezza intesa sul Csm.I ritorni del Cav non finiscono mai. Silvio Berlusconi parla alla convention di Fi, rilancia le parole d’ordine e promette impegno per le elezioni. Stoccata a Giorgia Meloni. «Deluso da Putin ma no all’embargo del gas russo».Lo speciale comprende due articoli.Nell’ultima conferenza stampa il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha srotolato sul tavolo una frase che sa tanto di annuncio mortuario per i partiti. Ha detto che la guerra in Ucraina è un po’ come il Covid. E di fronte alle emergenze bisogna prendere un certo tipo di scelte che non possono includere le richieste dei partiti. Il riferimento era al Def, documento di economia e finanza, e alla delega fiscale. Niente scostamento e nessuna possibilità di trattare su catasto e sulle tasse per i Btp e la cedolare secca. «I cittadini tra i partiti e l’unità di governo sapranno chi scegliere», ha detto Draghi. Più che una minaccia, il premier ha così espresso un profondo fastidio per il fatto che il Parlamento, lo stesso che non lo ha votato per il Colle, debba mettere in discussione le scelte del suo governo e gli accordi presi da Palazzo Chigi con l’Ue. Peccato che il Parlamento esista proprio per ottemperare a tali funzioni. È chiaro che il modello di funzionamento di un consiglio di amministrazione è più celere e maggiormente controllabile, ma la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora. L’alternativa non si può prendere in considerazione. E i nodi stanno arrivando al pettine. Nella maggioranza le acque agitate sono su ben due fronti. Il primo è quello della riforma della giustizia, il secondo è quello della delega fiscale. Italia viva ha votato a favore di un emendamento alla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario su cui c’era un parere negativo del governo. La Lega ritiene che «la casta minoritaria dei magistrati di sinistra non può continuare a condizionare la vita, la politica, l’economia di un intero Paese». Dopo giorni di tensione è stata trovata la quadra sul sorteggio delle Corti d’Appello e sulla separazione delle funzioni. Il Pd denuncia denuncia le ambiguità di Iv e Lega che non promettono un passo indietro sui referendum. Insomma, la quadra è trovata a metà. Mentre sulla delega fiscale la rottura rimane totale. E il Carroccio pone un ultimatum: «Non devono aumentare le tasse su Bpt e locazioni». Ma tensioni ci sono state ancora sul tema delle armi da parte dei grillini che si sono astenuti su un parere al decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sull’esenzione di Iva e accise sull’intero comparto della Difesa. Le prossime due settimane saranno ancora più calde. Il testo della delega fiscale grazie all’intervento del presidente della Commissione Luigi Marattin che ha sospeso il voto è finito in una sorta di congelatore. A far deflagrare la bomba è stato il rischio concreto di finire sotto. Il voto sull’articolo 7 prevedeva un intervento mirato a cancellare l’Imu sulla abitazioni inagibili e su quelle occupate dai morosi. Risultato il testo così come redatto dal governo ora rischia di finire in Aula (il voto è previsto il martedì dopo Pasqua) senza relatore e con una grossa spada di Damocle. La fiducia da parte del governo. Un atto che contiene una doppia provocazione. La prima nel merito. Non sarà possibile modificare i pilastri del catasto e delle aliquote cosiddette duali, cioè quelle che regolano la tassazione di Btp e locazioni. Ma soprattutto il Parlamento dovrà rinunciare a costruire un percorso di legge condiviso. Due anni di pandemia e poco più di un mese di guerra ci hanno abituati a decreti notturni e a dpcm firmati dal solo presidente del Consiglio. Le conversioni in legge sono andate avanti a colpi di fiducia. E Draghi ne ha fatto un uso ancora più invasivo di Giuseppe Conte. La scorsa estate si è votata la legge delega per la riforma del processo penale solo grazie alla fiducia. Portando a 12 il numero delle questioni poste dall’inizio del mandato. Da lì in avanti, nonostante l’ampia maggioranza, c’è stata un escalation. Tra il mese di luglio del 2021 e i primi giorni di agosto è accaduto ben sei volte. Adesso però non ci sono scuse. Non c’è nessuna urgenza. In ogni caso gli effetti della delega fiscale non si vedranno prima del gennaio 2023. Lo stesso anno in cui sono attese le urne. E qui l’annuncio mortuario di Draghi potrebbe diventare realtà. Il centro destra sulle tasse ancora più che sulla giustizia appare compatto. Si è visto a inizio settimana quando Lega, Fdi e Forza Italia si sono giocati la partita del voto in commissione facendo finire Italia viva e il resto della maggioranza in una sorta di tranello. Ciò sembra lasciare intendere che se Draghi non metterà la fiducia ci sono margini per modificare la legge delega. Se invece calerà la sciabola, a quel punto il centro destra si ritroverà all’ultima fermata. Dovrà scegliere se agonizzare fino al termine della legislatura oppure far cadere questo esecutivo. Gli effetti delle scelte si vedranno alle prossime urne. I cittadini dopo gli annunci e le denunce si aspettano di essere tutelati. La riforma del catasto porterà tasse e così come è scritta va fermata. La Lega soprattutto deve imparare dagli errori commessi a Milano e a Roma dove palesemente ha scelto di non correre. Se avvenisse anche sulle tasse sarebbe un colpo mortale per l’intera coalizione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sulla-fiducia-alla-delega-fiscale-lultima-fermata-del-centrodestra-2657128341.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-ritorni-del-cav-non-finiscono-mai" data-post-id="2657128341" data-published-at="1649546968" data-use-pagination="False"> I ritorni del Cav non finiscono mai Una nuova discesa in campo. L’ennesima. Silvio Berlusconi arringa le centinaia di presenti alla convention «L’Italia del futuro», a Roma, saltando molti passaggi del discorso scritto che ha davanti («è troppo lungo», dice) e sguainando il suo classico armamentario politico: meno tasse per tutti, riforma della giustizia, libertà, libertà, libertà. Tonico e determinato, Berlusconi assicura la sua piena partecipazione alla campagna elettorale per le politiche del 2023, con l’obiettivo di riportare Forza Italia in doppia cifra: «'Con me in campo», promette, «possiamo puntare molto più in su di quanto ci danno ora i sondaggi». Silvio affronta in maniera molto dura la questione dell’invasione della Russia in Ucraina, da parte del suo vecchio (ex) amico Vladimir Putin: «L’aggressione all’Ucraina», sottolinea Berlusconi, «anziché portare la Russia in Europa come speravo la porterà nelle braccia della Cina, peccato veramente. Sono deluso e addolorato dal comportamento di Putin che si è assunto una grave responsabilità di fronte al mondo interno, mi sembrava un uomo di buon senso e di pace. Di fronte all’orrore dei massacri di civili a Bucha e in altre località ucraine, veri e propri crimini di guerra, la Russia non può negare le sue responsabilità. Dovrebbe al contrario, nel suo stesso interesse, identificare e mettere sotto processo i responsabili». Non manca una lezione di sano realismo in relazione al dibattito in corso in Europa sulle sanzioni a Mosca: «Ci hanno danneggiato le scelte ideologiche», argomenta Berlusconi, «che hanno portato alla rinuncia del nucleare, alla riduzione della produzione e della ricerca nazionale, al blocco dei rigassificatori. Per questo non siamo in grado di rinunciare, almeno nell’immediato», riflette Berlusconi, «alle forniture di gas russo, anche se questo deve essere il nostro obiettivo nei tempi giusti». Quaranta minuti di discorso senza alcuna incertezza: Silvio, va sottolineato, appare in forma nonostante acciacchi e delusioni, applaudito dalla (quasi) moglie Marta Fascina, in prima fila, e da tutto lo stato maggiore del partito. «Abbiamo dovuto subire», ricorda, sciorinando un’altra hit del suo repertorio, «una persecuzione giudiziaria con oltre 100 processi. Penso alla grottesca espulsione dal Senato e dalla politica attiva, di cui sono stato vittima nove anni fa e su cui aspetto ancora che la Corte europea dei diritti dell’uomo faccia chiarezza». A proposito di giustizia: «Sulla riforma della giustizia», avverte Berlusconi, «come su quella del fisco ci aspettiamo un ampio dibattito in parlamento con l’approfondimento delle nostre osservazioni senza che venga posta la questione di fiducia». L’ex premier riserva una stoccatina a Giorgia Meloni, nel passaggio sul centrodestra: «Noi siamo diversi dai nostri amici ed alleati, ai quali ci lega un rapporto di lealtà, di stima, di condivisione», sottolinea Berlusconi, «che verifichiamo ogni giorno nel governare insieme molte regioni e molti Comuni. Un rapporto che non è venuto meno neppure con la nascita del governo di emergenza e di unità nazionale, quando Fratelli d’Italia ha perso, a mio giudizio, l’occasione, entrando nel governo, di essere partecipe del rilancio del paese con le sue idee, con i suoi programmi, con le sue donne e con i suoi uomini». Non manca la classica investitura pre elettorale: «Altre volte», dice Silvio rivolgendosi alla platea, «vi ho nominati cavalieri della libertà. Oggi vi nomino, vi nomino tutti costruttori di futuro, perché noi siamo in politica per questo, per costruire il nostro futuro. Con la vostra passione, con la vostra energia, con il vostro entusiasmo, con la vostra generosità, io sono sicuro che ce la faremo». Sventolio di bandiere, inno di Forza Italia, tutti in piedi ad applaudire. Silvio è tornato, ancora una volta.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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